Il colosso minerario cinese CMOC Group ha risolto una disputa sui pagamenti delle royalty con la più importante società statale proprietaria delle miniere nella Repubblica Democratica del Congo.
Le azioni di CMOC, che è quotata sia alla borsa di Hong Kong che a quella di Shanghai, sono aumentate proprio a seguito della risoluzione di una disputa lunga 10 mesi con Gecamines, di proprietà statale, sulle royalties della sua gigantesca miniera di rame e cobalto Tenke Fungurume. L’accordo dovrebbe anche prevedere di liberare migliaia di tonnellate di cobalto stoccato, con gli analisti che avvertono di prezzi ancora più bassi per il metallo. In una dichiarazione pubblicata sul suo sito web la scorsa settimana, CMOC ha affermato di aver raggiunto un consenso win-win con Gecamines sulla questione delle royalties di Tenke, senza però rivelare i termini specifici dell’accordo: “Questo è il risultato di una comunicazione sincera e di consultazioni amichevoli… e un accordo win-win dopo aver preso in considerazione gli interessi a breve termine e lo sviluppo a lungo termine del rapporto tra le due parti”. Questa dichiarazione ha fatto sì che CMOC vedesse schizzare le proprie azioni al limite giornaliero del 10% a Shanghai. Secondo l’analista minerario congolese Christian-Geraud Neema, l’accordo ha sedato una disputa soprannominata “il manifesto dell’inizio della fine per le società minerarie cinesi nella Repubblica Democratica del Congo”. Gecamines, società statale congolese di commercio ed estrazione di materie prime, detiene una partecipazione del 20% in Tenke, la seconda miniera di cobalto più grande del mondo. CMOC possiede il restante 80%.
Le due società erano ai ferri corti dal 2021, dopo che i funzionari congolesi avevano accusato il CMOC di sottostimare le riserve di rame e cobalto per ridurre i pagamenti delle royalty, per poi istituire una commissione per rivalutarle. Infatti, il valore delle royalties secondo il contratto iniziale era di 3 miliardi, mentre il revisore dei conti congolese stimava il valore della concessione con una cifra pari a 20 miliardi. Hanno spinto per la revisione del contratto anche gli uffici del primo ministro Jean-Michel Sama Lukonde e del presidente Félix Tshisekedi, il quale aspirava alla rielezione. Secondo gli osservatori, a muovere i fili che spingevano Tshisekedi a rivedere i precedenti accordi con la Cina erano probabilmente gli Stati Uniti. Nel febbraio dello scorso anno, Tenke è stata posta sotto controllo amministrativo da un tribunale commerciale locale a causa delle denunce di Gecamines secondo cui non stava ricevendo la sua giusta quota. Tuttavia, il governo congolese ha ritirato il caso circa un mese dopo, con entrambe le parti che hanno accettato di risolvere la questione senza ricorrere a tribunali. Nel mese di luglio vennero sospese anche le esportazioni dalla miniera da un amministratore nominato dal tribunale, finché gli azionisti non hanno concordato un nuovo appaltatore di vendita.
CMOC, nel frattempo, ha continuato a estrarre a Tenke. Secondo Benchmark Mineral Intelligence, a disputa risolta, il materiale estratto può ora essere introdotto nel mercato globale, esercitando potenzialmente una pressione al ribasso sui prezzi già bassi del cobalto. L’agenzia ha affermato che “Se i prezzi continuano a scendere, ciò potrebbe spingere fuori dal mercato i produttori ad alto costo”, aggiungendo che questa quantità di cobalto richiederebbe almeno un anno per essere liquidata.
La risoluzione di questa controversia permetterà a Pechino di rimanere leader nella estrazione di minerali preziosi e terre rare di cui oggi è indiscutibilmente il più grande produttore. Si tratta di minerali fondamentali – dietro la cui estrazione si nasconde uno sfruttamento disumano di uomini e bambini – per la produzione di smartphone, computer e anche per le auto elettriche e la nuova “economia green” che tanto si sta diffondendo in Europa – per meglio dire, è la speculazione green a diffondersi – che rende il Vecchio Continente dipendente dalla produzione cinese.
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