Giorgia Audiello
Avanti.it
È cominciato ormai da tempo il processo di sdoganamento degli insetti come prodotto per l’alimentazione umana: un’operazione di convincimento delle masse sui potenziali benefici nutrizionali e ambientali dell’entomofagia – la dieta a base di insetti – portata avanti con la tecnica standard della finestra di Overton o della “rana bollita”. Attraverso processi graduali e impercepibili si introducono nell’opinione pubblica idee, concetti o comportamenti inizialmente considerati inaccettabili rendendoli progressivamente ragionevoli fino a diventare “normali”. È quanto sta accadendo riguardo alle abitudini alimentari dei popoli europei, che si pretende di rimodellare alla luce della transizione ecologica promossa dal capitalismo pseudo ambientalista che trova nel World Economic Forum (WEF) di Davos la sua sede e il suo punto di riferimento per eccellenza. Complici anche le grandi multinazionali del cibo, che non disdegnano l’idea di buttarsi a capofitto in quello che promette di essere un nuovo grande business, sondando il terreno e allo stesso tempo modellando le percezioni e i gusti dei consumatori attraverso i primi video appositi sull’argomento: la Fondazione Barilla è stata una delle prime compagnie a lanciare un video in cui si introduce la questione dell’uso degli insetti nell’alimentazione umana. Dopo aver spiegato che gli insetti sono consumati regolarmente in più di 140 Paesi del mondo, il video termina con la scritta: «Gli insetti sono diventati di interesse anche in Europa, come fonte di proteine ad alta qualità e a basso impatto ambientale. E tu cosa ne pensi?» Si tratta di un classico esempio di tecnica comunicativa volta ad introdurre nel dibattito pubblico l’argomento come primo passo verso la sua “normalizzazione” e accettazione da parte dell’opinione pubblica. Tuttavia, la Fondazione Barilla ha dovuto fare velocemente retromarcia rimuovendo il video, travolta dalle critiche degli utenti che accusavano la nota marca alimentare di voler produrre pasta a base di insetti. In ogni caso, l’obiettivo del video è stato raggiunto: creare un dibattito intorno alla questione. È proprio questo, infatti, il primo passo per la legittimazione di quanto considerato inaccettabile o ripugnante e fa parte di quel processo di manipolazione invisibile propria dei sistemi liberal-capitalisti, che non impongono, ma influenzano e seducono attraverso il potere persuasivo della comunicazione, cui si aggiunge quello dei cosiddetti influencer e dell’industria dello spettacolo. Il tutto proprio mentre l’Unione Europea ha cominciato ad approvare l’uso alimentare di alcune specie di insetti: il 3 gennaio 2023 ha autorizzato l’entrata e l’immissione in commercio di polvere parzialmente sgrassata di grilli domestici (Acheta domesticus), della larva gialla della farina (Tenebrio molitor) e della locusta migratoria. Nel Regolamento di esecuzione Ue 2023/5, pubblicato previo parere favorevole dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) – richiesto da Bruxelles a luglio 2020 – si precisa che la farina di carcassa di grillo potrà essere utilizzata per una serie di alimenti, tra i quali si annoverano: pane, cracker, grissini, biscotti, pasta, salse, pizza, minestre, bevande tipo birra e altri prodotti destinati alla popolazione in generale. L’autorizzazione è stata concessa in esclusiva ad una società vietnamita, la Cricket One Co. Ltd, la sola che dal 24 gennaio 2023 è autorizzata per un periodo di cinque anni a immettere sul mercato Ue la polvere di grillo.
Per capire cosa sta dietro al tentativo di ridefinire le abitudine culinarie dei popoli europei è necessario prendere in considerazione uno dei pilastri su cui si fondano le politiche occidentali attuali: la lotta al cambiamento climatico e, dunque, l’ecologismo e la concezione antropologica che quest’ultimo sottende. Il progressivo stravolgimento degli usi e delle tradizioni alimentari dei popoli, infatti, affonda le sue radici proprio in un certo tipo di ambientalismo “estremo” che considera l’uomo niente di più che un cancro per il pianeta, un mero elemento di disturbo da limitare il più possibile in nome del “nuovo” culto della Terra Madre: da qui la necessità di “sopprimere” l’umano non solo attraverso le politiche di contenimento delle nascite – spesso promosse proprio da associazioni ambientaliste – ma anche attraverso il suo degrado dal punto di vista sociale e culturale. Introdurre, infatti, un regime alimentare completamente estraneo a quello locale significa contaminare e sgretolare progressivamente le tradizioni culinarie regionali, anch’esse espressione della cultura e della peculiarità dei popoli. Al riguardo, si consideri che l’Ue voleva inserire in una lista nera molti cibi tipici della tradizione enogastronomica italiana – quali vini, salumi e formaggi – ritenendoli dannosi: al momento, però, la lotta dei produttori e delle associazioni di categoria del “Made in Italy” è comunque riuscita ad evitare il peggio, in quanto la Ue ha temporaneamente sospeso la decisione. Dopo la massificazione all’insegna dei fast food americani, è il momento, dunque, di quella improntata sull’ecologismo dei padroni del denaro, per i quali il pianeta è sovraffollato e le risorse sono limitate. Il consumo di insetti, dunque, rappresenterebbe una valida soluzione al problema delle risorse e della demografia in eccesso. Sebbene le teorie malthusiane della sovrappopolazione e della scarsità di risorse siano state più volte smentite dai fatti e da diversi studi, esse rimangono le colonne portanti dell’ambientalismo promosso dal capitalismo tecnocratico di Davos che, non a caso, è uno dei principali promotori del nuovo regime alimentare. Sul sito dell’organizzazione, infatti, non mancano articoli dedicati all’argomento, tra cui quello intitolato “Perché dobbiamo dare agli insetti il ruolo che meritano nei nostri sistemi alimentari”. Le suddette teorie sono espressione di un’ideologia che vede l’uomo non come parte integrante della natura, ma come nemico di essa, in una visione antropologica antitetica peraltro a quella cristiana: se per quest’ultima, infatti, l’uomo è la prima delle creature in quanto dotato di ragione e, in quanto tale, si colloca al centro del creato – non per dominarlo, bensì per custodirlo – per l’ambientalismo materialista di matrice darwinista, l’uomo non sarebbe altro che un parassita, un consumatore di risorse che, invece, si vorrebbero conservare solo per una ristretta élite. La Terra non è “per” l’uomo, ma per se stessa e quanto più si riduce la presenza umana sul pianeta, tanto più essa tornerà al suo “splendore originario”. Vi è poi non solo la volontà di “estirpare” l’uomo dal pianeta, ma anche quella di oscurarlo spiritualmente: secondo la gnosi e alcuni culti esoterici ad essa collegati, infatti, spingere gli iniziati ad accettare ciò che inizialmente è considerato ripugnante contribuisce ad avvicinarli al sacro rovesciato, ossia agli “inferi”. Si tratta, dunque, di perseguire un livellamento verso il basso delle masse di cui il piano gastronomico è solo l’ultimo tassello di una lunga serie: già la musica e l’arte, infatti, sono state intaccate da una generale tendenza all’“imbruttimento”, in quanto il relativismo ha spazzato via la concezione oggettiva di bellezza, facendola diventare un canone soggettivo, estraneo e non necessario alla cultura, specialmente quella di massa.
I principali propugnatori dell’antropologia antiumana e anticristiana racchiusa in un certo tipo di ambientalismo sono gli adepti del culto tecno-scientifico che non a caso sono animati dall’utopia di superare l’uomo – considerato troppo fragile e imperfetto – in vista del transumano: l’idea è quella di una selezionata cerchia di eletti in grado di prendere in mano il destino della propria specie, intervenendo direttamente sulla sua “evoluzione” attraverso gli strumenti della tecnica e l’ibridazione dell’uomo con le macchine: si tratta, dunque, di un uomo che ha “ucciso” Dio per farsi lui stesso dio e dare vita a quello che Yuval Noa Harari – storico israeliano e membro del WEF – ha definito un “essere divino”: secondo Harari, però, questa possibilità sarà riservata solo ai ricchi, mentre «i poveri si estingueranno». Le risorse “scarse” del pianeta, infatti, vanno conservate per i ricchi, mentre la restante parte della popolazione mondiale potrà cibarsi di insetti. Non per nulla, il nuovo tipo di alimentazione è pensata proprio per sfamare i poveri del mondo, i quali, invece che diminuire, aumentano anche nelle cosiddette nazioni sviluppate. Se sul piano antropologico-spirituale, dunque, l’entomofagia si può considerare come il tentativo di “umiliare” l’uomo – spingendolo a nutrirsi di ciò che generalmente viene considerato disgustoso – sul piano economico, potrebbe diventare il simbolo del divario sempre crescente tra gli “eletti” e la restante parte dell’umanità, considerata un’inutile consumatrice di risorse. Al riguardo, è significativo l’intervento dell’ex ministro della transizione ecologica, il fisico, fautore della robotica e transumanista Roberto Cingolani, che durante una conferenza sulle nanotecnologie disse esplicitamente che «il pianeta è progettato per tre miliardi di persone» e che «l’essere umano è un parassita perché consuma energia senza produrre nulla».
Il tema della scarsità delle risorse è stato trattato soprattutto dall’economista inglese, Thomas R. Malthus, che, nel suo “Saggio sul principio di popolazione” affermò che “[…]il potere di popolazione è infinitamente maggiore del potere che ha la terra di produrre sussistenza per l’uomo. La popolazione, quando non è frenata, aumenta in progressione geometrica. La sussistenza aumenta soltanto in progressione aritmetica”. Tuttavia, la tesi delle progressioni aritmetica e geometrica non era corroborata da alcuna evidenza empirica e, in seguito, fu più volte smentita dai fatti, come riporta anche un articolo del Wall Street Journal (WSJ): “nel corso dei secoli diciannovesimo e ventesimo, la popolazione del mondo occidentale è cresciuta rapidamente, con un crollo nel biennio 1918-19 a causa della Prima guerra mondiale e della pandemia di influenza ‘spagnola’. Ma l’aumento della produttività agricola si è dimostrato più che in grado di alimentare le bocche dei più”. Inoltre, è stato empiricamente dimostrato come l’aumento della popolazione – e non la sua diminuzione, come sosteneva Malthus – favorisca lo sviluppo dell’economica e del benessere di un Paese, tanto che i Paesi in crisi demografica si trovano a dover fronteggiare, tra le altre cose, proprio il rischio di rallentamento economico. Sempre il WSJ ha fatto notare in un articolo intitolato “Come la demografia governa l’economia globale” che ad ostacolare la ripresa dalla crisi finanziaria globale sono stati proprio i dati demografici, con una popolazione in età lavorativa in costante calo nelle economie avanzate, ma anche in quelle emergenti. Secondo l’autore dell’articolo, in questo modo “le aziende restano senza lavoratori, senza clienti o senza entrambi. In ogni caso, la crescita economica ne risentirà”.
Nonostante le evidenze e nonostante la maggior parte delle nazioni del mondo stia registrando un calo demografico piuttosto che la tendenza inversa, la teoria malthusiana della scarsità di risorse ha trovato vasta eco tra i capitalisti della rivoluzione industriale inglese e i circoli accademici prima, e tra gli ambienti del potere finanziario globalista che domina gli Stati oggi. Essa richiede il ridimensionamento della presenza umana sul pianeta, funzionale alla concezione “antiumana” di Davos e, in generale, del regno del denaro, massimo esponente dei valori anticristiani: ciò è provato anche da documenti come l’NSSM 200, cioè «National Security Study Memorandum 200 Implications of Worldwide Population Growth for U.S. Security and Oversea» («Implicazioni della crescita della popolazione mondiale per la sicurezza degli Stati Uniti (e i loro interessi) oltremare»), noto come “The Kissinger report” (1974) e rimasto a lungo segretato. Al centro della transizione ecologica e del “Grande Reset” alimentare, dunque, non vi è l’“ambiente”, ma l’uomo che, con la secolarizzazione – conseguente al razionalismo illuminista – ha perso ogni sacralità e si è ridotto a mero aggregato organico da controllare per mezzo della tecnologia e da nutrire secondo i programmi della plutocrazia internazionale. L’entomofagia, dunque, non è che l’ultima frontiera dell’ideologia antiumana, supportata dal coro unanime dell’intellighenzia liberal-progressista internazionale che si è già prestata come “testimonial” e cassa di risonanza mediatica delle imposizioni “post-umane” di Davos, coperte dal paravento dalla causa ambientalista. Imposizioni occulte che, con ogni probabilità, saranno destinate a schiantarsi contro le abitudini e le tradizioni alimentari secolari dei popoli europei.
pietro luigi crasti dice
Molto profonde le tue considerazioni Giorgia. Esse meriterebbero una più alta visibilità e conoscenza ai più, perché aiuterebbero a dar luce su quelle tenebre sempre più buie e sempre più impalpabili che vorrebbero schiacciarci addosso. GRAZIE!