Il Consiglio di Stato accoglie parzialmente le richieste dei residenti di alcuni quartieri della città di Sanremo che stanno lottando per bloccare definitivamente l’installazione di due antenne (5G) Iliad per la telefonia mobile nelle loro strade. I giudici amministrativi di secondo grado hanno infatti congelato la sentenza di metà aprile con cui il Tar aveva respinto il ricorso degli abitanti contro la realizzazione degli impianti.
Le stanno provando tutte. Nel loro ricorso hanno messo dentro proprio tutti: Comune, ministeri delle Infrastrutture, della Difesa e delle Imprese, Regione, Provincia, Arpal e ovviamente Iliad. Comune e istituzioni locali che in un primo momento l’avevano spuntata dato che era stato rigettato il ricorso degli abitanti del quartiere con un cavillo. In ogni caso i lavori, al momento, non potranno riprendere. Il Consiglio di Stato ha quindi fissato la discussione nel merito il 28 settembre.
Questa vittoria ha generato fiducia anche nel resto degli abitanti della zona. Le proteste contro le antenne 5G infatti non si fermano. Assieme ai residenti dei primi quartieri hanno preso a lottare anche quelli di altre strade e zone. A Coldirodi, ad esempio, l’annuncio del via libera all’installazione di un impianto ha già mobilitato l’intera frazione.
Le lotte dei cittadini contro il 5G stanno sottolineando nuovamente la pervasività del controllo sociale condotto attraverso questi strumenti. Le denunce segnalano la presenza, in corrispondenza delle installazioni, di strumenti di controllo e sorveglianza. Si tratta di un campo di investimento enorme, appoggiato anche dagli enti locali e nazionali (vedi il progetto di installazione di migliaia di telecamere in Friuli Venezia Giulia).
Le mobilitazioni contro il 5G non sono l’unico fronte di scontro sull’affare frequenze. Tim, Vodafone e Iliad hanno infatti presentato un ricorso alla proroga fino al 2029 dei diritti d’uso sulle bande di frequenza 3.4-3.6 utilizzabili per il 5G in capo a Fastweb, Linkem, Mandarin e Go Internet. Lo hanno fatto perché l’hanno ritenuta illegittima a seguito dell’esborso da 6,5 miliardi per accaparrarsi le frequenze 5G nell’ambito della gara a dispetto dei “soli” 40 milioni costati a Linkem, i 27 costati a Fastweb, i 2.6 costati a Go Internet e 1.4 miliardi costati a Mandarin. Il ricorso al momento non ha trovato riscontro ma la guerra è lontana dall’essere chiusa, ma è certo che sarà richiesto un intervento del governo (vedi i miliardi offerti da Cassa depositi e prestiti per la rinazionalizzazione di Tim).
In ogni caso gli scontri tra le principali società italiane che gestiscono le frequenze non sono altro che la punta dell’iceberg di interessi planetari e in particolare dello scontro tra Usa e Cina. Un nuovo campo di guerra nel mondo.
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