Il Sudafrica è, ormai da anni, sull’orlo del collasso. Manca la corrente in tutta la nazione, e i blackout ormai continui aumentano il rischio di insurrezioni in quello che è uno dei paesi più violenti del mondo. Terzo paese al mondo per tasso di criminalità, soprattutto nelle grandi città, secondo i dati di World Population Review, Capetown vive sin dalla fine dell’apartheid nel 1991 un’impennata della violenza, dovuta soprattutto alla rivalsa della popolazione nera – cui la fine della segregazione e i successivi governi presieduti da attivisti neri non hanno dato alcuna opportunità di emancipazione che differisca dai sussidi statali – contro i ricchi agricoltori boeri, e gli assalti alle fattorie degli afrikaaner da parte di orde di diseredati, spesso con massacri e torture dei proprietari bianchi, così come il saccheggio di negozi e centri commerciali, sono all’ordine del giorno da trent’anni, tanto che ad oggi Julius Malema, leader fondatore degli Economic Freedom Fighters – partito nato nel 2013 che, richiamandosi nominalmente al comunismo (tutti i suoi membri indossano divise rosse), sostiene la riappropriazione da parte delle masse nere di tutte le terre ancora in mano ai boeri, che sono ad oggi più del 60% del suolo coltivabile – può cantare apertamente “Kill the Boer! Kill the farmer!” (“Ammazza il boero! ammazza il fattore!”) in piazza insieme a migliaia di sostenitori senza subire alcuna conseguenza, in quanto la Corte di eguaglianza di Johannesburg ha decretato ad agosto del 2020 che inneggiare alla morte di un altro gruppo etnico non è linguaggio d’odio. Gli afrikaaner più lungimiranti hanno già abbandonato il paese da anni, mentre quelli che sono rimasti attendono la confisca del proprio terreno promessa dal governo di Cyril Ramaphosa e si trovano impossibilitati a venderlo, in quanto non esistono acquirenti neri – che le riceverebbero comunque gratis dopo la confisca – e nessun bianco si azzarderebbe a comprare ettari nel paese. Ma i neri non se la passano meglio: la violenza diffusa non è solo razziale, è dovuta alla povertà estrema in cui riversano circa i tre quarti della popolazione, che vive in enormi baraccopoli a ridosso delle grandi città. Durante la pseudo-pandemia c’è stata una vera e propria rivolta della popolazione nera, soprattutto nel nord-est del paese, nelle aree di Pretoria e Johannesburg, dove saccheggi, massacri e razzie alle fattorie avvenivano ogni giorno. A questo si aggiunge l’endemica crisi energetica che affligge il paese dal 2007, in quanto la domanda di energia elettrica supera significativamente l’offerta che lo stato riesce a soddisfare.
I vari governi che si sono succeduti dopo la fine dell’apartheid sono i principali responsabili di questa situazione, in quanto sono sempre stati fantocci dei cartelli plutocratici sionisti, di cui hanno essenzialmente fatto gli interessi, arricchendosi smisuratamente grazie alla corruzione sulle spalle della popolazione.
La prova schiacciante è arrivata lunedì scorso, quando Andre De Ruyter, capo dimissionario della Eskom, azienda nazionale per la produzione e distribuzione di energia, ha vuotato il sacco. In una lunga intervista all’emittente locale ETV, De Ruyter ha detto che i continui blackout che affliggono la popolazione sudafricana hanno un’unica ragione: la corruzione endemica del governo. Ogni mese viene rubato un miliardo di rand (50 milioni di dollari) da Eskom e l’azienda è attualmente indebitata per 423 miliardi di rand (22 miliardi di dollari), trovandosi così impossibilitata alla costruzione di nuove centrali elettriche – problema che, tra l’altro si era posto la prima volta nel lontano 1998, e non è mai stato risolto. La stragrande maggioranza del carbone, ha continuato De Ruyter, viene estratto a nord-est nella provincia di Mpumalanga, dove operano quattro cartelli criminali con un proprio esercito privato di una settantina di uomini “altamente addestrati e ben armati”, che ammazzano chiunque si opponga a questo sistema di corruzione e pagano i dipendenti di Eskom per sabotare i macchinari quando questo fa comodo ai propri interessi speculativi. I cartelli criminali lavorano soprattutto per il partito al governo, l’African National Congress di Cyril Ramaphosa, che in questo momento stanno intascando cifre blu dai finanziamenti internazionali (8,5 miliardi di dollari) per la transizione energetica, che secondo De Ruyter “è osteggiata con tanta foga e veemenza” proprio perché ormai il sistema di corruzione legato alla catena di produzione e distribuzione dell’energia è storicamente radicato tanto da essere intoccabile. Da giochetti come la levitazione arbitraria dei prezzi del gasolio per accaparrarsi denaro pubblico e il furto di carbone di buona qualità estratto in Sudafrica per rivenderlo e sostituirlo con rocce comuni, viene ‘oliata’ economicamente tutta una serie di funzionari che va dai poliziotti locali ai politici al governo. Quando ha provato a intervenire su questo sistema, De Ruyter è stato attaccato duramente da esponenti del governo, su tutti il ministro dell’energia Gwede Mantashe che a dicembre scorso affermò che la sua azione anti-corruzione aveva lo scopo di “agitare attivamente per il rovesciamento dello stato” e lo accusò di essere il responsabile dei “tagli di carico” che causavano i blackout (programmati in realtà ben prima che egli diventasse capo dell’Eskom a dicembre 2019). Cinque giorni dopo, poiché l’uscita di Mantashe era seguita a una serie di minacce e pedinamenti e si era trovato una microspia nell’auto, De Ruyter diede le dimissioni e lo stesso giorno, poco prima di darne l’annuncio ufficiale, si accorse che la sua tazza di caffè era stata corretta con una miscela di cianuro e veleno per topi. La crisi energetica del Sudafrica è quindi dovuta a corruzione, furti di materiale e sabotaggi interni e le rivelazioni di De Ruyter probabilmente gli costeranno care. La politica sudafricna, che asseconda corruzione e violenza interna, sembra votata alla distruzione del proprio stesso paese, e chi voglia comprendere il perché si vada a cercare le ingerenze di Soros e compagni nel paese dalla fine dell’apartheid.
MDM
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