Francesco Santoianni
Avanti.it
Cina: rivolte contro i continui lockdown. L’ultimo nello Shijiazhuang dove, trovati “positivi” due uomini (87 e 88 anni) e una donna (91 anni) già affetti da gravi patologie pregresse e, quindi, deceduti, sono state chiuse in casa decine di milioni di persone. Speriamo che almeno queste rivolte che stanno dilagando in Cina (90% della popolazione completamente vaccinata) facciano cambiare atteggiamento ai media mainstream che, finora, hanno preso la Cina come modello anche davanti ad evidenti fake news; ad esempio il numero ufficiale dei suoi morti per Covid, considerato attendibile dalla Organizzazione mondiale della sanità (ma su questa liaison tra OMS e Cina ci soffermeremo più avanti).
Come è noto l’allarme Covid nasce dall’annuncio, diramato dalle autorità cinesi il 31 dicembre 2019, di un nuovo, pericoloso, virus (che, come si seppe dopo, aveva provocato i primi morti già ai primi di novembre) per fronteggiare il quale hanno imposto, dal 23 gennaio 2020, un ferreo lockdown di due mesi nel distretto di Wuhan Hubei (58 milioni di persone), la realizzazione in tempi record di 6 ospedali da 1500 posti l’uno e blande misure profilattiche nel resto della Cina dove aerei, treni pullman in regolare servizio hanno permesso, seppur con qualche limitazione, l’annuale ricongiungimento delle famiglie per i festeggiamenti del Capodanno cinese: un miliardo e mezzo di spostamenti. Grazie a queste misure, la Cina (1,393 miliardi di abitanti) avrebbe avuto, in un anno, appena 4.636 decessi per Covid. Al di là dell’inverosimile cifra dei decessi per una epidemia affrontata con un cordone sanitario realizzato due mesi dopo i primi morti, vi è un’altra questione sulla quale è il caso di riflettere: perché le autorità cinesi hanno realizzato queste misure per un virus che, già ai suoi esordi, rivelava un tasso di letalità inferiore a quello, ad esempio, della Sars del 2002? A tal proposito sono state formulate alcune ipotesi.
La prima è che le autorità cinesi le avrebbero attuate, sostanzialmente, per rispondere ad una delle tante campagne mediatiche USA (la peste suina proveniente da allevamenti cinesi, dell’estate 2019) finalizzata, in questo caso, a supportare i dazi e le sanzioni alla Cina varati da Trump. Del resto in Occidente, le campagne mediatiche su minacce biologiche provenienti dalla Cina – spesso basate su una presunta ‘innata’ sporcizia dei Cinesi – non erano una novità. Basti pensare a quelle inerenti la SARS del 2002 o l’influenza aviaria A H5N1 del 2005 per le quali le autorità di Pechino furono messe sotto accusa dai media occidentali, per anni, per la loro supposta inerzia. In tal senso la spettacolare risposta della Cina sarebbe stata un’operazione finalizzata a rintuzzare queste accuse e, soprattutto, presentare la sua sbalorditiva capacità tecnologica, organizzativa (e, quindi, anche militare).
Un’altra ipotesi, che si sposa con la prima, evidenzia che il Wuhan Hubei è il principale distretto manifatturiero dove attingono innumerevoli aziende occidentali, soprattutto automobilistiche. Il blocco della produzione conseguente al lockdown in questo distretto, quindi, stava strangolando non poche aziende occidentali e innescando un rovinoso effetto a cascata. In tal senso, il lockdown imposto dalle autorità cinesi può essere letto come una sorta di avvertimento ai paesi occidentali e a tal riguardo non ci sembra un caso che, quando cominciò nel Wuhan-Hubei il lockdown, paradossalmente, negli USA sui media scomparvero o si ridimensionarono i timori di minacce biologiche provenienti dalla Cina cominciati mesi prima, mentre il Governo Usa rifiutava i tamponi diagnostici messi a disposizione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e cercava di mettere il bavaglio a suoi ricercatori (primo tra tutti Anthony Fauci) che paventavano una imminente e catastrofica epidemia proveniente dalla Cina .
Un’altra motivazione che potrebbe aver spinto le autorità cinesi ad imporre il lockdown può essere stata l’esigenza di spegnere gli scioperi e le proteste che avevano scosso proprio lo Wuhan Hubei nel 2019 e, militarizzando il paese, le proteste ad Hong Kong che avevano visto, addirittura, la smaccata presenza di diplomatici occidentali. Obiettivi pienamente raggiunti considerando la scomparsa, per due anni, di proteste di massa in Cina.
Un’altra ipotesi, che non esclude le precedenti, è quella di una guerra mediatica (o information warfare) condotta dalla Cina contro l’Occidente dove notizie, che troneggiavano sulle TV di tutto il mondo, di un lockdown mai visto prima e la frenetica costruzione di sei ospedali suggerivano l’imminenza di una catastrofe di inaudita gravità. Questa guerra mediatica avrebbe sfruttato due fattori: la certa diffusione del virus in tutto il pianeta e la intrinseca vulnerabilità delle società occidentali alle psicosi di massa che, come è successo, avrebbero gettato nel panico la popolazione e fatto crollare la produzione. Recentemente questa ipotesi ha trovato convincenti conferme ridando spazio ad una teoria che sembrava una mera congettura e cioè di una sotterranea alleanza tra Cina e OMS cominciata con la nomina a Direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità della cinese Margaret Chan, tra l’altro distintasi per una rovinosa e davvero losca gestione dell’epidemia Virus A, H1N1.
Comunque sia, alla fine del 2021, con folle oceaniche che riempivano le strade di Wuhan per salutare l’arrivo del nuovo anno, la Cina annunciava di avere eradicato il virus SARS-COV-2 e un tasso di crescita del PIL superiore a quello del 2019.
Nell’aprile del 2022 lo scenario cambia con decine di milioni di persone in lockdown per due mesi a Shangai a monte di pochissime persone, tutte over 80 e già affette da gravi patologie, “morte di Covid”. Perché? Probabilmente, perché, essendo lì localizzati gli asset strategici di almeno 800 multinazionali e più di 70.000 società di proprietà straniera, la chiusura dell’area è stata una velata minaccia della Cina al sistema finanziario-industriale occidentale in risposta al crescente accerchiamento messo in atto dagli Stati Uniti con la costruzione di nuove basi militari intorno alla Cina.
E per gli altri lockdown che interessano da allora innumerevoli aree della Cina? Sui media mainstream le ipotesi si sprecano: dall’esigenza di rallentare la produzione per scongiurare una spirale inflattiva, al voler colpire e poi nazionalizzare le tante aziende private ubicate in Cina, dal ricatto verso determinate aziende USA come Apple…
Nessuno, comunque, che si degni di evidenziare il fallimento dei lockdown come strumento per affrontare un virus destinato a restare endemico (come già si sapeva nel 2021). E del successo registrato dall’unico paese occidentale – la Svezia – che questa strategia ha rifiutato.
tretre dice
state attenti, non all’america che ormai è defunta…, ma alla cina… perchè, come si diceva ai tempi di Mao “se al mattino tisvegli con 4 palle… il nemico è alle spalle”… oggi il nemico, più subdolo di tutti è proprio la cina!!!
Si è infiltrata in tutti i paesi del mondo con la sua pressione economica, e credo che presto verrà allo scoperto, dopo che avrà ripreso taiwa,…
Stiamo in CAMPANA!!!!