Giorgia Audiello
Avanti.it
Le origini del coronavirus sono avvolte da un fitto alone di mistero e il dibattito tra origine naturale o artificiale del virus va avanti sin dall’inizio della pandemia, quando chiunque osasse anche solo ipotizzare la fuga dell’agente patogeno da laboratori di massima sicurezza era tacciato dai media e dall’opinione pubblica di complottismo. Tuttavia, dopo una serie di tesi a favore dell’origine artificiale del patogeno sempre parzialmente smentite, ora l’ipotesi dell’ingegnerizzazione del virus e di una sua fuga dai laboratori non pare più essere così inverosimile: il dipartimento dell’energia statunitense, infatti, ha identificato l’istituto di virologia di Wuhan come probabile fonte del coronavirus, smentendo, dunque, la teoria del passaggio di specie avvenuto in un mercato della cittadina cinese dove ha sede il laboratorio. La conclusione del dipartimento in questione è ritenuta particolarmente autorevole, in quanto «l’agenzia ha una notevole esperienza scientifica e sovrintende a una rete nazionale di laboratori statunitensi, alcuni dei quali conducono ricerche biologiche avanzate», secondo quanto riferito dal Wall Sreet Journal (WSJ), il primo a divulgare la notizia.
La tesi del dipartimento dell’energia – inizialmente indeciso sulle origini del Covid-19 – è annotata in un aggiornamento a un documento del 2021 dell’ufficio del direttore dell’intelligence nazionale Avril Haines. Con questa posizione, il dipartimento in questione – che costituisce una delle diciotto agenzie governative che compongono la comunità dei servizi segreti americani – si unisce all’FBI (Federal Bureau of Investigation) che era giunta alla medesima conclusione già nel 2021. Nelle sue ricerche, l’FBI ha impiegato un gruppo di microbiologi, immunologi e scienziati con il supporto del National Bioforensic Analysis Center, istituito nel 2004 per analizzare l’antrace e altre possibili minacce biologiche.
Il report del dipartimento americano evidenzia come la comunità dell’intelligence statunitense sia spaccata al suo interno sulle origini del virus: altre quattro agenzie, infatti, pensano ancora che il patogeno sia il risultato di una trasmissione naturale, mentre altre due non si sono espresse e restano indecise al riguardo. La stessa CIA (Central Intelligence Agency) e un’altra agenzia anonima sono indecise tra le teorie della fuga dal laboratorio e quella dell’origine “naturale”. La spaccatura all’interno dell’intelligence si riflette anche nel governo americano dove non c’è unanimità sulla questione: il giorno dopo la divulgazione del report del dipartimento, infatti, la Casa Bianca ha fatto sapere che non c’è unanimità all’interno dell’amministrazione Biden e il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, ha detto che Biden è determinato a scoprire le origini del Covid, ma al momento non vi è alcuna certezza all’interno del governo.
L’aggiornamento, che consta di meno di cinque pagine, non è stato richiesto dal Congresso: tuttavia, i legislatori, in particolare i repubblicani della Camera e del Senato, stanno facendo pressioni sull’amministrazione Biden e sull’intelligence per ulteriori informazioni, mentre conducono le loro indagini sulle origini della pandemia. Inoltre, mentre la comunità dell’intelligence è divisa circa la fonte da cui è scaturito il patogeno, ci sarebbe concordanza – sempre secondo quanto riferisce il WSJ – sul fatto che il Covid-19 non è il risultato di un programma cinese di armi biologiche. Nonostante ciò, la teoria sulla fuga del Covid dal laboratorio di Wuhan ha ulteriormente inasprito le relazioni diplomatiche tra Russia e Cina, già tese per via della situazione internazionale. In particolare, la Cina accusa gli Stati Uniti di strumentalizzare in chiave politica la questione delle origini del patogeno per calunniare Pechino e demonizzarla di fronte alla società americana e all’opinione pubblica internazionale. Un articolo del giornale di stato cinese, Global Times (GT), infatti, non manca di rilevare come la divulgazione del report del dipartimento americano arrivi a pochi giorni di distanza dall’incidente sugli “oggetti volanti non identificati” e dall’accusa americana sul fatto che la Cina sarebbe intenzionata a fornire armi letali alla Russia. «Negli ultimi due anni, la questione dell’origine del virus è stata utilizzata dai politici statunitensi come uno strumento politico onnipotente che può essere sollevato in qualsiasi momento per disgustare le persone a causa della sua natura non verificabile e difficile da confutare», si legge nell’articolo, in cui si aggiunge anche che «gli Stati Uniti semplicemente non sono qualificati per eseguire da soli la ricerca delle origini». L’articolista di GT invita quindi gli Stati Uniti ad «aprire i loro sospetti laboratori biologici e invitare autorevoli esperti internazionali a indagare».
Le due nazioni, dunque, si accusano reciprocamente, ma nessuna delle due esclude completamente l’ipotesi dell’origine artificiale del patogeno, essendo troppo estesa la diffusione di laboratori biologici nella maggior parte degli Stati del mondo. Tuttavia, in base a documenti rilasciati grazie al FOIA (Freedom of Information Act), si sa che gli Stati Uniti hanno finanziato diversi tipi di coronavirus presso l’Istituto di virologia di Wuhan in Cina. The Intercept ha ottenuto più di 900 pagine di documenti che descrivono in dettaglio il lavoro di EcoHealth Alliance, un’organizzazione sanitaria con sede negli Stati Uniti che ha utilizzato denaro federale per finanziare la ricerca sul coronavirus dei pipistrelli presso il laboratorio cinese.
Non è inverosimile, dunque, che – come sostiene il dipartimento dell’energia statunitense – il virus sia uscito dal laboratorio della città cinese. Non però senza la complicità e il diretto coinvolgimento degli USA. Sebbene non sia ancora possibile giungere ad una conclusione definitiva su una delle vicende più misteriose e importanti del secolo, si sa che sicuramente le indagini sul caso – lungi dall’essere concluse – potrebbero essere appena cominciate e vedono coinvolti a pieno titolo anche gli Stati Uniti.
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