Marco Di Mauro
Avanti.it
I francesi non hanno accettato il tiro mancino giocato loro dal governo ieri, quando la contestatissima riforma delle pensioni, che già ha mobilitato decine di migliaia di persone e portato alla paralisi del paese, è stata approvata senza un regolare voto parlamentare utilizzando l’escamotage previsto dall’articolo 49 comma 3 della costituzione, che forza l’approvazione di una legge, dando però la possibilità ai parlamentari di presentare una “mozione di censura” la quale, se viene approvata, porta alla bocciatura della legge e alla caduta del governo. E alla fine ne sono arrivate due, di mozioni: una definita “transpartitica” dai parlamentari di Liot (Libertés, Indépendants, Outre-mer et Territoires piccolo partito che si definisce “di centro” e raccoglie anche la voce dei territori francesi d’oltremare, oltre a transfughi socialisti che non hanno accettato l’alleanza con LFI), che l’hanno presentata, firmata insieme a La France Insoumise, lamentandosi che “i colleghi di LR (Les Républicains) non sono firmatari” in quanto evidentemente il partito di centrodestra fondato da Sarkozy, dopo esser venuto meno nel suo sostegno a Macron causando la situazione di prevista minoranza che ha portato il primo ministro Elisabeth Borne a ricorrere al comma 3, non ha voluto seguire fino in fondo la strada del diniego alla riforma delle pensioni, scegliendo la via cerchiobottista di non scontentare né il popolo né il governo. Ma sarà comunque fondamentale il loro apporto per il raggiungimento della maggioranza assoluta, ossia 287 voti, che provocherebbe la caduta del governo ed eventuale blocco della riforma, poiché i partiti d’opposizione da soli non riuscirebbero a raggiungere la cifra senza che una trentina dei 61 deputati républicains – dunque saranno proprio loro l’ago della bilancia, e in qualche maniera dovranno esporsi e scegliere tra i globalisti e i lavoratori. Poco dopo è arrivata un’altra mozione di censura, quella di Marine Le Pen e il suo Rassemblement National, comprendente solo i deputati del partito a differenza della mozione Liot, ma si dicono pronti a votare a favore per “tutte le mozioni di censura presentate” a quanto dichiara la deputata Laure Lavalette. Entrambe le mozioni saranno esaminate a Palazzo Borbone lunedì dalle 16: se passano il governo cade, se vengono respinte allora la legge dovrà ripassare al Senato e poi di nuovo all’Assemblea nazionale per la definitiva approvazione.
Non è per niente d’accordo il popolo francese, che ha riempito le strade di Parigi, Nizza e Rennes, oltre a decine di altre città: scuole occupate, strade, ferrovie e aeroporti bloccati, cumuli di immondizia per le strade, a cui oggi si aggiungono i lavoratori Amazon, mentre i sindacati invitano gli iscritti a proseguire le mobilitazioni in vista di un nuovo sciopero generale che è stato convocato per giovedì 23 marzo. Ieri a Parigi ci sono stati pesanti scontri tra la polizia e i manifestanti riunitisi a piazza della Concordia, finiti con 258 arresti (solo nella capitale, ma sommati a quelli effettuati nelle altre città superano i trecento): oggi però i lavoratori sono ancora in piazza per la seconda sera consecutiva, di nuovo ad affrontare le barricate e i cannoni ad acqua della sbirraglia macronista.
🔴 Face à face entre police et manifestants à #Paris : canon à eau et barricades pour le 2eme soir d’affilé sur #Concorde contre la #ReformedesRetraite pic.twitter.com/KL43s0h2jV
— Clément Lanot (@ClementLanot) March 17, 2023
Laurent Berger, segretario generale del sindacato CFDT, esprimendo lo spirito che aleggia nelle strade di tutto il paese, ha dichiarato “Il presidente deve ritirare la riforma, o non promulgarla. Spegnere il fuoco non è legato a un cambio di primo ministro o a un cambio di governo, è ritirare la riforma”. Ma si è fatto sentire anche l’establishment globalista, che per bocca del segretario dell’OCSE Mathias Cormann ha espresso biasimo verso i manifestanti: “Viviamo più a lungo e viviamo più a lungo in condizioni di salute migliori”, pertanto “dobbiamo accettare di lavorare un po’ più a lungo”, facendo, a denti stretti, i migliori auguri al bel Manu: “Dopo tutto il cammino percorso, sono certo che il governo francese deve rimanere sul solco tracciato e andare fino in fondo”. Insomma, queste parole di troppo, chiara ingerenza in affari interni di uno stato, fa ben capire per conto di chi sta lavorando il governo francese, e i mandanti sono di quel tipo che non accetta fallimenti.
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