Dopo le elezioni di medio termine tenutesi negli Stati Uniti, il 118° Congresso si è riunito ieri per la prima volta per votare il nuovo Presidente della Camera (Speaker) che prenderà il posto di Nancy Pelosi.
Le elezioni svoltesi a dicembre hanno sancito la vittoria dei Repubblicani alla Camera che guidati da Kevin McCarthy hanno ottenuto 222 seggi con il 50.6% dei voti, mentre i Democratici guidati da Nancy Pelosi hanno ottenuto 213 seggi con il 47.8% dei voti.
Al Senato invece i Democratici hanno ottenuto la maggioranza di 51 seggi con il 49% mentre i Repubblicani hanno ottenuto 49 seggi con il 49.1%. È interessante notare come al senato i Dem abbiano beneficiato del sistema di voto maggioritario per vincere nonostante i politici di quest’area si siano spesso espressi negativamente su tale sistema di voto dichiarandolo illegittimo quando aveva portato vantaggio ai Repubblicani.
Il leader dei Repubblicani della Camera Kevin McCarthy aveva dichiarato di essere pronto a governare un’Assemblea per fermare l’agenda Biden e chiedere al governo federale di rendere conto del proprio operato grazie alle indagini delle commissioni che d’ora in poi saranno controllate dai Repubblicani. Tuttavia, un piccolo gruppo di conservatori si è rifiutato di appoggiare la sua candidatura, tra cui i membri dell’House Freedom Caucus un gruppo di Repubblicani più radicali.
I motivi per cui costoro si oppongono alla candidatura di McCarthy sono diversi, per esempio uno scandalo relativo ad una telefonata resa nota dalla MSNBC nella quale sosteneva la necessità di rimuovere gli account Twitter di coloro che protestavano per il furto delle elezioni del 2020, e inoltre dichiarò che avrebbe parlato con Trump per incoraggiarlo a dimettersi.
Così ieri sera si è votato per lo Speaker della Camera, e McCarthy ha ottenuto solo 203 voti, non raggiungendo il quorum necessario di 218 voti. I Repubblicani possiedono in totale 222 seggi ma diciannove deputati si sono rifiutati di votare per lui, e hanno votato altri candidati minori, mentre i 212 dem hanno votato compatti per il loro candidato Hakim Jeffries.
Così per la prima volta in cento anni, cioè dal 1923, la camera non è riuscita ad eleggere un Presidente al primo turno. Si è ricorso così ad un secondo scrutinio che ha visto i diciannove dissidenti coalizzarsi sul candidato Jim Jordan, membro proprio dell’House Freedom Caucus. L’ostruzionismo dei ribelli Repubblicani sta riuscendo a paralizzare la situazione e al terzo scrutinio hanno portato un altro parlamentare a schierarsi con Jim Jordan, che è arrivato a venti voti mentre McCarthy è sceso a 202. Dunque, la giornata di ieri è terminata senza eleggere nessun Presidente, oggi dovrebbero continuare ripetendo altri scrutini.
Adesso si starebbe aprendo addirittura la possibilità di un nuovo scenario di una maggioranza di coalizione in cui i dem appoggerebbero una fazione di Repubblicani più moderati, chiedendo che in cambio la nuova maggioranza non emetta mandati di comparizione nei confronti di Biden e della sua famiglia. Si tratterebbe di uno scenario grave che minerebbe la credibilità del sistema democratico.
Dopo le accuse di brogli elettorali nelle elezioni del 2020, notiamo come ormai i nuovi sistemi di voto come il voto per posta e il conteggio elettronico, a proposito del quale va ricordato lo scandalo del software Dominion che aveva portato diversi tribunali americani ad aprire indagini riguardo a spostamenti di voti da Trump a Biden, ha fatto arretrare la stabilità della democrazia americana portandola al livello di paesi in via di sviluppo, dove all’ordine del giorno possono avvenire brogli elettorali, colpi di stato o irregolarità di vario tipo, e dove la stabilità e la credibilità della democrazia sono messe fortemente in discussione.
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