Umberto Rocca
Avanti.it
Mangiare, come amare, suonare, dirigere, sono i quattro tempi dell’opera buffa che è la vita, destinata a svanire come la schiuma di un bicchiere di champagne. Chi se la lascia sfuggire è un pazzo.
Gioacchino Antonio Rossini
La cucina e la musica sembrano avere poco in comune, eppure possiamo affermare con certezza che sono i due aspetti primari della nostra quotidianità. La musica è l’arte di comporre una successione di suoni piacevoli all’orecchio umano in grado di trasmettere emozioni a chi ascolta; il cibo è fondamento per la vita stessa, essenziale al corretto funzionamento del nostro organismo e la cucina, arte di comporre chimicamente i sapori, è innanzitutto uno dei piaceri primari della vita, ma anche una forma d’espressione che rivela aspetti dell’identità di un popolo che restrebbero altrimenti nascosti. La musica e la cucina provengono dall’espressione dell’interiorità di una persona e sono creazioni che partono da un’idea.
A far convivere in sé entrambe le arti è stato Gioacchino Rossini, annoverato tra i più grandi geni musicali di tutti i tempi, che, trasferitosi a Parigi, fu anche uno dei più raffinati gourmand e amanti della buona e bella tavola della sua epoca. Tuttavia pochi sanno che fu anche un grande gourmet le cui ricette hanno lasciato un’indelebile impronta nel mondo della cucina. Le composizioni gastronomiche di Rossini sono tuttora presenti nei menu di molti ristoranti di alto livello.
Rossini era un viveur: oltre alla musica e alla cucina, non disdegnava le gioie della frequentazione di belle donne e amicizie del gran mondo: habitué delle serate nella sua casa parigina erano artisti, intellettuali e banchieri. “Mangiare, come amare, suonare, dirigere, sono i quattro tempi dell’opera buffa che è la vita, destinata a svanire come la schiuma di un bicchiere di champagne. Chi se la lascia sfuggire è un pazzo” ebbe a dire una volta, riassumendo la sua filosofia di vita. La buona tavola fu per lui un valore da vivere a pieno, allo stesso modo dell’impegno artistico: per il celebre compositore del Barbiere di Siviglia, la buona cucina frequenta l’anima come la buona musica.
Rossini si compiaceva del fatto che le ricette fondamentali del suo canone gastronomico erano sette, tante quante le note musicali. Ma su tutte una è il suo vero piatto d’autore: il “Filetto di manzo alla Rossini”, conosciuto internazionalmente con il nome originario di “Tournedos Rossini”, un vero e proprio capolavoro della cucina italiana, tanto da divenirne un classico, conosciuto e apprezzato anche a livello internazionale. I tournedos nascono dall’amicizia personale con il grande cuoco dell’epoca Marie-Antonin Carême, autore di L’art de la cuisine française au dix-neuvième siècle (Parigi, Kerangué & Pollés Libraires-éditeurs, 1817) con il quale Rossini ebbe un intenso scambio epistolare e culinario: dalla regia attenta dell’italiano e la magistrale esecuzione del francese viene creata la ricetta del filetto alla Rossini, fin da subito riconosciuta come una prelibatezza e col tempo attestatasi nella prima posizione tra le sue creazioni. Eppure, il filetto alla Rossini non è altro che un tenero filetto di manzo cotto nel burro, accompagnato da una scaloppa di foie gras e profumato con tartufo nero e Madeira. Ma è dal perfetto equilibrio degli ingredienti che nasce la poesia: per ottenere un piatto di alto livello questi ingredienti devono essere di buona qualità e non possono essere sostituiti con altri. Anche le rivisitazioni interpretative moderne del filetto alla Rossini, pur aperte alla contaminazione di nuovi ingredienti come gli asparagi o gli spinaci, lasciano comunque inalterato il suo gusto molto elegante e bilanciato, armonizzandosi con gli immancabili tre ingredienti principali.
I tournedos furono la consacrazione di un’altra grande passione del compositore di Pesaro, quella per il tartufo, che lui stesso definiva “il Mozart dei funghi”, condivisa anche dallo chef Carême: Rossini predilige quelli di Acqualagna, paesino marchigiano nei pressi della magnifica Gola del Furlo; Carême, da buon francese, prediligeva il tartufo di Périgord, in Aquitania.
La passione per i tartufi, insieme a quella per il foie gras, si sposava perfettamente con la sua predilezione per i risotti, come testimonia lo scrittore francese Stendhal, che curò la biografia del compositore quando era ancora in vita: mentre si trovava in un ristorante di Venezia, Rossini, in fervida attesa del completamento da parte del cuoco del suo risotto preferito, ebbe l’improvvisa ispirazione musicale per l’incomparabile melodia “Di tanti palpiti” dell’opera Tancredi. L’aria divenne subito famosissima e venne denominata “L’aria dei risi”. Stessa saporita intuizione si dice avvenuta per la sinfonia della Gazza ladra composta mentre sui fornelli della sua cucina parigina era in preparazione uno dei suoi risotti d’autore tanto apprezzati dagli amici.
Sempre animato al pensiero del buon cibo anche nei momenti più alti della sua creazione musicale, affermò in una sua lettera: “Non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè, del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il direttore che dirige la grande orchestra delle nostre passioni”. Il giornalista gastronomico americano Waverley Root, molto interessato alla cucina italiana e alla sua storia, sostiene convinto che Gioacchino Rossini avrebbe potuto diventare un buongustaio di fama e livello mondiali se il suo genio musicale non avesse eclissato il suo grande vero talento.
Ricciardo dice
Musica e cucina. Rossini infatti combinava alcuni propri ricorrenti elementi musicali trasponendoli in svariate delle sue opere, così come si fa con i buoni ingredienti per la esecuzione di varie pregiate ricette.