La nuova guerra fredda, diversamente da quella che ha terrorizzato l’occidente negli anni del boom, è una guerra grigia. Non esistono cortine ferree, nette e invalicabili, a delineare amici e nemici: qualunque accordo preso vien subito disatteso, ogni dichiarazione di una parte viene subito sconfessata dall’altra, la correttezza diplomatica viene continuamente abberlinata da insulti, scorrettezze e provocazioni. La guerra d’Ucraina, che dal 24 febbraio ha occupato di prepotenza tutti i mezzi di comunicazione, è la scena di uno spettacolo ben più grande, allestito dalla cricca Neocon già ai tempi della perestrojka: utilizzare Kiev come avamposto della NATO per tenere i missili puntati su Mosca è l’ultima fase dell’accerchiamento dell’heartland iniziato con il crollo dell’URSS, al fine di tenere il nemico sempre impegnato in una dispendiosa corsa agli armamenti e isolarlo economicamente e culturalmente. Fin qui, sembrerebbe proprio una guerra tradizionale. In verità, la guerra russo-americana in Ucraina, per alcune sue peculiarità del tutto inedite anche se sperimentate in campi di battaglia precedenti, è storicamente emblematica. Anzi, sono: perché si tratta non di uno, bensì di tre conflitti che parallelamente vengono portati avanti dall’alleanza atlantica contro la Russia, oltre al piano militare – che è quello meno importante – c’è una guerra economica e una guerra mediatica.
2004-2014: i capitali occidentali colonizzano l’Ucraina
Nel 2004 la “rivoluzione arancione” finanziata da Soros ha aperto le porte alle prime infiltrazioni dei capitali atlantisti a Kiev, che poi si sono radicati utilizzando il paese come vero e proprio laboratorio globalista a due passi da Mosca: 36 bio-laboratori per agenti patogeni letali, un centinaio di cliniche specializzate nella maternità surrogata, pesantissime infiltrazioni a tutti i livelli nei media e nell’istruzione pubblica per radicalizzare il sentimento nazionalista e la russofobia. Per non parlare dei numerosissimi centri d’addestramento gestiti dagli eserciti americano, inglese e canadese che hanno portato l’esercito ucraino, soltanto dieci anni dopo, a contare circa 200mila unità, ben addestrate e ben armate, tra esercito regolare e battaglioni nazisti.
La guerra militare
È proprio il 2014 l’anno dell’escalation, con il putsch neonazi – finanziato dai soliti neocon – andato a buon fine e la caccia al russo culminata nella separazione da Kiev degli oblast’ di Donec’k e Luhans’k, che insieme formano la regione più a oriente del paese, il Donbas. La risposta del governo è spietata: nei successivi otto anni inizia un conflitto che porta alla morte di 15mila civili russofoni dei due oblast’. Dal 2020 la NATO inizia ad alimentare la tensione con le operazioni Defender Europe, vere e proprie esercitazioni militari su larga scala che simulano un conflitto con la Russia, ripetute anche l’anno successivo proprio in Ucraina – e che si stanno tenendo anche quest’anno, dall’1 al 27 maggio – e presentando a novembre 2021 la bozza per un esercito unico europeo, lo Strategic Compass, che sarà poi approvato il 21 marzo di quest’anno. Da gennaio 2022, poi, si intensificano enormemente i bombardamenti dell’esercito ucraino sul Donbas, portando gli strateghi del Cremlino a prendere la decisione che inizia la seconda fase del conflitto: il 24 febbraio la Russia invade l’Ucraina.1 L’ “operazione speciale” di Putin, letta dal punto di vista atlantista, rientra perfettamente nei piani dell’occidente, che punta a spingere la Russia in un nuovo Afghanistan, un pantano logorante e dispendioso in cui non ci saranno vincitori, ma solo vite e risorse buttate. Poca roba per Putin, il quale – checché ne dica la propaganda atlantista – ha spedito contro Kiev le matricole e i mezzi terrestri, risparmiandosi il grosso e il meglio del suo potenziale bellico: ma che ne sarà del popolo ucraino, condannato a chissà quanti anni ancora di guerra permanente? E che ne sarà dei popoli europei, che presto si troveranno in casa un esercito transnazionale, e a cui è stata imposta una guerra che non li riguarda?
La guerra economica
Sanzioni, sanzioni e ancora sanzioni: così l’occidente asservito agli USA sta tagliando ogni contatto con Mosca, privandosi di un partner fondamentale soprattutto per il mercato di beni di lusso e per gli approvvigionamenti di idrocarburi. Biden, dal canto suo, fa il duro con la pellaccia altrui, perché gli USA non hanno tagliato alcun rapporto commerciale con Mosca, e quindi il taglio di tutti i legami tra l’Europa e l’heartland russo non li toccano per niente. Come non toccano la Russia, che anzi si vede rafforzata nella creazione di un mercato interno autosufficiente – rimpiazzando con uomini e risorse propri le transfughe grandi catene occidentali – e dall’altro cementa i suoi legami con India e Cina. La conseguente svalutazione del dollaro che potrebbe derivarne, come anche la sua messa in discussione come moneta di riferimento valutario, fa il gioco dei BRICS come anche dei globalisti transnazionali, dando il via a quel rinnovamento della struttura mercantile necessario per l’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale. In effetti, gli unici a perdere sono proprio i popoli del Vecchio Continente, che si vedono isolati sul piano commerciale e impoveriti sempre più dall’economia di guerra impostagli da USA e Russia.
La guerra mediatica
Per la prima volta dopo quasi un secolo, la retorica bellicista è tornata a tuonare dai nostri teleschermi. Affinatasi in due anni di operazione Covid, la guerra dei media è spietata, scorretta, senza quartiere e martellata incessantemente in ogni dove con un solo imperativo: la demonizzazione di tutto ciò che è russo. La guerra mediatica è fondamentale, perché senza di essa salterebbe agli occhi di tutti la totale illogicità della politica delle sanzioni e dell’isolamento diplomatico di Mosca, come anche la corsa ad armare l’esercito di Kiev. I russi sono i brutti e cattivi armati fino ai denti che vogliono per una non troppo precisata velleità imperialistica dello zar Putin distruggere la sovranità dell’Ucraina, ma stanno lentamente soccombendo di fronte all’orgoglio del popolo ucraino, armato solo della sua dignità. Anche un bambino si renderebbe conto dell’assurdità di questo messaggio, ma come insegna la sociologia propagandistica, per far passare un messaggio non conta la ragione, ma la ripetizione. La retorica bellicista serve soprattutto a far accettare di buon grado ai popoli europei l’economia di guerra e le privazioni imposte dalle speculazioni arrivate a braccetto con il conflitto: ancora una volta, il vero nemico di questa guerra non sono i russi, gli americani o gli ucraini, ma siamo noi.
Perché questa guerra non è fatta dal Cremlino contro l’Ucraina, né dalla NATO contro Putin, questa è una guerra dei grandi speculatori globalisti contro i popoli europei. E l’obiettivo non è l’isolamento della Russia, o il trionfo del popolo ucraino, ma l’egemonia dei grandi capitalisti sulla scena politica internazionale, ovvero il governo del capitale sul mondo.
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