La tensione sociale e la rabbia in Francia non sembrano destinate ad appiattirsi.
Dopo le lunghe giornate di sciopero del mese scorso, i sindacati ed i lavoratori francesi si apprestano ad organizzare una nuova grande mobilitazione per il 7 Marzo; una data non scelta per caso, ma che coincide con l’inizio della discussione sulla legge di riforma delle pensioni presso il Senato francese. Ma non sono soltanto le manifestazioni contro la riforma delle pensioni ad agitare i sonni di Macron. Infatti ieri a Parigi è andato in scena un corteo di agricoltori che sono arrivati nella capitale francese con più di 500 trattori che hanno causato code per oltre 350 km in entrata ed uscita dalla città.
Gli agricoltori francesi stanno protestando contro la decisione di bandire gli insetticidi “neonicotinoidi”, considerati letali e vietati dall’Unione Europea nel 2018. La Francia ha goduto di una revoca che è scaduta a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’UE che ha ritenuto illegittima tale deroga, revocando in tal modo il provvedimento che ha garantito ai contadini francesi di continuare ad utilizzare l’insetticida “killer”. Il settore maggiormente colpito dal bando dei neonicotinoidi è quello della coltivazione della barbietola da zucchero, una coltura intensiva tipica della regione Pas-des-Calais. L’organizzazione degli agricoltori francesi ha subito indetto la mobilitazione perché “siamo i capri espiatori di ogni male. Siamo stanchi, siamo sempre la categoria più colpita”. La protesta, dicono gli organizzatori, vuole tutelare il lavoro di migliaia di famiglie francesi, ma soprattutto tutelare il valore – tanto sbandierato dal governo francese – della “sovranità alimentare”. Il rischio è, infatti, che si comincino ad importare prodotti agricoli da Paesi extra-UE che utilizzano lo stesso insetticida bandito però su tutto il territorio europeo.
Sembra esattamente il solito schema europeista: nascondendosi dietro motivazioni condivisibili – come la tutela della salute – si finisce col distruggere una intera filiera produttiva in un qualsiasi Paese UE. A perderci sono sempre milioni di cittadini che si ritroveranno senza lavoro e, possibilmente, a mangiare cibo, contenente le stesse sostanze pericolose, prodotto dalle stesse grandi aziende che hanno delocalizzato in Paesi ove tali divieti non esistono, aggirando in tal modo le regole di Bruxelles.
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