Giuseppe Russo
avanti.it
Spifferi provenienti dalla Procura di Napoli lasciano intendere che la magistratura, silente e connivente davanti agli abusi del diritto perpetrati dai governi che si sono succeduti negli ultimi due anni, è sul punto di “attivarsi” andando a ficcare il naso nella grande mangiatoia degli “appalti Covid”, quelli intorno ai quali, con la scusa dell’emergenza, la classe politica di ogni colore e latitudine ha saputo foraggiare le sue clientele, in una fase in cui i soldi giravano vorticosamente fra unità di crisi e task force.
Dal capoluogo partenopeo partono tre filoni d’indagine, il più importante dei quali riguarda gli appalti per la costruzione degli “ospedali modulari” di Napoli, Caserta e Salerno. In particolare, i lavori per la costruzione del presidio sanitario nel capoluogo, nei pressi dell’Ospedale del Mare di Ponticelli, cominciarono ancor prima che la ditta operante si aggiudicasse la gara d’appalto, come documentato da un’inchiesta di Fanpage.it risalente al giugno scorso. A finire nei fascicoli dei magistrati sono il direttore della Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva e l’ex manager della Siram (la ditta vincitrice dell’appalto) Crescenzio De Stasio, mentre irregolarità emergono anche nell’acquisto dei moduli, che venne affidato invece alla MED, i cui vertici sono a loro volta sotto indagine. Il governatore De Luca è di fatto solo lambito dalla vicenda, ma si è sentito in dovere di intervenire al riguardo affermando, a margine di un’iniziativa istituzionale in Irpinia, che “Dobbiamo spiegare perché abbiamo dovuto fare la corsa. Siamo un paese davvero strano”. Nelle concitate settimane dell’emergenza, infatti, non si andava tanto per il sottile rispetto ai vincoli della burocrazia, bisognava “fare in fretta” per salvare i moribondi rimasti fuori dalle terapie intensive (che, per inciso, non si sono mai visti: gli stessi “ospedali modulari” della Campania sono rimasti quasi del tutto inutilizzati) , ogni ora di ritardo nella consegna dei lavori comportava un eccidio di nonni eccetera eccetera. Insomma, cos’è la regolarità di una gara d’appalto davanti al rischio di perdere delle vite umane? Questo era il tenore della retorica di quei giorni infausti, e De Luca vi fa un’allusione neanche troppo velata. I due filoni “minori” dell’indagine riguardano creste di bassa lega nella fornitura di mascherine e ruberie generalizzate di tamponi e Ffp2 nelle strutture sanitarie: se altre procure dovessero seguire l’esempio di quella napoletana, verrebbe scoperchiato il più classico dei vasi di Pandora.
S’ode da lontano un certo tintinnar di manette. Mentre affiorano anche sulla stampa più allineata segreti di Pulnella quali i danni da vaccino o la nocività delle mascherine, un’intera “classe dirigente”, la cui unica ragion d’essere è stata il servaggio incondizionato verso i potentati extra e sovranazionali, trema al pensiero di trovarsi nuda davanti a quelle folle che lei stessa ha fomentato e disarmata davanti ad un apparato giudiziario che ha sin qui tollerato le sue nefandezze. Chiaramente, facendo tesoro delle vicende che caratterizzarono la storia del nostro paese trent’anni fa, sarebbe puerile e superficiale attribuire alle toghe il ruolo di salvatori della patria. Un piccolo Grande Reset della classe politica potrebbe rendersi necessario per salavare il salvabile di un sistema che minaccia di colare a picco assieme all’euro e a Zelensky. Tutte le violazioni della carta costituzionale commesse durante lo “stato d’emergenza” verrebbero attribuite alla volontà di Conte, Speranza, Zaia ed altre figurine dello stesso rango. Una comoda e gattopardesca “exit strategy”.
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