Giuseppe Russo
Avanti.it
In una di quelle diatribe di cui è piena la storia (ora tragica, ora comica, ora paradossale) degli eredi, a diverso titolo, del comunismo italiano, è capitato che Marco Rizzo si ritrovasse espulso, via Facebook, dal Partito Comunista, di cui è fondatore, segretario e lider maximo. La “ribelle” federazione milanese aveva infatti pubblicato un post sulla sua pagina social in cui si menavano fendenti contro il segretario, reo di aver violato le disposizioni del terzo congresso e di essersi posto “fuori dalla corretta dialettica del centralismo democratico”, disponendone una plateale espulsione per indegnità politica. L’iniziativa, per la quale si era parlato in un primo momento di “hackeraggio” della pagina della discordia, è stata poi derubricata ad un gesto da “bontemponi”, prima che lo stesso Rizzo definisse la vicenda “un episodio di disobbedienza Facebook”, categoria che aggiorna il catalogo di revisioni e deviazioni che caratterizzano le storie di tutti i comunismi.
Oggetto del contendere, al di là della disfida in punta di dialettica novecentesca, la politica di alleanze portata avanti negli ultimi mesi dal dinamico Marco Rizzo. Dopo aver già manifestato, nel corso degli anni, elementi di “alterità” rispetto alla galassia rossastra dalla quale pure scaturisce, il Partito Comunista ha abbracciato con decisione la prospettiva del “sovranismo costituzionale”, partecipando prima ad una serie di manifestazioni contro il Green Pass sui luoghi di lavoro ed animando poi, assieme ad altri movimenti di diversa estrazione, la mobilitazione contro il governo Draghi e contro la guerra in Ucraina dello scorso 18 giugno. In tal senso, Rizzo ha parlato di un “fronte di opposizione” in grado di portare la protesta “nelle istituzioni e nelle piazze”; il nascituro fronte coinvolge formazioni quali Ancora Italia, Alternativa, Riconquistare l’Italia, il neonato Comitato No Draghi, ma punta ad estendersi anche sul versante “destro” dello schieramento “sovranista”, dialogando senza pregiudizi con ex leghisti quali Francesca Donato (già candidata in ottica “frontista” a sindaco di Palermo), con ItalExit di Gianluigi Paragone e persino con il Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi. Tutta questa “disinvoltura” ha prodotto la fronda milanese, culminata poi nella “disobbedienza Facebook”, faccenda che sarebbe rimasta appannaggio di pochi intimi se non fosse successivamente deflagrata nel ginepraio mediatico grazie a Vladimiro Guadagno alias Vladimir Luxuria.
È successo infatti che l’ignar* Luxuria abbia esternato urbi et orbi la sua gioia per l’espulsione di Rizzo, il quale gli ha replicato chiamandolo “Vladimiro”, atto di lesa maestà (pare che l’attore Nicolas Vaporidis avesse rischiato l’eliminazione dall’Isola dei Famosi per essersi rivolto a * dicendo “Caro Vladimir” invece di “Cara Vladi”) che ha innescato la consueta pioggia di aggettivi fangosi a danno di Marco Rizzo, un “compagno che sbaglia” così tanto da meritarsi questa top ten dalla sinistra fucsia e transgenica: “rossobruno”, “omofobo”, “bigotto”, “razzista”, “putiniano”, “destrorso”, “reazionario”, “misogino” e gli immarcescibili “fascista” e “nazista”. La pubblicità derivata da questa “tempesta social” (per la quale Rizzo ha pubblicamente ringraziato Vladimir/Vladimiro) ha indotto le più pensose gazzette ad approfondire il “caso Rizzo”. La sentenza è stata pressoché unanime: il pelato torinese, già noto alle cronache politiche dagli anni ’90 come parlamentare di Rifondazione Comunista di scuola cossuttiana, è diventato un pericoloso “rossobruno” eccetera eccetera. Fra tutti gli articoli scritti sulla scottante questione, spicca per squallore e indecenza quello pubblicato dall’ineffabile Open di Mentana. In esso, pur di dare addosso a Rizzo il fascio e di alimentare la caccia ai fantasmi, si fa addirittura riferimento all’utilizzo di “una terminologia cara all’estrema destra e al fascismo” in merito al post di replica pubblicato su Facebook all’indomani della fittizia espulsione di Rizzo ed avente per titolo “Zecche sulla criniera di un destriero”. Si tratta in realtà di un omaggio a Palmiro Togliatti, che nel 1951, in occasione dell’espulsione dal PCI dei “filojugoslavi” Aldo Cucchi e Valdo Magnani, ebbe a pronunciare parole rimaste negli annali della politica: “Due pidocchi possono annodarsi anche nella criniera del più nobile destriero”. Oggi, siamo a ben altro spessore: il linciaggio virtuale a danno del malcapitato Rizzo è culminato nell’aggiornamento fraudolento della pagina Wikipedia a lui dedicata, sulla quale qualche altro “bontempone” ha scritto: “segretario del Partito Comunista; durata mandato: 3 luglio 2009 – 5 luglio 2022; successore: Matteo Salvini”.
Il Partito Comunista nasce nel 2009 con il nome di “Comunisti – Sinistra Popolare”, dopo l’allontanamento di Rizzo dal Partito dei Comunisti Italiani, la forza politica nata come scissione “di destra” di Rifondazione Comunista per sostenere il governo D’Alema nel 1998, dopo che Bertinotti aveva ritirato il sostegno al governo Prodi. La fisionomia assunta dal partito, tirato su a immagine e somiglianza di Marco Rizzo, lo ha portato ad occupare una nicchia a sé stante nel variegato panorama di micro e pseudopartiti che rivendicano l’eredità del comunismo in Italia. Da un lato, il culto del “socialismo reale” non si limita all’ambito liturgico-nostalgico, ma si articola in una rete di relazioni internazionali con i regimi che a quell’esperienza ancor oggi si richiamano (Cuba, Corea del Nord, Vietnam, la stessa Cina) e con i partiti europei che sono rimasti ancorati all’ortodossia “sovietista”, su tutti il Partito Comunista Greco, assieme al quale il PC rizziano ha dato vita alla “Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa”, una “piccola internazionale” del comunismo euroscettico. Dall’altro lato, il partito di Rizzo ha marcato subito le distanze dalla “sinistra” delle abiure e degli arcobaleni, rifiutando il coinvolgimento nei vari carrozzoni elettoralistici ed abbracciando posizioni “eretiche” sull’Unione Europea, sull’Euro, sulle politiche migratorie, sulla tutela della piccola e media impresa, persino sulla leva militare, mostrando al contempo il suo scetticismo per le lotte che vanno per la maggiore in quell’area politica, come quella per i cosiddetti “diritti LGBTQ”. In estrema sintesi, la proposta politica del Partito Comunista potrebbe esser presentata, al netto delle pur feroci critiche al “Migliore” esternate da Rizzo in qualche occasione, come “Togliattismo del XXI secolo”.
Il processo che ha condotto il PC sulle sponde del “sovranismo” non è stato esente da contrordini e convulsioni, con tutto il corredo di scissioni e frazionismi, altra costante delle storie comuniste. Particolarmente degna di nota, restando agli ultimi tempi, la svolta su quella che, oggi, Rizzo definisce “la gestione politica della pandemia”: inizialmente il suo partito si era accodato alle “sinistre” di ogni ordine grado nel fare propria la “narrazione” governativa in tema di lockdown, mascherine e vaccini. A Livorno, i militanti riuniti per celebrare il centenario della fondazione del PCI erano “militarmente” mascherati, e lo stesso segretario presenziava alle iniziative pubbliche ostentando i dispositivi a norma di “legge” come tutti i suoi sinistri omologhi. Fece scalpore la tragedia che colpì il partito nell’imminenza delle elezioni comunali romane dell’anno scorso, quando morì il suo candidato, il medico Claudio Puoti, che aveva pubblicato alcuni post di sostegno alla campagna vaccinale del governo.
Quando dilaga poi nelle piazze il movimento contro il Green Pass, la posizione di Rizzo cambia: il partito inizia a partecipare alle manifestazioni ed a coltivare senza imbarazzi quelle “relazioni pericolose” che gli varranno l’accusa di “rossobrunismo”. Oggi, mentre monta nel paese la battaglia contro la NATO, antico cavallo di battaglia del suo partito, Marco Rizzo è accreditato come uno dei principali leader dell’opposizione “sovranista”, e la sua popolarità va ben oltre gli angusti confini della “sinistra”: sposando anche la causa dei tassisti (cioè di una categoria da sempre considerata “di destra”) in rivolta contro Uber e contro Draghi, Rizzo mostra la sua vocazione “populista”, allontanandosi anni luce dalla retorica della “lotta di classe”. Rizzo ha esperienza, fiuto, spregiudicatezza: ha alle spalle l’investitura a delfino di Armando Cossutta, dieci anni di Camera dei Deputati (con sostegno al governo D’Alema che bombardò Belgrado per conto della NATO) e cinque di Europarlamento, eppure è stato in grado di ricostruirsi una verginità e di proiettare la sua creatura fuori dai recinti della pura nostalgia e delle battaglie di testimonianza che caratterizzano gli altri micropartiti comunisti. Egli è uno dei pochi politici attuali che avrebbero fatto la loro figura pure all’epoca della Prima Repubblica. Il coraggio non gli manca: imboccando il sentiero del “sovranismo”, si è bruciato tutti i ponti alle spalle. Basta questo a renderlo simpatico.
Koel dice
Ahahah meraviglioso articolo. Amo Rizzo, da destra, ovviamente. Ma che importanza ha il “lato”? Sarò al suo fianco sciabola in pugno e se Valdimiro se ne sta a casa a pittarsi le unghie, beh peggio per lei/lui/altro ed eventuale. Daje!
Gianco Ferreri dice
Con Rizzo da sempre, ridendo in faccia a chi mi considera un fascista! Era dai tempi del pdup e di Lucio Magri che non sentivo di essere rappresentato da un politico…
Chesko dice
😄😄😄😄 la definizione di “rossobrunismo” è fantastica.
Adesso ho capito dove collocarmi, a 54 anni. Meglio tardi che mai
Tony dice
Viva il rossobrunismo!!!
Vittorio dice
… è un po’ che dico che la Meloni dice cose di Sinistra… era ora che Rizzo dicesse cose di Destra….ahahahahahahah !
e poi in fondo il rosso bruno è un bel colore … è granata come lo è il buon Rizzo tifoso del Toro… bravo Marco !
Mario dice
Pur essendo un critico di quell’ ideologia farlocca e fallita, quella comunista, ho simpatia per la persona e per le sue iniziative. Uno dei pochi comunisti ed ex con cui vale compiere azioni in comune. Unico neo il suo appoggio al bombardamento di D’Alema