Il comitato irlandese per la privacy, referente per Meta nell’UE, essendo la sede europea del colosso americano a Dublino, ha stabilito che l’inserimento del consenso legale all’interno dei termini di servizio essenzialmente costringeva gli utenti ad accettare annunci personalizzati, violando la legge europea nota come Regolamento generale sulla protezione dei dati o GDPR. In virtù di questo, Meta è stata multata per 390 milioni di euro (414 milioni di dollari) e “sollecitata” ad apportare costose modifiche alla sua attività di raccolta pubblicitaria nell’Unione Europea, uno dei suoi più grandi mercati. La sentenza è la più importante da quando, nel 2018, la legge dell’Unione Europea, volta a limitare la capacità di Facebook e di altre società di raccogliere informazioni sugli utenti senza il loro previo consenso, è entrata in vigore. Il caso ha preso in esame le modalità in cui Meta riceve il permesso legale dagli utenti di raccogliere i propri dati per la pubblicità personalizzata. L’accordo sui termini di servizio – la dichiarazione molto lunga che gli utenti devono accettare per accedere a servizi come Facebook, Instagram e WhatsApp – include un linguaggio che “costringerebbe” di fatto gli utenti a consentire di utilizzare i propri dati per annunci personalizzati, altrimenti i servizi principali dei social media di Meta verrebbero praticamente interrotti. In pratica, o accetti di carambolare tutti i tuoi dati sensibili in giro per il metaverso, oppure sei fuori. Se un gran numero di utenti scegliesse di non condividere i propri dati, comprometterebbe una delle parti più preziose del business di Meta. La sentenza mette a rischio dal 5 al 7% delle entrate pubblicitarie complessive di Meta, secondo Dan Ives, analista di Wedbush Securities, e dà all’azienda tre mesi di tempo per rivedere le sue politiche sulla privacy. Riconoscendo alla legge europea una qualche utilità, almeno se la compariamo agli Stati Uniti, dove queste pratiche sono assolutamente legali, tuttavia vogliamo sottolineare due questioni: quanto una multa da 390 milioni di euro possa fare da deterrente alle politiche di un’azienda che, nel solo 2021, ha generato entrate per oltre 100 miliardi di euro e quanto siamo sicuri che la cosa preoccupante sia la raccolta dei dati a fini pubblicitari.
Noi pensiamo, piuttosto, che si debba guardare oltre: al tentativo, riuscito, sistematico ed organico, da parte soprattutto di Meta e delle altre aziende di social media, di instaurare un sistema di perpetua sorveglianza digitale.
AD
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