Il Qatar siamo Noi #4
Il petromonarca dell’Arabia Saudita Salmān bin ʿAbd al-ʿAzīz Āl Saʿūd (popolarmente noto come “Re Salman”) ha indetto per oggi una giornata di festa nazionale. Scuole ed uffici pubblici resteranno chiusi per celebrare un evento eccezionale: la vittoria della nazionale di calcio nella partita d’esordio dei mondiali qatarioti. Ieri, infatti, i “figli del deserto” hanno battuto l’Argentina per 2 a 1, consumando una di quelle imprese destinate ad entrare nell’epica del pallone. Dopo essere passati in svantaggio a seguito di un generosissimo rigore concesso all’Argentina, gli arabi hanno applicato una tattica che pareva suicida, mettendosi a fare la trappola del fuorigioco come neanche Arrigo Sacchi ai bei tempi. E invece, prima hanno fregato i vari Messi e Di Maria mandandoli una decina di volte in off side, e poi gli hanno rifilato due gollazzi in pochi minuti all’inizio del secondo tempo, lasciandoli nella più attonita impotenza. A differenza di quella del Qatar, che è una nazionale fatta da stranieri “naturalizzati” con disinvoltura, quella dell’Arabia Saudita è una squadra di soli autoctoni, e l’unico straniero è l’allenatore, il francese Hervé Renard. Le divergenze fra i due paesi della penisola arabica non si limitano all’ambito calcistico: per tre anni e mezzo, dal giugno del 2017 al gennaio del 2021, si è consumata una crisi diplomatica che ha visto la contrapposizione, in quella che è stata definita “la strana guerra del Golfo”, fra il Qatar da una parte, supportato a corrente alternata dagli USA, che hanno cambiato cavallo dopo l’insediamento di Biden alla presidenza, e i paesi del cosiddetto “Quartetto” dall’altra, ovvero Arabia Saudita, Egitto, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti. La crisi ha preso forma intorno a tre questioni: la gestione del conflitto nello Yemen ( il Qatar si è smarcato dall’alleanza militare a guida saudita proprio nel 2017), i rapporti con l’Iran (che supporta l’altra fazione nella guerra civile yemenita) ed il ruolo di principale partner geopolitico dell’Occidente, conteso appunto da Qatar ed Arabia Saudita. Dopo l’assassinio del giornalista Jamal Kashoggi, avvenuto all’interno del consolato arabo di Istanbul nell’ottobre del 2018, gli Stati Uniti avevano, ricalibrato il loro supporto al regime saudita nel pantano yemenita, individuando poi nel più “secolarizzato” Qatar un alleato più affidabile al quale affidare il ruolo di luogotenente a stelle e strisce nel Golfo Persico. L’Arabia Saudita ha reagito dichiarando al Qatar una “guerra fredda” combattuta perlopiù a botte di sanzioni e attacchi informatici, con l’invasione militare scongiurata dalla ferma opposizione degli USA. Dopo la “dichiarazione di Al-Ula” del gennaio dell’anno scorso, che ha sancito la riapertura dei rapporti diplomatici fra i due paesi, ci ha pensato il pallone a fornire un ulteriore spunto di riconciliazione, con l’emiro Tamim Bin Hamad Al-Thani che s’è fatto vedere, dopo la figuraccia rimediata dai suoi mercenari nella partita inaugurale contro l’Ecuador, con la bandiera verde dei “figli del deserto” al collo, rivendicando la vittoria contro l’Argentina a nome di tutto il mondo arabo. Insomma, oggi si parla di pace e di gollazzi e chi se ne frega dei diritti. Kashoggi riposi in pace. Re Salman ha proclamato la festa nazionale.
GR
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