Francesco Santoianni
Avanti.it
Ancora sportwashing. E, dopo i mondiali in Qatar, ora è la volta del Giro d’Italia (dal 6 al 28 maggio 2023) al quale parteciperà la squadra Israel-Premier Tech avente un punteggio così basso da non potere, ai sensi del Regolamento UCI World Tour, partecipare a competizioni ciclistiche di prestigio internazionale ma che, grazie ad una scandalosa deroga, è stata invitata a partecipare dagli organizzatori del Giro.
Una squadra finanziata dal miliardario canadese-israeliano e fervente sionista Sylvan Adams, già artefice del Giro d’Italia del 2018 che, grazie ai suoi 16 milioni di euro, fece partire il Giro d’Italia da Gerusalemme; un’iniziativa che, secondo i rappresentanti dello stato sionista, celebrava i 70 anni della fondazione di Israele e quella che, secondo loro, è la sua capitale.
E per giustificare una partenza così bizzarra, contestata da decine di personalità del mondo ebraico, fu necessario stravolgere la storia del campione del Ciclismo italiano Gino Bartali presentandolo come “salvatore di ebrei durante il fascismo”; una bufala colossale spacciata per buona anche dal Manifesto ma smentita da Michel Sarfatti, fino al 2016 direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e da don Aldo Brunacci, canonico della cattedrale di Assisi, incaricato dal suo vescovo di organizzare il soccorso agli ebrei. Una bufala diventata, addirittura, traccia per gli esami di Stato e consacrata in una trasmissione RAI dove usciva fuori che Gino Bartali, addirittura, stipava ebrei (presumibilmente, nani) in un vagoncino, attaccato alla sua bicicletta, portandoli così lontani dalle grinfie dei nazisti.
Ma torniamo al Giro d’Italia di quest’anno dal quale, ça va sans dire, sono stati esclusi i ciclisti della squadra Gazprom-RusVelo, tra i quali molti campioni italiani.
Contro la sfrontata presenza della squadra israeliana sono già in preparazione numerose iniziative che, verosimilmente, ricalcheranno quelle tenutesi nel 2018 alcune delle quali in Palestina, terra che vanta non pochi cultori del ciclismo.
Davvero improbabile, comunque, che queste iniziative troveranno qualche spazio sui media considerando che nel 2018 le pur numerose e colorite contestazioni in molte tappe del Giro d’Italia sono state censurate dai nostrani media. Del resto è quello che capita per ogni critica rivolta in Italia ad Israele, bollata, inevitabilmente, come “antisemitismo” anche quando viene pronunciata da persone di cultura e religione ebraica. Una situazione che certamente peggiorerà con la recente istituzione nel nostro Paese di una ineffabile Autorità nazionale contro l’antisemitismo e con il sempre più fitto commercio di armi con Israele.
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