Tutti pensiamo alla moda come alla scelta di capi d’abbigliamento, eppure ignoriamo il suo vero e più profondo significato, non sempre così scontato. In realtà la moda è un sistema pluridimensionale che non riguarda soltanto i vestiti, bensì abbraccia tutte le attività degli individui che comportano una scelta. La scelta è influenzata dalle istituzioni in cui siamo immersi, dai modelli comportamentali, dai criteri sociali del gusto, dall’imitazione, ma anche dalla differenziazione. Il sociologo Georg Simmel (1858- 1918) ne descrive i vari aspetti nella sua opera che ha per titolo proprio La moda.
Il suo studio si basa sulla definizione di due differenti tipi di società: le società primitive e le società civilizzate. Nelle prime il singolo tende a uniformarsi più che a differenziarsi, la sua individualità viene sacrificata in nome dei valori e dei principi della collettività a cui appartiene. Nelle società primitive dominano principi che si ispirano interamente alle credenze e alla tradizione e quindi difficilmente vengono contrastati perché rappresentano un’ identità che deve essere preservata nel tempo e che coincide con quella incontrastata del gruppo di appartenenza. L’analisi si concentra sulla seguente riflessione: “Le mode sono sempre mode di classe, quelle della classe più elevata si distinguono da quella della classe inferiore e vengono abbandonate nel momento in cui quest’ultima comincia a farle proprie.”
Georg Simmel fu uno dei primi ad utilizzare questo concetto, facendo riferimento all’assimilazione delle abitudini e mode della upper class da parte delle lower classes: tale processo si sviluppa sempre dall’alto verso il basso. Andrebbe menzionato in questo contesto il “lusso” di poter acquistare oggetti costosi.
Cos’è il lusso? L’etimologia stessa della parola ci aiuta a comprendere meglio il concetto, deriva dal latino che vuol dire appunto: eccesso, sovrabbondanza, esuberanza. Il lusso è tipico segnale della disparità economica: esiste proprio perché c’è questa diseguaglianza tra i consumatori. Succede molto spesso di identificare il bello con il costoso, il valore economico di un bene diviene quindi il parametro dell’estetica. Avviene così che il canone finanziario influenzi il gusto: ne consegue che i termini usati comunemente per designare categorie o elementi di bellezza vengono applicati a questo innominato elemento del merito finanziario.
Al giorno d’oggi la massima integrazione dei mercati internazionali, ovvero la globalizzazione, ha larghissima influenza sulla moda, che cambia anche a seguito delle numerose indagini di mercato, e si espande in ogni dove. All’inizio degli anni Ottanta del Novecento, la moda è diventata un fenomeno transnazionale, marchi e beni concepiti per essere venduti in ogni sistema commerciale. Le sempre maggiori influenze culturali hanno gravato sulla creazione, produzione e vendita della moda, diventata ormai una questione cosmopolitica.
Si può notare come, nel nostro secolo, tutto diventa relativo, tutto si modifica velocemente e non ha tempo neanche per consolidarsi e istituzionalizzarsi che sarà già passato di moda
Zygmunt Bauman, attribuisce l’aggettivo di liquido alla società moderna che appunto non ha la capacità di conservare a lungo le sue caratteristiche.
C’è una forte analogia tra la liquidità della società contemporanea e la moda, in quanto la seconda comunque caratterizza il mutamento della prima, la rende instabile e frenetica. La moda penetra in ogni aspetto della vita, impronta le nostre relazioni ed ha la capacità di unire o dividere gli individui. Sembrerebbe assurdo e fuori contesto con il tema della moda dire che la spettacolarizzazione della guerra e la sua diffusione attraverso i mass media in forma propagandistica può essere un altro aspetto della moda. Certo la guerra non ha nulla di elegante rispetto alla moda, ma sicuramente risulta affascinante per molti suoi aspetti mediatici.
Possiamo notare molto bene che la fama internazionale del presidente Zelenskyy è stata portata alle stelle da una campagna mediatica martellante, con l’aiuto fondamentale di un marketing ben studiato e funzionale. Lui, è il presidente alla moda che lotta per la libertà del mondo libero e democratico, mentre Putin è un mostro totalitario. Zelenskyy ha uno stile giovanile ben delineato e questo stile è ben espresso anche dai soldati del battaglione Azov e dai militanti di Pravy Sektor. La sua personalità popolare è cosi efficace, che esiste una vera e propria industria di gadget di cui lui è il testimonial, fumetti, t-shirt, candele con la sua immagine, e cosi via. Certo è difficile associare la moda con la guerra, ma possiamo notare che i simboli del nazismo sono diventati un vero e proprio brand grafico pubblicizzato. Il concetto di creare un brand vincente ed efficace a livello di marketing si avvicina molto all’idea americana di quello che possiamo definire un’immagine di successo. Non a caso la moglie di Zelenskyy, Olena, ha posato ultimamente per un servizio fotografico per Vogue, rivista statunitense di moda. La moda macina soldi. Ma la guerra muove capitali inimmaginabili. La guerra in Ucraina non è altro che una creazione macabra alla moda per il riciclaggio di enormi quantità di denaro; una volta finito il suo scopo, cioè quando sarà passata di moda, il grande circo mediatico si sposterà su una nuova emozionante passerella.
Cit: “Oggi il consumatore (spettatore) è la vittima del produttore, che gli rovescia addosso una massa di prodotti ai quali deve trovar posto nella sua anima”. Mary McCarthy, Al contrario, 1961.
La guerra, oltre ad essere una tragedia, è la macchina consumistica per eccellenza. I produttori di armi in questo caso hanno la vitale necessità di svuotare i magazzini (arsenali obsoleti ) di merce invenduta e hanno bisogno di trovare il sistema migliore per farlo. La diffusione del globalismo colonialistico offre a loro svariate opzioni. La guerra va venduta come qualsiasi altro prodotto consumistico convincendo il consumatore di averne un bisogno vitale (necessità primaria) pur non essendo funzionale o necessaria e addirittura dannosa per la vita del consumatore. È solo a beneficio del produttore, che deve assolutamente continuare a produrre e vendere per ottenere sempre più profitto. La upper class appunto si può concedere il lusso della guerra e di conseguenza ne scarica l’onere ed il costo, economico ed in vite umane, sulla classi più umili ( carne da cannone) che dovranno essere manipolate psicologicamente perché questa esigenza dei primi sia assimilata come una necessità primaria da questi ultimi. Le mode cambiano e chissà un giorno non lontano saremo noi a poterci permettere il lusso di fare la guerra contro di loro. Quel giorno. . .Non Sorridete, gli spari sopra saranno per voi!
di Umberto Rocca
per Avanti.it
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