Aboubakar Soumahoro è uno che sa come si sta al mondo. Dopo che il suo personaggio è stato prima montato e poi demolito per evitare che fosse di ingombro all’irresistibile ascesa di Elly Schlein, dopo che le agenzie che ne avevano curato l’immagine lo hanno mollato al suo destino di piagnistei e figuracce, dopo aver ricevuto “minacce di morte sui social”, l’Onorevole (come ama definirsi adesso) è ancora lì, avvinghiato agli scranni di Montecitorio, e si gode i suoi 15000 e passa al mese alla faccia degli “italiani razzisti”. In teoria, egli avrebbe dovuto versare una quota mensile al partito che l’ha fatto eleggere, come tutti gli altri suoi colleghi. L’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana, tuttavia, non ha visto un euro dall’Onorevole, nonostante Bonelli e Fratoianni si fossero tanto spesi per candidare Soumahoro nel collegio uninominale di Modena (che era considerato strasicuro per il centrosinistra prima che presentassero lui, poi sconfitto dalla candidata di Fratelli d’Italia), riservandogli comunque un “paracadute” nella quota proporzionale perché, come hanno avuto modo di precisare i due comici prestati alla politica, “era sempre in tv”. Dopo due mesi di tira e molla, l’Onorevole ha pensato bene di abbandonare i verdisinistri ed accasarsi presso il gruppo misto, dove nessuno gli chiederà mai niente: lo ha fatto attraverso un comunicato nel quale, oltre ad accusare Bonelli e Fratoianni di averlo lasciato solo davanti al razzismo, ribadisce di non aver mai saputo nulla degli affari loschi della moglie e della suocera con le loro cooperative schiavistiche, di aver comprato una villetta da 360000 euro a Casal Palocco grazie ai suoi risparmi (quando poche settimane prima si era dichiarato indigente e disoccupato), di essere stato diffamato dagli italiani perché inguaribilmente razzisti e dagli africani perché invidiosi del suo successo. Era infatti capitato che il suo ex sodale Yacouba Saganogo avesse scoperchiato il vaso di Pandora delle sue malefatte in una serie di interviste concesse alla trasmissione Striscia la notizia, accusando l’Onorevole di essersi intascato una buona parte dei fondi raccolti per comprare viveri e coperte per i braccianti dei ghetti e regali natalizi per bambini inesistenti. Il fatto che l’Onorevole sia finito nel tritacarne del tg satirico di Canale 5, specializzato nello spolpare carcasse di politici andati a male, attesta che la demolizione controllata del suo personaggio è ormai compiuta. In altre parole, la sua “carriera politica” finisce qui, anche se gli sono rimasti molti amici: fra gli artefici di una “corretta informazione” sulle sue vicende egli cita, fra gli altri, Gad Lerner e Paolo Mieli, con quest’ultimo che ha accostato la persecuzione di cui sarebbe stato vittima Soumahoro addirittura all’antisemitismo. La sua arrampicata sociale era cominciata nel lontano 2008 quando, in occasione delle sue nozze con la poetessa Dafne Malvasi, celebrate in quel di Napoli, si erano scomodati per lui l’allora sindaco Rosa Russo Jervolino, le telecamere di RAI 3 e la redazione locale de la Repubblica, che aveva dedicato al matrimonio antirazzista titoli come “Abou e Dafne, sposi multirazziali contro l’intolleranza”. Non era bastato: i tempi, evidentemente, non erano maturi, e l’uomo che ancora non era Onorevole ma che certo già sognava di esserlo s’era dovuto accontentare di diventare un funzionario del sindacato RDB (poi trasformatosi in USB), organismo per il quale avrebbe lavorato, ricoprendo diverse cariche, fino al momento del primo scatto di carriera, rappresentato dal contratto stipulato con l’Espresso del suo mentore Marco Damilano in qualità di “opinionista”. In tutti questi anni prima di spiccare il grande salto, Soumahoro il bracciante non l’ha fatto mai, e gli stivali infangati con i quali si era presentato a Montecitorio in occasione del suo insediamento erano solo parte della sceneggiatura. Sbaglia chi pensa che costui sia caduto in disgrazia: se tutto va come deve andare, alla fine della legislatura si sarà intascato un bel milioncino di euro, e allora altro che cooperative, altro che villette a Casal Palocco, altro che borse di Gucci. Maledetti razzisti!
GR
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