Giorgia Audiello
Avanti.it
Il quotidiano britannico “The Telegraph” ha pubblicato i cosiddetti “lockdown files”, un’inchiesta giornalistica a puntate che ha divulgato le chat di WhatsApp in cui funzionari e ministri inglesi si consultavano su come terrorizzare la popolazione per indurla a rispettare le restrizioni Covid adottando la paura come metodo di governo. In particolare, la frase che ha fatto più scalpore è quella del segretario di Stato per la salute dell’allora governo Johnson, Matt Hancock: «spaventiamo tutti a morte», aveva asserito il segretario in un messaggio WhatsApp con il suo consulente per i media. Successivamente, Hancock è stato costretto alle dimissioni per aver violato le regole anti Covid che lui stesso aveva voluto con tanto di prove filmate che, mentre vigeva il “distanziamento sociale”, lo ritraggono in atteggiamenti intimi con la sua consigliera personale. I più di 100.000 messaggi WhatsApp sono stati consegnati al Telegraph dalla giornalista Isabel Oakeshott, che inizialmente doveva aiutare l’ex segretario a scrivere un libro per recuperare la sua reputazione in seguito alla sua dipartita dal governo. Tuttavia, successivamente, per ragioni di «interesse pubblico», la giornalista ha deciso di consegnarli al quotidiano inglese affinché fossero resi pubblici. La giornalista, infatti, pare si sia trasformata in una delle poche voci critiche in Inghilterra rispetto alle misure anti Covid.
In un articolo dei “lockdown files”, viene scritto chiaramente che «i messaggi di WhatsApp visionati dal Telegraph mostrano come diversi membri della squadra di Hancock si siano impegnati in una sorta di “Progetto Paura” in cui hanno discusso di come utilizzare “paura e senso di colpa” per costringere le persone a obbedire alle restrizioni». L’“operazione paura” più eclatante è stata messa in atto prima del periodo natalizio, nel dicembre 2020: Boris Johnson aveva annunciato un allentamento delle restrizioni in vista delle festività, sostenendo che rinunciare ai ritrovi familiari «sarebbe disumano e contro i desideri di molte persone in questo paese». Tuttavia, dietro le quinte, il governo Johnson lavorava per mantenere le restrizioni, prevedendo la frustrazione dell’opinione pubblica che si sarebbe accanita contro il governo: il 18 dicembre, infatti, Johnson avrebbe annullato la promessa di allentamento delle regole anti-Covid facendo marcia indietro. Nel frattempo, già il 13 dicembre Hancock e Damon Poole – il consigliere mediatico di Hancock – discutevano su come sopravvivere alla tempesta in arrivo, vale a dire il malcontento popolare provocato dal mantenimento dei blocchi e il rischio che il sindaco di Londra, Sadiq Khan, potesse attaccare il governo per aver fatto “precipitare” la capitale in lockdown. La soluzione era «spaventare tutti a morte» con l’annuncio di una nuova variante di Covid-19, chiamata variante Alpha o Kent. «Spaventiamo tutti a morte con il nuovo ceppo», scriveva Hancock, aggiungendo anche che «la complicazione con la Brexit sta prendendo il sopravvento». Quando l’assistente gli fece presente che «ci sono grandi rischi con la variante» perché «potrebbe minare la strategia vaccinale», l’ex segretario alla salute rispose che «per questo dobbiamo rassicurare sui vaccini».
Per quanto attiene i blocchi regionali, in un gruppo WhatsApp chiamato “Local Action Committee”, la consigliera speciale per le politiche di Hancock, Emma Dean, riportava una voce secondo cui Milton Keynes poteva essere la prossima città a finire in un lockdown locale. Jamie Njoku-Goodwin, consigliere mediatico dell’ex segretario alla salute, le rispondeva che non sarebbe stato «inutile» che «il pubblico pensasse che la loro zona potesse essere la prossima». Una vera e propria strategia del terrore, dunque, che mette in luce come tutto fosse studiato e programmato fin nei minimi dettagli non sulla base di dati statistici e scientifici, ma sulla base di una strategia psicologica che induceva i cittadini ad obbedire. Non avevano tutti i torti, dunque, coloro che sostenevano che quello del distanziamento sociale e delle regole anti Covid fosse in realtà un esperimento sociale il cui obiettivo era instaurare un nuovo metodo di governo autoritario usando la paura, il senso di colpa e il pretesto della sanità pubblica come mezzi. Viene peraltro chiamata in causa anche la questione vaccinale, mostrando come i funzionari già sapessero che l’emergere di nuove varianti – anche queste tirate fuori in modo del tutto strumentale e programmato – avrebbe potuto intaccare la fiducia dei cittadini nelle “vaccinazioni”. Ciononostante, sono direttamente i funzionari di governo a dire che «bisogna rassicurare sulla campagna vaccinale» come mera strategia comunicativa che nulla aveva di scientifico.
In un’altra chat con Boris Johnson, Hancock valuta la necessità di diventare «assolutamente militanti» sul distanziamento sociale negli hotspot Covid, dopo il «crollo generale» nel seguire le regole. Lo stesso ex segretario alla saluta cercava di minare la ripresa economica scoraggiando le persone a uscire e a mangiare al ristorante. «Dobbiamo dire alle persone che se vogliono salvare l’economia e proteggere il servizio sanitario nazionale, devono seguire le regole, che vanno inasprite. Le stanno osservando?». Quindi con il collaboratore Simon Case diceva che era opportuno dire che «mangiare fuori è un modo per aiutare il virus a diffondersi».
L’ex segretario alla sanità si trova ora pesantemente sotto accusa in quanto da alcune chat emerge anche che avrebbe ignorato le indicazioni del consulente scientifico del governo, Chris Whitty, che raccomandava di sottoporre al tampone tutti i pazienti ricoverati nelle RSA onde evitare la diffusione dei contagi nelle case di cura. In definitiva, è possibile riscontrare come nell’ultimo periodo siano usciti diversi studi e documenti che attestano come l’“impalcatura pandemica” si reggesse su mere strategie comunicative, censura e dati scientifici parziali o alterati: i “Twitter files” e i “lockdown files” stanno sgretolando alla base gli assunti su cui si sono potute imporre le restrizioni, ma soprattutto stanno smascherando la componente “pilotata” nella gestione della pandemia. Come provano i “lockdown files”, spargere il terrore era un elemento imprescindibile per la riuscita dell’operazione Covid come strumento per imporre la “nuova normalità” agognata dai filantropi di Davos, in vista del transumano e dell’era digitale. Operazione che si può dire essere, al momento, parzialmente fallita.
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