Giuseppe Russo
Avanti.it
Il “liberi tutti” del primo maggio non ha liberato niente e nessuno.
Il cosiddetto “Super Green Pass” continua ad essere in vigore nelle strutture sanitarie, sia per i lavoratori che per i visitatori. Inoltre, come ha avuto modo di precisare il sottosegretario Costa: “il Green Pass di fatto c’è sempre, solo che dal primo di maggio non verrà più richiesto per nessun tipo di attività, e noi confidiamo e auspichiamo che non ce ne sia più bisogno. Non è che sparisce, semplicemente non viene più richiesto e non viene più utilizzato.” Queste parole sibilline, seppur proferite da un gerarca di basso rango, lasciano intendere che la tessera verde andrà in letargo durante l’estate per tornare poi alla ribalta nel nuovo autunno riscaldato che ci si prospetta. Viene infatti fra le righe comunicato che il lasciapassare potrebbe essere riattivato in caso di nuove “crisi sanitarie”, ma la realtà è che le sue funzioni si estenderanno, in primis all’ambito fiscale : nei mesi scorsi abbiamo assistito alla messa a punto di una gigantesca macchina di controllo e sorveglianza capillare della popolazione che rappresenta il primo stadio di quell’epocale trasformazione sociale, economica e culturale nota come “Quarta Rivoluzione Industriale”. Insomma, il Green Pass non è stato concepito per essere transitorio. Oggi sonnecchia negli archivi elettronici, domani potrà essere riattivato con una scusa o con un’altra, e la sua durata fissata arbitrariamente e soggetta a obblighi di varia natura.
Dopo aver raggiunto i suoi obiettivi (almeno a prendere per buoni i numeri del governo) a forza di ricatti e intimidazioni, la “campagna vaccinale” langue, trascinandosi pigramente fra poche centinaia di prime dosi di “Novavax”, il vaccino “tradizionale” che avrebbe dovuto convincre i renitenti, e qualche migliaio di quarte dosi agli “immunocompromessi”. Alcuni hub sono stati smantellati, ma l’impalcatura burocratico-sanitaria resta in piedi, minacciando di diventare permanente se, come diverse voci da tempo sostengono, le inoculazioni dovessero diventare annuali come lo erano quelle per l’influenza. Tutto questo mentre si apre una breccia anche nel mainstream giornalistico rispetto alla tragedia sottaciuta e sottostimata degli “effetti avversi” da vaccino. Le cronache locali pullulano di “morti improvvise”, atleti professionisti cadono come mosche sui campi da gioco, le testimonianze dirette di persone dalla vita stravolta dopo la siringa di Stato diventano virali attraverso la rete, ma il Sacro Vaccino resta cosa buona e giusta, indiscutibile e inattaccabile, uno dei tanti totem da adorare a reti unificate. Per la prossima stagione pandemica, già si parla del nuovo vaccino pigliatutto della Pfizer, che sarà efficace contro tutte le “varianti”.
Le mascherine, il simbolo più odioso della paranoia ipocondriaca, oltre che della sottomissione acritica e incondizionata al Potere, non sono più obbligatorie nella quasi totalità dei locali pubblici, dipinti fino all’altro ieri come ricettacoli di infezioni, ma la maggioranza degli acquirenti continua ad indossarle, dando forma ad un inquietante spettacolo di autozombificazione di massa. La paura del contagio nonostante le tre dosi ha il suo peso, ma nei più questo atteggiamento è determinato da una pulsione all’omologazione e al conformismo che rappresenta l’effetto più tangibile della gigantesca campagna mistificatoria sulla cosiddetta “emergenza pandemica”. Così fan tutti, insomma: un piccolo capolavoro di ingegneria sociale. I “dispositivi di protezione” restano comunque obbligatori sui mezzi di trasporto, nei cinema, nei palazzetti e, soprattutto, nei luoghi di lavoro: il governo ha furbescamente demandato alle aziende la decisione in merito e la gran parte di queste, in accordo con i sindacati confederali, ha scelto “la via della prudenza”, imponendo ai dipendenti almeno altri due mesi di soffocamento.
Particolarmente grave è quanto sta accadendo nelle scuole di ogni ordine e grado, ridotte da due anni a questa parte a lager pseudosanitari in cui l’insegnamento è subordinato al rispetto pedissequo di folli protocolli senza nessuna aderenza con la realtà. In questi templi dell’alienazione, professori e studenti dovranno continuare a tenere il bavaglio fino alla fine dell’anno scolastico. Sono riprese le gite, ma può parteciparvi solo chi ha la tessera verde. Gli insegnanti illegittimamente sospesi per la renitenza al vaccino sono stati reintegrati, ma solo per essere umiliati: confinati in sottoscala e sgabuzzini (in certi casi con la scritta “vietato entrare”), demansionati e “mobbizzati” da dirigenti, colleghi e bidelli, i pochi ribelli che hanno tenuto alta la bandiera della dignità e del pensiero critico, vessillo da tempo ammainato negli edifici scolastici, sono stati colpiti dalla furia “pedagogica” del ministro Bianchi, il quale ha avuto occasione di sottolineare che “Il puro e semplice rientro in classe avrebbe comportato un segnale altamente díseducativo”. A questo punto avranno tutta l’estate per mettere a punto la “soluzione finale” contro i docenti che osano pensare con la propria testa; intanto, viene ribadito dallo stesso Bianchi che “la vaccinazione costituisce un requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni”.
Ora il prossimo orizzonte è fissato al 15 giugno, quando dovrebbero decadere tante di queste norme che sono rimaste in piedi. Tutto dipenderà, chiaramente, dalla “curva dei contagi”,dall'”indice Rt”, dal tasso di occupazione delle famigerate “terapie intensive”, dai numeri vorticosi coi quali puntellano l’ipnosi. L’emergenza è la più efficace forma di governo.
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