I politici sorridono. Sorridono sempre, sorridono comunque, sorridono fino a un attimo prima della fine. L’ultima, significativa rappresentazione di questa allegria della “classe dirigente” è quella degli scatti che ritraggono gli aspiranti segretari del PD. Ce n’è una in cui Bonaccini e la Schlein, fianco a fianco, mostrano tutta la dentatura: pare che si stiano divertendo un mondo. In un’altra serie di istantanee, ai due si affianca la terza contendente, la piacentina Paola De Micheli, e i sorrisi si fanno asimmetrici: nella prima di esse, la stessa De Micheli resta fregata e immortalata in un’espressione da vecchia zia acida, nella seconda è la Schlein a pietrificarsi in una posa in cui non si vedono i dentoni, nella terza il sorriso d’ordinanza viene meno al cinghialotto Bonaccini. Ancor più eloquenti le foto che ritraggono il governatore emiliano con la vice che si è scelto per la corsa alla segreteria, quella Pina Picierno nota per la sua devozione a Ciriaco De Mita, con quest’ultima che ride in modo così sguaiato da lasciare interdetto pure lo stesso Bonaccini. E dire che non è stato sempre così, anzi: senza andare troppo a ritroso nel tempo, i politici della Prima Repubblica erano soliti farsi ritrarre con espressioni compunte, o al massimo con un sorriso appena abbozzato. La politica era considerata una cosa seria, e chi si fosse mostrato incline al riso ed alla frivolezza avrebbe fatto una pessima impressione davanti agli elettori. Le cose iniziarono a prendere un’altra piega nei fatidici anni ’80, quando tutta la società andò vorticosamente americanizzandosi: fu allora che le “questioni di immagine” presero il sopravvento rispetto alla sostanza dei messaggi politici, costringendo tutti ad adeguarsi al nuovo andazzo dopo che i socialisti di Craxi avevano fatto da apripista. E così, fu tutto un proliferare di faccioni e dentoni: ogni candidato alle cariche pubbliche doveva mostrarsi come uno che stava bene al mondo, così bene che non la smetteva di ridere. Più il sorriso dei politicanti andava allargandosi, più si riduceva il loro potere decisionale, fino a farne meri attori, guitti, prestafaccia e prestanome. Oggi, nell’epoca dei social e dei photoshop, si può ben dire che dietro gli ostentati sorrisi non è rimasto nulla. Gli stessi elettori, ben educati, da un trentennio abbondante di telemunnezza, guarderebbero con estrema diffidenza ad un candidato che desse qualche segno di turbamento e non mostrasse in ogni evenienza i candidi dentoni. E allora, ridiamo tutti assieme a Pina Picierno: questo mondo è meraviglioso.
GR
Andrea dice
Si, ridono tutti… Personalmente, ricordo Claudio Signorile, quello della “sinistra ferroviaria”, cioè delle “mance”, altresì dette “tangenti”, sulle forniture alle Ferrovie. Il socialista che scriveva sul “Resto del Carlino” la cronaca della prima provincia bolognese, mi disse che il suo faccione in TV era già una “politica”. Si era agli inizi degli ’80. Poi, Signorile si riscatto sul “caso Moro”, essendo un “trattativista”. È la TV che ha ridotto al sorriso i politici. Da un lato si fomenta la paura, e dall’altro c’è il sorriso. È molto interessante, perché, appunto, è una linea politica.