La storia del secolo passato insegna che quando in Germania si inizia a parlare di soldati, armi e munizioni, va a finire malissimo.I trattati che posero fine alla Seconda guerra mondiale lasciarono l’allora Germania Occidentale addirittura senza esercito, e solo nel 1955 prese forma la Bundeswehr, come si chiama ancora oggi l’insieme delle forze armate tedesche. A dare il via libera erano stati gli americani, che esercitarono sempre un controllo ferreo sulle divisioni tedesco-occidentali, poste sotto il loro comando nella logica della Guerra Fredda allo scopo di fronteggiare un’invasione sovietica che non ebbe mai luogo. Dal 1955 al 2011, in entrambe le “Germanie” quando ancora non erano unificate e poi nel nuovo stato unitario messo in piedi a partire dal 1990, è stata in vigore la leva obbligatoria, nell’ambito della quale erano previste diverse scappatoie, a partire dall’esenzione riservata ai cittadini dell’allora Berlino Ovest, fatto che determinò una consistente migrazione giovanile in quella che era la città del muro. Al momento dell’unificazione, la Bundeswehr poteva contare su mezzo milione di effettivi ancor prima di “assorbire” le forze armate tedesco-orientali, numero che si sarebbe quasi dimezzato dopo dieci anni fino a ridursi ai 180000 di oggi, dopo la già menzionata riforma del 2011 e la conseguente “professionalizzazione”, processo comune ai principali paesi dell’Europa occidentale (nel Regno Unito la leva obbligatoria venne abolita già nel 1962). La riduzione delle truppe poteva essere giustificata dalla fine della Guerra Fredda, la loro “specializzazione” dalla necessità di partecipare a chirurgiche “missioni di pace” e non più a guerre in campo aperto. Questa impostazione è stata valida fino allo scoppio del conflitto in Ucraina; dopo di allora è cambiato tutto, inducendo il cancelliere Olaf Scholz ad annunciare “la fine della tradizione pacifista tedesca” (tradizione piuttosto recente, a dire il vero) e un massiccio riarmo con lo stanziamento di cento miliardi di euro e l’obiettivo di reclutare 200000 nuovi soldati entro il 2031. Facendo un bilancio di queste iniziative, dopo mesi di polemiche sull’inadeguatezza degli armamenti tedeschi e di tira e molla sull’invio dei carri armati “Leopard 2” sul fronte ucraino, la commissaria parlamentare per le forze armate Eva Högl, socialdemocratica come il primo ministro Scholz, ha affermato che dei famosi cento miliardi stanziati non è giunto a destinazione neanche un euro e che sarà assai difficile trovare le 200000 nuove reclute da qui a otto anni. In questo scenario, il ministro della difesa Boris Pistorius ed alcuni generali hanno aperto alla possibilità di reintrodurre qualche forma di leva di massa, aprendo al “modello norvegese”: nel paese nordico i maggiorenni vengono convocati da un apposito ufficio e sottoposti ad una sorta di test psico-attitudinale al termine del quale viene proposto l’arruolamento solo ai più “motivati”. Il punto è che la società tedesca è mutata profondamente dagli anni della Guerra Fredda: oggi non solo si porrebbe il problema di estendere la chiamata alle donne, ma anche quello di coinvolgere centinaia di migliaia di “nuovi tedeschi” sulla cui fedeltà alla bandiera e tutto il resto non potrebbe garantire nessuno (ma è chiaro che si tratta di un argomento tabù). E così, il rischio pare scongiurato, e a morire nel Bassopiano Sarmatico, qualora le cose volgessero al peggio, andranno solo i “professionisti” con lauti stipendi. Leva obbligatoria o no, ad ogni modo, pure nell’epoca delle guerre virtuali c’è bisogno di carne da cannone. Se ne riparlerà anche in Italia, dove diversi sostenitori del ripristino della naja si annidano nella maggioranza di governo.
GR
Lascia un commento