
Marco Di Mauro
Avanti.it
È stata tua la colpa, e allora adesso che vuoi… sei diventato proprio come uno di noi cantava Edoardo Bennato al suo Pinocchio in un disco che ha fatto la storia del rock italiano (oggi rappresentato da pagliacci che fanno i queer a cottimo) e la stessa frase vale per il mondo del giornalismo su carta nella colonia provinciale dell’impero anglo-sionista che è diventata il nostro Malpaese: i quotidiani italiani, dopo il picco di letture raggiunto all’inizio degli anni Novanta, hanno vissuto un declino reso inarrestabile dalla scelta degli editori di non puntare sul cartaceo, ma di uniformarlo nei contenuti e nel tono ai media di ultima generazione, rendendosi immediatamente vassalli prima delle televisioni e poi di internet. Il trend negativo riguarda infatti tutto il mondo occidentale, ma se le grandi testate anglosassoni come il Guardian e il New York Times hanno puntato a una specializzazione del cartaceo – cui veniva riservata una maggior cura e dato un piglio saggistico – mentre sulla versione web si sperimentavano adattamenti ai nuovi linguaggi, in Italia non si faceva una netta distinzione tra cartaceo e digitale, lasciando il primo agli irriducibili aficionados e il secondo – per quei pochi che non vi trasferivano semplicemente gli articoli del cartaceo rendendolo semplicemente un supporto alternativo – diventava una versione multimediale della testata cartacea, con l’unica eccezione del Fatto che ha sviluppato il proprio sito più sul modello anglosassone. Così, il cartaceo è stato semplicemente abbandonato a se stesso, e la crisi nera dell’informazione su carta stampata ha investito anche i giornali che, dietro un velo di propaganda necessario alla sopravvivenza, continuavano a portare avanti un giornalismo serio e approfondito, come appunto il Fatto e la Verità.
Le cifre sono spietate: a gennaio di quest’anno rispetto al 2022 le vendite in edicola sono calate del 12%, un vero tonfo che vede in testa i principali apparati della propaganda atlantista e nazisanitaria, come Repubblica che perde 18863 lettori e, insieme con i -10918 de La Stampa e i -3224 de Il Sole 24 Ore mette un timbro sul tracollo del gruppo Gedi e spiega il perché della svendita di gran parte dei quotidiani della famiglia Elkann ad acquirenti locali. Non se la passa meglio il per niente urbano Cairo: il Corriere della Sera si è visto rimandare indietro dal distributore 14834 copie, e anche la Gazzetta ha perso quasi 6mila lettori; cattive acque anche per Caltagirone, i cui rotocalchi di regime Il Messaggero e Il Mattino perdono rispettivamente 6349 e 1646 lettori, mentre non se la passa troppo male lo squalo Angelucci, il cui Libero è l’unico quotidiano, insieme a Italia Oggi di Erinne srl, ad aver riscontrato un aumento, seppur blando, delle copie vendute, sorte non toccata ai suoi nuovi acquisti, Il Giornale (-4065) e, sebbene non sia ancora stata data conferma della vendita da Belpietro, La Verità (-4416); caduta libera anche per le testate di Andrea Riffeser Monti, presidente della FIEG, con le evidenti perdite de La Nazione (-5810) e Il Resto del Carlino (-7527); continua anche il trend negativo del Fatto Quotidiano che perde 2497 lettori. Ma, stando ai dati, non c’è niente di cui stupirsi, in quanto i quotidiani italiani sono in perdita costante di lettori, con una media che negli ultimi anni ha sempre sfiorato il 10% – quest’anno addirittura superato – arrivando ormai a lambire il milione di lettori totale, e se continua così l’anno prossimo saranno sotto.
Il motivo principale di questo tracollo è che la carta stampata ha scelto per la massima parte di fare da megafono alla propaganda di regime, ha scelto di modellare la propria comunicazione su quella digitale, arrivando a riproporre sulla carta, a pagamento, lo stesso clickbait che su internet si trova gratuitamente. Per questo il pubblico con una maggiore preparazione in materia politica, economica e sociologica sta fuggendo, nauseato, le edicole, mentre il pubblico nazionalpopolare viene adescato dai pifferi colorati e luminosi di quella che è la nuova frontiera dell’informazione: la spamformazione da social, molto più vantaggiosa per i padroni globalisti in quanto è controllabile mediante algoritmi, prescinde da qualunque approfondimento critico e soprattutto ha già dato i suoi frutti succulenti nel plasmare l’opinione pubblica a piacimento dei signorotti transnazionali che controllano i nostri governi coi loro capitali.
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