Martedì, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa aveva annunciato di essere pronto a ritirare il suo paese dalla Corte Internazionale di Giustizia a seguito della decisione di quest’ultima di emettere un mandato di cattura internazionale contro il presidente russo Vladimir Putin. La dichiarazione di Ramaphosa è, secondo molti analisti, dettata dalla necessità di permettere a Putin di partecipare alla riunione dei Brics che si terrà a giugno proprio in Sud Africa.
Le dichiarazioni di Ramaphosa, però, non sono state accettate da tutto il quadro politico sudafricano, anche perché il ritiro dalla CIG, non è questione di lana caprina, bensì un fatto che avrebbe delle conseguenze geopolitiche non indifferenti. E infatti, l’African National Congress – il partito di maggioranza nel paese sin dal 1994 e partito di cui è presidente lo stesso Ramaphosa – ha smentito subito le dichiarazioni del presidente sudafricano, definendole un errore (anche se lo stesso ANC nel 2015 aveva proposto il recesso dallo Statuto di Roma per evitare l’arresto dell’ex presidente sudanese Omar al-Bashir). A fare da eco all’ANC ci ha pensato il maggior partito di opposizione, Alleanza Democratica – fortemente filo-americano, un dettaglio da non trascurare – che ha esortato il governo ad ottemperare agli obblighi derivanti dagli atti della CIG, facendo anche presente che nel caso in cui i governi si rifiutino di eseguire gli ordini di arresto, la CIG può delegare tale compito a terze parti diverse dalle forze di governo, lasciando dunque intendere di essere pronti a sostituirsi al governo di Ramaphosa nel rispettare quanto statuito dalla corte. Un altro partito di opposizione, Economic Freedom Fighters, ha invece invitato il presidente Putin ad unirsi tranquillamente alla riunione dei Brics a Pretoria. Il leader del partito, Julius Malema, ha dichiarato che “sappiamo che il Sudafrica è compromesso ed obbligato verso la Corte Internazionale di Giustizia, ma noi non dimentichiamo chi ci ha supportato nella nostra lotta”, riferendosi al sostegno ricevuto dalla Russia nella battaglia che ha condotto alla fine dell’Apartheid.
Al momento, dunque, alle parole di Ramaphosa non sono seguiti i fatti. Il Sudafrica è ancora obbligato verso la CIG e tutta la politica sudafricana vive un grosso dilemma. Da una parte, sin dal febbraio 2022, il governo di Pretoria ha subito fortissime pressioni da parte americana – anche tramite l’azione politica dell’ANC, al momento, infatti, l’unica forza favorevole all’arresto di Putin – di unirsi al “fronte occidentale”, condannando la Russia e allontanandosi dalla Cina. Ma dall’altra parte, il governo sudafricano sa quanto sia fondamentale l’alleanza con la Russia e soprattutto con la Cina che nel paese ha investito ingenti somme per gli investimenti nel settore energetico che, al momento, rappresenta un grande problema per il Sudafrica.
Nonostante la palese assurdità dell’eventualità che il presidente di un paese straniero, alleato e potentissimo come la Russia, possa essere arrestato, anche di questo si discute… ma si sa che molto spesso nel campo della diplomazia si va ben oltre la commedia. Nel dubbio, dunque, per il momento il Sudafrica preferisce restare col piede in due scarpe.
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