Il Cile e l’Argentina si preparano a nazionalizzare il litio, come già fatto in Messico. La decisione è stata annunciata la scorsa settimana dal presidente cileno Boric e da alcuni deputati argentini del Frente de Todos, la coalizione di partiti di maggioranza che sostiene il presidente argentino.
Boric, intervenuto pubblicamente in un discorso tenuto presso Antafagasta, una cittadina nel deserto di Atacama considerata la capitale del litio cileno, ha annunciato che il suo governo sta lavorando ad un progetto di nazionalizzazione del litio che prevede la istituzione di una impresa nazionale pubblica che si occupi dell’estrazione e della vendita del prezioso minerale all’estero, togliendo così dal business le imprese private e i fondi di investimento stranieri. La decisione, dice lo stesso Boric, è necessaria per lo sviluppo del paese e la difesa della sua sovranità.
La decisione di Boric ha subito scatenato reazioni in Argentina, paese facente parte del cosiddetto “Triangolo del litio” insieme al Cile e alla Bolivia (con quest’ultima che ha già nazionalizzato il settore 15 anni fa). Cristina Kirchener – ex presidente argentino – ha subito chiesto l’attivazione di una commissione di esperti che possa studiare e proporre i provvedimenti necessari per nazionalizzare il settore del litio argentino. Il suo appello è stato accolto da dieci deputati del Frente de Todos che hanno firmato una proposta di legge per la nazionalizzazione del litio. Promotore della legge è il deputato Juan Carlos Alderete del partito Corriente Clasista y Combativa (che partecipa alla coalizione Frente de Todos) il quale dice, senza mezzi termini, che “il 65% del mercato mondiale del litio dipende dalla produzione di Cile, Argentina e Bolivia.” “L’Argentina produce il 30% di questa quota” che nel marzo del 2023 ha visto un incremento del 90% su base annuale. Questa maggior produzione ha comportato un aumento “dei ricavi che però” fa notare il deputato “finiscono nelle casse delle imprese private che operano nel settore e che sono di proprietà di fondi stranieri”. La proposta di nazionalizzazione ha scatenato le critiche dell’opposizione di destra e degli industriali poiché, secondo alcuni studi, se il Cile nazionalizza, gli investitori privati saranno attratti dall’Argentina, mentre la nazionalizzazione potrebbe portare a delle perdite di carattere finanziario legata alla scarsa produttività di alcune miniere.
Il litio è una risorsa fondamentale per il futuro della produzione industriale mondiale, soprattutto in un’epoca in cui si punta alla sostituzione dei combustibili fossili con le batterie al litio, in questa nuova corsa al green che, tra speculazione e propaganda, sta investendo tutto il mondo, in modo particolare l’occidente. Proprio per questo, il litio – come altri minerali preziosi e le terre rare – ha assunto un significato geopolitico (come è già avvenuto col petrolio e le guerre per il suo controllo), anche alla luce dello “scontro” tra Cina e Usa su questo settore. La Cina ha accumulato un vantaggio in termini di importazione e di sfruttamento diretto di questa risorsa, rispetto agli Stati Uniti, preoccupati della sempre più grande influenza cinese in America Latina, considerato dai tempi della dottrina Monroe come il giardino di casa.
È evidente che fra Cina e USA – oltre ai soliti screzi su questioni come Taiwan – si stanno giocando la loro partita più importante sul futuro delle nuove tecnologie, microchip compresi, intimamente legati al litio e ad altre risorse preziose. E chissà, la guerra tra i due giganti – ad oggi soltanto commerciale con embarghi reciproci imposti su vari prodotti – potrebbe trasformarsi in un conflitto armato per il litio e le terre rare, come un tempo lo si faceva per il petrolio ed altre risorse.
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