Se si vuole capire quali interessi muovono la guerra, bisogna seguire il denaro; in questo caso, per scoprire uno dei molteplici interessi dietro lo scontro fra Nato e Russia, basta seguire a ritroso le forniture di petrolio che arrivano nei paesi UE. Facendo questo scopriamo, senza grande sorpresa, che gli Stati Uniti sono diventati i principali fornitori di petrolio per l’Europa, col 18% di forniture petrolifere e dietro soltanto la Norvegia, a scapito ovviamente della Russia. A dare conferma è Eurostat, l’istituto europeo di statistica che mostra dei dati assolutamente incontrovertibili. Fino al gennaio del 2022, la Russia era la nostra principale fornitrice di petrolio con 64 milioni di barili all’anno, pari al 32% di tutte le importazioni europee di greggio; gli USA si attestavano al 13%. Dopo l’inizio della “Operazione Speciale” russa in Ucraina, tra sanzioni, tetto al prezzo del greggio e la chiusura del Nord Stream 1 da parte della Russia, le forniture di petrolio russo rappresentano oggi soltanto il 4% del totale delle importazioni di petrolio; gli USA hanno incrementato la loro fornitura di petrolio attestandosi ad un 18%, dietro alla Norvegia che oggi esporta il 30% del fabbisogno europeo.
Dunque, se la guerra contro la Russia aveva come obiettivo la rottura dei rapporti economici fra UE e Russia, bisogna ammettere che i falchi di Washington hanno raggiunto l’obiettivo, unitamente all’accresciuta dipendenza europea dal petrolio statunitense. Ed in particolare ad aver subito maggiormente il colpo è sicuramente la Germania, il paese che più di tutti gli altri paesi europei dipendeva dal petrolio e dal gas russi; un rapporto, fra tedeschi e russi, inviso a Washington perché rappresentava un pericolo economico e commerciale, essendo da sempre la Germania l’unica nazione europea in grado di competere con gli USA e in quest’ottica la distruzione del Nord Stream 2 rientra esattamente nei piani americani di distruzione dell’economia tedesca.
Al fianco di questi dati, altre notizie rendono inquiete le giornate degli europei. Dopo la dichiarazione da parte del segretario all’energia degli Stati Uniti, Jennifer Granholm, riguardo alle riserve strategiche americane che non verranno riempite completamente entro la fine del 2023, i prezzi del greggio sono scesi sul mercato, col petrolio Brent che si è attestato a 74 dollari al barile, mentre i futures sul West Texas Intermediate sono scesi a 70 dollari al barile. Il calo delle quotazioni futures ha avuto effetti sui titoli bancari, con piccoli cali in borsa che vanno a sommarsi ai ben più noti e gravi problemi che le banche americane (ed europee) al momento stanno affrontando.
I destini dei popoli europei sono nelle mani di Washington grazie alle lungimiranti politiche di Bruxelles e dei suoi tirapiedi al governo nei vari paesi europei.
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