Giuseppe Russo
Avanti.it
Mentre si consuma il suo crepuscolo, politico e biologico, Silvio Berlusconi si rivela ancora capace di rubare la scena a tutti e fare un’ultima volta da mattatore all’interno di uno Spettacolo che non gli appartiene più. Nei giorni scorsi sono state diffuse ad arte due malandrine registrazioni audio nelle quali Berlusconi, parlando ai parlamentari di Forza Italia, esterna quelle ovvietà sul conflitto in Ucraina che oggi rappresentano verità indicibili: è stata l’Ucraina a disattendere gli accordi di Minsk del 2014 per una soluzione diplomatica della crisi in Donbass, prima dell’invasione russa è stato Zelensky a dispiegare truppe nelle regioni contese, la Russia si trova a considerare l’Italia come un nemico poiché fornisce supporto al governo ucraino, se il paese con la bandiera gialla e blu entrasse nella NATO scoppierebbe davvero la Terza Guerra Mondiale. Sottolineando poi di avere “riallacciato i rapporti con il presidente Putin”, Berlusconi ha raccontato pure un aneddoto personale: in occasione del suo ottantaseiesimo compleanno, celebrato lo scorso 26 settembre, avrebbe ricevuto in dono dal presidente russo “20 bottiglie di vodka ed una lettera dolcissima”, ricambiando con un numero imprecisato di bottiglie di Lambrusco. Il fatto ha alimentato una (prevedibile) ridda di reazioni stizzite, con grossolani sarcasmi a sfondo alcolico a fare capolino nei comunicati stampa. Uno dei tanti “consiglieri” di Zelensky, tale Mykhailo Podolyak, ha prodotto un tweet (in italiano, peraltro), in cui afferma che “il signor Berlusconi è sotto l’effetto della vodka russa”. L’europarlamentare polacco Andrzej Halicki, esponente di Piattaforma Civica e del Partito Popolare Europeo (di cui fa parte anche Forza Italia), ha invitato il Cavaliere a “”rimandare la vodka a Putin, che è un criminale di guerra e non un amico”, mentre altri della stessa area politica si sono pronunciati per la “sospensione” dei berlusconiani dal PPE, sorte già toccata al partito Fidesz del premier ungherese Viktor Orbàn. La solerte Arianna Podestà, euroburocrate in carriera sconosciuta nella terra che le ha dato i natali (costei ricopre oggi, dopo un decennale percorso nelle istituzioni di Bruxelles, la carica di Coordinating Spokesperson for economic affairs of the European Commission), si è spinta oltre auspicando l’ennesima incriminazione per il Silvione nazionale, il quale, accettando la vodka “sporca” di Putin, avrebbe violato il divieto di importazione di bevande alcoliche dalla Russia sancito dal “quinto pacchetto di sanzioni”. A tagliare la testa al toro ha poi provveduto Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino, il quale ha precisato di non poter confermare l’invio delle bottiglie incriminate all’ottuagenario italiano.
Giorgia Meloni, neoproclamata capo del governo, ha diramato, nelle ore immediatamente successive alla pubblicazione degli audio berlusconiani, un eloquente comunicato: “Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara. Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile”, riferendosi all’appoggio incondizionato al regime di Zelensky ed alla collocazione “atlantista” ed “europeista” dell’Italia. Le “fibrillazioni” prodotte dalle esternazioni berlusconiane hanno avuto il loro peso nel processo di formazione del nuovo governo, all’interno del quale Antonio Tajani è stato comunque nominato ministro degli esteri, nonostante le sue quotazioni fossero scese a beneficio dei più “affidabili” Giulio Terzi di Sant’Agata e Giampiero Massolo, diplomatici di carriera che godono dell’apprezzamento delle cancellerie che contano. Il centrodestra si è presentato unito da Mattarella nell’incontro avvenuto nella mattinata di oggi, ma le manovre per assicurare al governo Meloni una maggioranza “solida” al riparo dalle sparate berlusconiane sono già a buon punto: facendo leva sullo pseudopartito di Maurizio Lupi, quel “Noi moderati” che è riuscito a mettere in piedi il gruppo al Senato grazie ai “prestiti” di Fratelli d’Italia, l’obiettivo è di costruire una “casa” parlamentare che possa accogliere i transfughi di Forza Italia, fungendo al contempo da fluido “gruppo-cuscinetto” fra la maggioranza e i renziani, che hanno già avuto modo di accreditarsi come “stampella” del prossimo esecutivo. Il paradosso è che, durante la recente campagna elettorale, era stato lo stesso Berlusconi a proporsi come garante della vocazione “atlantista” del centrodestra, mentre Giorgia Meloni si affannava per dare prova della sua “affidabilità” e Matteo Salvini glissava sulle tante giravolte che hanno caratterizzato la sua traiettoria a proposito dei rapporti con la Russia di Putin. Ora le parti si sono invertite, ed al Cavaliere tocca recitare il ruolo del mostro putinista e sorbirsi l’odio che i Padroni del Discorso stanno indirizzando contro la sua figura. Le mille prove di fedeltà prodotte da Berlusconi negli ultimi dieci anni non bastano più, e le cronache tornano a soffermarsi sul lettone che gli ha regalato Putin, sui loro incontri conviviali degli anni passati, sulle stima reciproca più volte sbandierata.
A vigilare sui “colpi di testa” dei vari protagonisti e sulla tanto decantata “affidabilità” della maggioranza di centrodestra sarebbe il capo dello stato, in uno schema analogo a quello della travagliata formazione del Conte I, quel governo “gialloverde” che tante preoccupazioni aveva suscitato nei “mercati”, quando Mattarella cassò la nomina di Paolo Savona a ministro dell’economia paventando il rischio che l’Italia potesse uscire dall’euro. Stravolgendo la prassi ed il diritto costituzionale, Mattarella si è accreditato, sulla scia del suo predecessore Giorgio Napolitano, come un attore politico di primo piano che non si limita a fungere da “arbitro” fra le parti, ma si pone come il garante ultimo dell’osservanza dei trattati internazionali e del rispetto di tutti i “vincoli esterni” che caratterizzano la vita politica italiana. Oramai non se ne fa mistero: il nostro non è un paese sovrano nemmeno nelle apparenze. La stessa neopresidentessa del Consiglio avrebbe, addirittura già durante la campagna elettorale, instaurato un “filo diretto” sia con l’inquilino del Colle e sia con Mario Draghi, sempre allo scopo di accreditarsi come “affidabile” agli occhi di chi di dovere. All’indomani delle elezioni, si sarebbe aperto un terzo canale comunicativo riservato con l’ambasciata USA. Al di là delle berlusconate, la prospettiva forse più inquietante era quella di dare vita ad un governo di minoranza che potesse esercitare in regime provvisorio ed approvare la finanziaria di fatto già scritta da Draghi con i voti del PD e dei “centristi” di Renzi e Calenda, rischio non ancora scongiurato. E dire che è stata proprio l’opposizione al governo del Drago a far sì che il partito della Meloni facesse il botto alle ultime elezioni: il bello della “democrazia”.
Che gli audio di Berlusconi possano essere stati “rubati” e diffusi da qualche parlamentare rancoroso è una fola alla quale non crede nessuno. Questo episodio fa il paio con quello degli appunti pieni di contumelie verso Giorgia Meloni “carpiti” dalle telecamere mentre al Senato si votava per il nuovo presidente. Insomma, pur essendosi precipitato dopo il fattaccio a concedere un’intervista al Corriere della Sera per ribadire la sua fede atlantista, quella di Berlusconi è una precisa strategia comunicativa. Egli sa bene che il suo punto di vista su Putin e sulla guerra, bollato come “delirante” dal coro del mainstream, è condiviso da una buona parte dell’opinione pubblica italiana. Tuttavia, il suo non è un “appello al popolo” per accreditarsi, fuori tempo massimo, come capo di un’improbabile “opposizione”, ma l’ennesimo tentativo di salvare la “roba” che gli è rimasta in dotazione: perso oramai il partito, di fatto balcanizzato fra i suoi (pochi) fedelissimi, i “ronzulliani” (mostri creati dallo stesso Berlusconi) e i “governisti” di Tajani, il Cavaliere teme che, non vedendo soddisfatte le sue richieste in fatto di nomine al ministero della giustizia, dove alla fine è andato l’ex magistrato “meloniano” Carlo Nordio, il cappio intorno al suo collo possa stringersi fino a fargli perdere il controllo delle sue aziende. La campagna per l’interdizione di Berlusconi in virtù della “demenza senile” di cui sarebbe affetto è già partita, ed a farsene portavoce non è un Travaglio qualunque, ma quel Dagospia che rappresenta la voce ufficiosa dello Stato Profondo. Sulle sorti del Cavaliere incombe un terzo audio “rubato” nella riunione dei parlamentari di Forza Italia, registrazione che contiene con ogni probabilità frasi ancora più compromettenti, magari sullo stesso Mattarella, e il cui contenuto sarà diffuso nelle prossime ore, dopo l’insediamento del nuovo governo. Insomma, non è finita qua. Meno male che Silvio c’è.
Maurizio Muscas dice
Che Mediaset possa finire come l’acciaieria di Riva?
Il Contadino dice
Inizio a voler bene a sto vecchietto, non lo avrei mai immaginato. Per fortuna che quella volta decise di scendere in campo; che partitella monotona sarebbe stata senza di lui!
Norma Marenghi dice
È la prima volta da quando Silvio Berlusconi apparve nella politica italiana che mi riesce simpatico. Che x questi commenti vogliano farne un malato di arteriosclerosi. .. è un punto favore di chi lo ritiene un genio della politica. .. x queste stesse esternazioni. .