Gli Stati Uniti sono il paese dove il woke e la giustizia climatica sono più all’avanguardia, e il dibattito sul controllo sociale assunto dalle grandi corporation attraverso l’individuazione di parametri etici da applicare all’industria e alla finanza ha accentuato la radicalizzazione ideologica e politica dello scontro tra democratici e repubblicani. I parametri etici sono stati individuati nei criteri d’investimento ESG (“Environmental, Social and corporate Governance”) che, nati per cercare di orientare gli investitori verso aziende che prediligessero le energie rinnovabili, politiche di tutela dei lavoratori e lontane da grane giudiziarie, hanno allargato il loro campo d’azione a escludere le aziende che utilizzano combustibili fossili, la produzione di armi, gli stati definiti “autocratici” – in primis, indovinate un po’?, la Russia – assegnando a ciascun’azienda un “indice di sostenibilità” che ne definisce l’adeguatezza rispetto a questi parametri e dunque la maggiore o minore appetibilità finanziaria. La cosa più inquietante è che questo indice è che la sua applicazione sconfina nel controllo sociale, essendo già applicato nelle carte di credito che utilizzano l’algoritmo “personal carbon allowance” – sperimentato in Canada, Nuova Zelanda, Germania, Svezia e Italia – per creare assegnare a ciascun consumatore una “impronta di carbonio” che definisce quanto egli sia inquinante o meno, e che potrebbe in futuro definire i parametri per l’accesso ai diritti civili, un vero e proprio green pass climatico. A Wall Street il paladino degli ESG è BlackRock – il fondo d’investimento più grande al mondo con il quale la mafia globalista controlla i principali asset del mondo occidentale – che ha avviato dal 2020 il greenwashing di un gran numero di aziende controllate, rifiutandosi tuttavia di cedere i suoi asset più inquinanti legati al petrolio. Già il governo Trump aveva legiferato per obbligare gli investitori a utilizzare parametri esclusivamente monetari nelle loro scelte, ma Biden ha ripristinato gli ESG portando gli stati repubblicani – preoccupati soprattutto per petrolio e armi – a contrastarli a livello locale: a ottobre diciannove procuratori generali hanno annunciato un’indagine sulle sei maggiori banche statunitensi per aver aderito a una coalizione delle Nazioni Unite i cui membri si impegnano ad allineare i loro finanziamenti agli obiettivi di zero emissioni, affermando che potrebbero violare le leggi sulla protezione dei consumatori; nello stesso mese il Missouri e la Louisiana hanno ritirato più di 1,3 miliardi di dollari di fondi statali da BlackRock. Oggi è stato il turno della Florida, il cui Direttore generale del tesoro Jimmy Patronis ha affermato che toglierà al fondo gestionale gestito da Larry Fink beni dello stato per 2 miliardi di dollari, che affiderà ad altri entro gennaio dell’anno prossimo. Proprio nel 2023, l’anno in cui si insedieranno a Capitol Hill i rappresentanti eletti nelle ultime elezioni di medio termine, guadagnando al Grand Old Party la maggioranza alla camera, i repubblicani annunciano che organizzeranno audizioni parlamentari in cui, secondo Reuters, potrebbero essere interrogati gli amministratori delegati di BlackRock e di altri importanti gestori patrimoniali sulle loro politiche ESG, nonché di fare pressione sulle autorità di regolamentazione affinché le controllino. Ma tutto questo è davvero poca roba, considerato che ad oggi BlackRock gestisce 10mila miliardi di azioni in tutto il mondo. Molto probabilmente, questa mossa servirà più a Ron DeSantis, governatore della Florida assurto dopo la ri-elezione a concorrente di Trump alla guida del partito, per accreditarsi come uomo anti-sistema.
MDM
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