Emanuele Quarta
Avanti.it
Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha annunciato che il suo governo acquisterà 13 centrali elettriche di proprietà della spagnola Iberdrola, che diventeranno di proprietà della società pubblica statale PEMEX (Petroleo Mexicano) con un costo complessivo di 6 miliardi di dollari. Un provvedimento di portata storica, in quanto segna un’inversione di rotta rispetto alle politiche di sudditanza al capitale straniero perseguite dai governi messicani dehli ultimi trent’anni. La nazionalizzazione delle imprese strategiche del settore petrolifero e della produzione di energia elettrica è sempre stato un pallino di López Obrador e di MORENA (Movimiento Regeneración Nacional), il partito fondato dallo stesso presidente, il quale si è opposto alla privatizzazione del settore energetico da sempre, ben prima di trasferirsi a Los Pinos, la residenza ufficiale dei presidenti messicani. Già nel 2008 infatti aveva guidato dall’opposizione le proteste e i tentativi di boicottaggio della riforma dell’allora presidente del Messico Enrique Peña Nieto che portò alla privatizzazione del settore energetico, in particolare quello della produzione di energia elettrica e della raffinazione del petrolio.
Nella campagna elettorale che condusse alla sua elezione come presidente, López Obrador aveva fatto della nazionalizzazione dei settori strategici messicani il suo vessillo, affinché gli interessi del paese fossero anteposti a quelli delle oligarchie finanziarie. La nazionalizzazione arriva dunque a cinque anni dalla sua elezione e ovviamente già ha causato reazioni scomposte sia da parte degli oppositori interni, sia soprattutto da parte del potente e violento vicino, gli Stati Uniti d’America. Proprio dal nord arrivano subito i guaiti di Biden e dei suoi accoliti. Infatti, l’amministrazione statunitense, già in forte contrasto con Lopez Obrador per la gestione del confine comune e per il problema dei cartelli della droga messicani – altra creatura americana che tiene sotto scacco un intero paese – hanno più volte paventato addirittura l’intervento armato per risolvere le problematiche di sicurezza dei confini; ulteriori tensioni, poi, si sono avute dal punto di vista commerciale poiché la nazionalizzazione del settore energetico sarebbe contraria all’accordo commerciale trilaterale firmato da Messico, Stati Uniti e Canada. E proprio Biden e Trudeau non hanno mai fatto mistero di essere pronti a muovere guerra – commerciale, almeno per il momento – contro il Messico. Nonostante queste minacce – cui si aggiunge il grave problema dei cartelli della droga che controllano intere aree del paese e contro i quali il presidente messicano ha attuato una strategia volta a ridurre le cause sociali del fenomeno criminale, e il concomitante smantellamento della corrottissima e violenta Polizia Federale e la creazione di una forza di sicurezza civile, che sostituisce proprio la polizia federale di stampo militarista – Lopez Obrador sta avendo il coraggio e la determinazione di andare avanti con la sua agenda economica che vuole salvare gli interessi dei messicani. Inoltre, la nazionalizzazione è anche necessaria, vista la decisione di Iberdrola di “decarbonizzare” la produzione di energia elettrica proprio in Messico, con la chiusura di alcune centrali tra quelle che adesso saranno nazionalizzate. Ma oltre al processo di decarbonizzazione – un vero poker d’assi calato dal presidente messicano che ha utilizzato contro i padroni globalisti la loro stessa retorica pseudo-ambientalista – è stato evidenziato dal governo messicano che le imprese straniere non hanno effettuato i dovuti investimenti per la modernizzazione delle strutture e dei poli di produzione, creando un danno incalcolabile sull’efficienza ed il funzionamento di intere centrali.
La nazionalizzazione, dunque, permetterà a PEMEX di possedere le centrali elettriche, mentre la CFE, la società statale dell’energia elettrica, avrà il controllo del mercato messicano della produzione di elettricità. Un passo decisamente importante per un paese che è sempre stato sotto il tacco degli Stati Uniti i quali, certamente, non staranno a guardare.
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