Lo Estado Mayor Central, una fazione dissidente delle FARC che non ha sottoscritto l’accordo di pace del 2016 fra lo stato colombiano e le varie fazioni in lotta, ha avvertito che la sospensione unilaterale dell’accordo di pace porterà all’acuirsi della guerra causando, dunque, morti e feriti per le strade della Colombia. Questo avvertimento arriva dopo che il governo colombiano, presieduto da Gustavo Petro, ha deciso lunedì di sospendere l’accordo di pace sottoscritto nel 2016 tra il governo colombiano e le milizie, non solo politiche ma anche del narcotraffico, che hanno insanguinato la Colombia.
Il gruppo Estado Mayor Central è una fazione dissidente, guidata da Iván Mordisco (nome di battaglia Néstor Gregorio Vera Fernández), che nel 2016 rifiutò l’accordo di pace voluto dall’allora presidente Ivan Duque Marquez e, proprio in questa circostanza, nacque il gruppo dissidente all’interno delle FARC che, invece, avevano sottoscritto l’accordo di pace.
La decisione di sospendere l’accordo di pace è stata assunta dal presidente Petro in maniera unilaterale in risposta all’uccisione di quattro ragazzi indigeni che, a quanto sembra, si rifiutarono di arruolarsi con forza nel Frente Carolina Ramirez, un altro gruppo della dissidenza delle FARC. Per questo motivo, Petro ha dato l’ordine di “riprendere l’offensiva delle forze armate e di sicurezza contro i gruppi criminali”. A sua volta, l’Estado Mayor Central ha sottolineato come la decisione di sospendere il processo di pace “sia stata presa per volontà statunitense” e autorizzata da un presidente che “oltre alle promesse e alle parole” finora non ha fatto nient’altro che gli interessi degli americani. In effetti, alla riunione del consiglio di sicurezza colombiano che ha deciso la sospensione dell’accordo vi ha partecipato Laura Richardson, comandante del Comando Sud delle forze armate statunitensi.
Il processo di Paz total, cardine del programma politico di Gustavo Petro (che, nel frattempo, ha già cambiato 7 ministri rompendo l’alleanza con conservatori e liberali), sembra vacillare prima ancora di essere attuato totalmente: la riforma del narcotraffico, ha causato reazioni scomposte sia da parte degli stessi narcotrafficanti, sia da parte della classe dominante colombiana, prona agli interessi statunitensi legati alla cocaina, che non ha disdegnato nessun attacco, nemmeno quelli mediatici fondati sulle dichiarazioni di una ex moglie in cerca di ricchezza e notorietà. Dall’altra parte, i gruppi combattenti sembrano non fidarsi di un presidente che, comunque, presta l’orecchio ai sussurri di Washington.
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