Marco Di Mauro
Avanti.it
Novembre dell’anno scorso è stato forse il picco a livello europeo delle proteste contro le misure restrittive pseudo-sanitarie. Parigi, Londra e Berlino videro i cortei superare il milione di partecipanti, così i vari governi si videro costretti a calare la carta della repressione poliziesca, con la quale tennero a bada i bollenti spiriti del dissenso popolare. In alcuni casi non ci fu il bisogno di calcare la mano, come in Germania e Regno Unito, nel primo caso perché la quiete arrivò presto, nel secondo invece mai, tanto da portare il governo di BoJo ad allentare tutte le restrizioni prima di tutti. In altri casi, invece, la repressione fu particolarmente brutale: innanzitutto la Francia, dove la sbirraglia macronista ha utilizzato tutte le armi possibili per tenere a bada l’indomito popolo dei gilets jaunes, compresi mezzi corazzati e granate stordenti, senza ovviamente lesinare i proiettili veri; c’è stato poi un altro paese che ha impresso nella storia, in quell’occasione, atti di repressione brutali e antidemocratici, al punto da far divenire virale l’immagine di un dito mozzato lasciato sulla strada in un pozzetto di sangue. Siamo a Rotterdam il 19 novembre 2021, e quel dito è stato staccato da un colpo di pistola sparato ad altezza uomo, non l’unico di quei giorni, da parte della polizia, che fece in quell’occasione tre feriti da arma da fuoco e 51 arresti, dopo che la popolazione si era ribellata in massa al secondo round di restrizioni. La protesta dilagò presto in tutto il paese: all’Aia furono feriti cinque poliziotti, scontri anche a Urk e nella provincia meridionale di Limburg i cittadini fecero irruzione durante partite di calcio a porte chiuse in ben due occasioni. Tutto questo non è servito a molto all’epoca, ma è utile nel nostro caso per far comprendere il carattere degli olandesi, che condividono con gli altri popoli europei il giogo dei tecnici dell’UE, l’organismo sovranazionale che ha come obiettivo principale la sottomissione delle economie locali europee al mercato dei grandi capitali. In questo senso un’arma davvero letale è l’entrata in costituzione delle norme ambientali e a tutela degli animali: un vero e proprio panzer contro i produttori locali di carne, latte e ortofrutta che mira a distruggere tutte le attività calandovi la scure dell’ambientalismo, giustizia climatica, tutela degli animali.
A inizio estate di quest’anno, gli olandesi si sono trovati ad affrontare qualcosa di ben più grave del regime sanitario a cui si erano tristemente abituati: “Lo Stato dei Paesi Bassi è in guerra con la Repubblica degli agricoltori. È stato dichiarato lo stato d’assedio per portarci via la terra e le proprietà”, ha dichiarato Bart Kemp, leader dell’organizzazione Agractie, in apertura della grande manifestazione tenutasi il 22 giugno a Stroe con decine di migliaia di allevatori e agricoltori. Questa è stata soltanto l’inizio di un movimento che fin da subito ha paralizzato l’intera nazione: nello stesso giorno, sulla A7 nei pressi di Drachten circa sessanta trattori hanno aggirato un blocco di polizia e camminato contromano fino alla N344 vicino a Stroe. Dopo la protesta, le autostrade sono state ancora bloccate in diversi punti: sulla A6 nei pressi di Emmeloord, nel Noordoostpolder, e sulla A12, vicino a Ede, dove si è verificata una collisione tra un trattore e un camion, riducendo in gravi condizioni gli occupanti del trattore. La A12 era già molto trafficata, a causa della chiusura della A1 vicino a Stroe da parte del Dipartimento del traffico nella speranza che il traffico si disperdesse.
Da Stroe, la protesta si è diffusa a macchia d’olio fino a raggiungere la A1, al congine con la Germania, dove i contadini e allevatori olandesi hanno trovato sostegno e solidarietà da parte dei tedeschi, che non solo hanno iniziato a pattugliare insieme a loro l’importante arteria autostradale di confine, ma sono funti da esempio anche per i propri connazionali, che proprio oggi hanno iniziato a manifestare contro il caro vita e l’imminente crisi alimentare.
Le proteste degli agricoltori hanno origine da una sentenza del Consiglio di Stato che nel 2019 bocciò il programma olandese per la riduzione dell’azoto in quanto in conflitto con le norme europee sulla protezione della natura. Così, oggi centinaia di permessi già concessi sono stati messi in discussione, soprattutto nel settore dell’allevamento.
Per rispettare l’assurda sentenza del Consiglio di stato è necessario ridurre le emissioni di azoto fino al 70-80%. Sebbene la legge specifichi che la riduzione dell’azoto debba essere distribuita su tutti i settori che lo producono, arriva – guarda caso… – un documento dell’Ufficio di Statistica ad asserire senza ombra di dubbio che circa l’87% delle emissioni di ammoniaca viene rilasciato dagli stabilimenti di bestiame, ovvero dalle feci delle mucche. È anche su questo che gli agricoltori battagliano: possibile che per risanare l’ambiente sia necessario chiudere gli allevamenti e non le aziende petrol-chimiche?
Certo che lo è, risponde zio Schwab. Perché le politiche green con l’ambiente non hanno niente da spartire: ci avevano già provato in Spagna questo febbraio, quando il governo vietò agli allevatori di suini di tenere il bestiame nei propri stabilimenti, in quanto troppo vicini alla città e questi di tutta risposta occuparono il municipio di Lorca. Poco prima, anche gli allevatori bretoni avevano lottato senza quartiere contro la grande distribuzione che li stava rovinando, bloccando i grandi supermercati e centri di distribuzione. Grosso modo è la stessa strategia degli olandesi, che però la stanno portando avanti in maniera più partecipata, organizzata e capillare: nella più parte del paese ormai i prodotti freschi non si trovano più, e i grandi centri di distribuzione Jumbo, Aldi e Lidl non possono ricevere né inviare merci. Il 2 luglio la catena di supermercati Albert Heijn ha informato i clienti che gli ordini per la consegna a domicilio dei generi alimentari sono stati annullati a causa dei blocchi a Oosterhout e Utrecht e che oltre a questi servizi sono stati bloccati anche i centri di distribuzione di Zwolle, Geldermalsen e Zaandam. Interpellata, la portavoce Pauline van den Brandhof ha dichiarato: “Da parte nostra abbiamo fatto tutto il possibile per assicurarci di mantenere i bei prodotti – e certamente quelli di agricoltori e coltivatori – sugli scaffali per i clienti. La catena di supermercati spera che le parti si siedano presto di nuovo insieme per raggiungere accordi praticabili.”
I blocchi tuttavia si mantengono fluidi, poiché gli olandesi conoscono la loro polizia e non cercano mai lo scontro diretto: quando la tensione sale alle stelle, smobilitano una posizione andando subito a bloccarne un’altra, mentre a Veghel e dintorni, nella provincia di Noord-Brabant, un gruppo di circa cinquanta agricoltori ha giocato “al gatto e al topo” con la polizia, spostandosi continuamente, confondendo le forze dell’ordine intorno all’area del centro di distribuzione Jumbo.
A inizio luglio la protesta raggiunge anche le coste: circa quaranta pescatori bloccano il porto di Lauwersoog, due pescherecci bloccano il porto di Harlingen e viene bloccato il servizio di traghetto per Texel, bloccato secondo il Texelse Courant a Den Helder da diversi trattori e frese parcheggiati nei locali del porto. Il gruppo più attivo dei pescatori si chiama Eendracht maakt Kracht (EMK) e pianifica di estendere le proteste anche a Ijmuiden e Den Helder.
Da qui la protesta diventa stabile e inizia a coinvolgere l’intera nazione, vengono bloccati dai contadini e allevatori i centri di lavorazione rifiuti perché producono azoto, vengono bloccati parchi naturali per protestare contro la politica forestale del paese, che non cura le proprie riserve e poi chiede lo scotto ai contadini. Fino alla settimana scorsa, erano dodici i blocchi attivi in tutto il paese, con la conseguente paralisi dell’economia. In un primo momento, il governo Rutte ha cercato di affidare il lavoro sporco alla polizia, dando inizio ai primi arresti (una cinquantina) e alla repressione all’olandese. Così, il 5 luglio a Heereenveen una manifestazione è quasi finita in tragedia quando gli agenti iniziano a sparare più colpi contro tre trattori, colpendone uno guidato da Jouke, un ragazzino di 16 anni, che dopo il colpo è stato prelevato dagli agenti e tenuto in custodia per un giorno senza che nessuno sapesse cosa ne fosse stato. Alla fine Jouke è stato rilasciato illeso e la polizia ha cercato di arrestarlo insieme agli altri due che erano con lui, accusandoli di tentato omicidio poiché secondo loro gli sarebbero avanzati contro minacciosamente coi trattori, circostanza tuttavia smentita poi dai fatti, tanto che l’8 luglio sono stati i genitori di Jouke a far causa all’agente che lo aveva quasi ammazzato.
Da qui in poi la polizia ha alzato il tiro, e molti blocchi sono stati sgomberati sotto minaccia di intervento armato, ma la protesta non si è fermata. Alcune province hanno dimostrato solidarietà agli agricoltori, come Zeeland, dove ottanta trattori sono andati sotto il consiglio provinciale a Middelburg dopo che aveva dichiarato apertamente di rifiutare le politiche ambientali del governo “La biodiversità deve migliorare e la natura deve essere ripristinata, come dice il settore stesso, e il modo in cui lo faremo è in stile Zeeland e davvero diverso dalle rigorose proposte dell’Aia.” ha dichiarato il membro dell’esecutivo provinciale Anita Pijpelink. Anche la provincia di Texel ha dato sostegno ai manifestanti seppur in maniera più goliardica, autoproclamandosi repubblica indipendente.
Certo è che la cosiddetta “legge sull’azoto” comincia a incontrare un generale sfavore nei Paesi Bassi; il parlamentare Pieter Omtzigt sostiene che i partiti di governo si comportano come se avessero approvato una legge in Parlamento, mentre sono state inviate solo due lettere politiche – “la lettera di prospettiva (senza prospettiva) e il memorandum (con una mappa senza valore)”. Secondo lui, l’obiettivo di riduzione previsto dalla legge è del 50% e non del 74% e dunque chiede se le province possono essere obbligate a raggiungere obiettivi che non sono previsti dalla legge. Pochi giorni fa il governo ha dato cenni di cedimento, dando a intendere un allentamento delle assurde percentuali di riduzione, poi subito rimangiato. Tuttavia in un tentativo di raffreddare gli animi il premier Rutte e i ministri responsabili, Chritianne van der Wal (Natura e azoto) e Henk Staghouwer (Agricoltura, Natura e Qualità del cibo), hanno annunciato che parleranno con gli agricoltori questa settimana. Preoccupato per l’andamento dei piani di zio Schwab, il commissario europeo per l’agricoltura Janusz Wojciechowski è dovuto recarsi a un incontro col presidente Sjaak van der Tak e altri rappresentanti della LTO (Land- en Tuinbouw Organisatie Nederland organizzazione che controlla tutto il settore agricolo olandese) in merito al disaccordo tra agricoltori e governo sulla politica dell’azoto e alla protesta degli agricoltori. Dice di aver espresso la sua preoccupazione per la situazione e afferma che la esaminerà seriamente. Quello che si capisce è che Bruxelles, così come i suoi maggiordomi al Congresso olandese, non hanno alcuna intenzione di rispondere alle istanze di allevatori, contadini e cittadini solidali.
Per ora dunque la situazione si presenta in una lenta e inesorabile escalation, con le due parti in causa decise a non arretrare, ma di cui una ha il coltello dalla parte del manico e tutto lascia presagire che, esattamente come ha fatto Trudeau in Canada, prima o poi lo userà.
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