Vogliamo un mondo libero e bello per nostro figlio e combatteremo per ottenerlo che così sia come non abbiamo mai combattuto, con una astuzia che non abbiamo mai avuto, con una tenacia, con una energia che rovescerà tutti gli ostacoli. Con queste parole Antonio Gramsci scriveva alla moglie Julia dal carcere. Lui che era nato in quel lontano 22 giugno del 1891 ad Ales, piccolo paese della Sardegna, in un giorno in cui nevicava, cosa straordinaria in quella terra nel mezzo del Mar Mediterraneo Occidentale. La sua storia straordinaria è conosciuta in tutto il mondo. Quello di cui però pochi sono al corrente è la storia che portò Gramsci ad incontrare la bella Giulia Schucht, che divenne sua moglie nonché la madre dei suoi due figli, Delio e Giuliano. Tra il giugno del 1922 ed il novembre del 1923 Gramsci fa parte della delegazione del PCd’I guidata da Amadeo Bordiga giunta nella capitale sovietica per partecipare ai lavori del Comitato Esecutivo allargato dell’Internazionale Comunista. Appena trentenne, nell’incontro del 25 ottobre 1922 Gramsci discuterà con Lenin, il signore senza capelli e con il pizzetto che aveva guidato la rivoluzione bolscevica. In quell’occasione parlò anche con Lev Trockij, che insieme a Lenin fu uno dei protagonisti e ideatori della rivoluzione, ed era diventato il comandante del nuovo esercito chiamato Armata Rossa.
In questo suo soggiorno nella capitale moscovita, il giovane Gramsci subisce un profondo stress psico-fisico, e viene trasferito in un sanatorio che si trova a Serebrjanyj Bor ( Pineta D’argento) nel bell’ospedale costruito in un parco alla periferia di Mosca, un’isola tra le acque del fiume Moscova. Fu qui che conobbe la bella “Julka”, una giovane donna russa di origini tedesche che aveva studiato al conservatorio di Santa Cecilia, a Roma, dove si era diplomata come violinista nel 1915. Lui che non aveva mai osato avvicinarsi alle donne perché si riteneva brutto, storto e malfatto, sia per la sua altezza di un metro e quarantadue centimetri, e sia per via della gobba che lo accompagnava dalla giovane età; guardandosi allo specchio, vedeva solo il suo capoccione con tutti quei capelli arruffati, pensando che non ci sarebbe mai e poi mai la possibilità di essere amato. L’uomo che veniva da un paesino su di un’isola lontana incontrò l’amore in una grande città straniera, su di un’altra isola circondata da un mare fatto di case. In questo periodo Gramsci conosce l’amore, passando le sue giornate con Julia passeggiando per il bellissimo parco della pineta argentata, con i suoi ponti che attraversano gli stagni pieni di lillà in fiore, e le conifere ad alto fusto. Certo non fu facile per Antonio Gramsci abituarsi, era la prima volta che in vita sua non aveva nulla da fare: doveva solo oziare e stare calmo, sgombrare la testa dai pensieri e passeggiare nel parco ascoltando il cinguettio degli uccellini, guardando i mille colori dei fiorì appena sbocciati, allora che in Russia era arrivata la primavera. Chi l’avrebbe mai detto che proprio in quell’ospedale avrebbe trovato l’amore, e invece capitò: quell’amore si chiamava Julia Schucht, aveva ventisei anni, era alta, magra, con la pelle bianca, gli occhi a mandorla e una lunga coda bionda. Lei gli parlava del suo grande amore per la musica, e del grande concerto di Capodanno a Mosca, dove era stata molto apprezzata eseguendo la “legende” opera 17 di Henryk Wieniawski. Antonio Gramsci si innamorò a tal punto da sentire nella pancia una specie di vortice che non capiva dove cominciava e dove finiva. Trascorse con Julia i giorni più belli e indimenticabili, realizzando che Julia era tutta la sua vita, e che non aveva mai vissuto così intensamente. La storia tutti la conoscete; ebbe un figlio da lei di nome Delio, e tornato in Italia divenne deputato, potè rivedere Julia solo dopo due anni e fu in quel periodo, dall’ottobre del 1925 all’agosto del 1926 che la coppia concepì il secondogenito Giuliano, che Gramsci non conobbe mai. La sera dell’8 novembre 1926 fu arrestato.
Era il periodo più buio della storia d’Italia, le squadracce in camicia nera elargivano bastonate e olio di ricino, terrorizzando tutti gli oppositori politici. Avevano fatto nel 1922 la marcia su Roma invocando mano ferma contro i continui scioperi e il montare della protesta sociale, e molti dei compagni di Gramsci furono arrestati o uccisi. L’uomo con la mascella sporgente e la testa lucida che si chiamava Benito Mussolini imperversava con i suoi discorsi d’odio e violenza, urlava affacciandosi al balcone mentre la folla lo acclamava eccitata. Questa è la parte di storia che un piccolo uomo di grande statura morale ha vissuto con coraggio, affrontandola a viso aperto in prima persona, e dell’amore che lo ha reso felice negli ultimi anni della sua vita. È probabile che sia di poca importanza per chi conosce il pensiero di Gramsci e i suoi quaderni dal carcere. Chi vi scrive, tuttavia, sa poco o nulla di tutto questo, ma il caso vuole che si trovi a vivere proprio in quell’angolo di Mosca dove aveva dimorato Antonio Gramsci, e ripercorendone i passi si è convinto che l’amore è la più grande delle forze esistenti e che senza di esso nessun uomo può veramente essere grande né essere ritenuto tale. La storia a cent’anni di distanza da questi avvenimenti sembra ripetersi, altri tempi bui si preannunciano all’orizzonte, forse in mezzo a tutte le difficoltà che ci attendono in questa rinnovata preistoria, l’amore è l’unica forza che può sempre cambiare il corso degli eventi e mettere tutto in discussione. L’odio, già lo sappiamo, può solo inevitabilmente separarci gli uni dagli altri, l’amore potrà sempre e solo unirci.
di Umberto Rocca
per Avanti.it
Michele dice
Solo i rivoluzionari conoscono l’essenza dell’amore incondizionato. Il resto è apparire e consumismo
emilio dice
saggine parole “l’amore e’ l’unica forza”
.se veramente capissimo il senso di questo enorme sentimento .non ci sarebbero forse neppure più guerre