La redazione di Avanti.it ha incontrato Moreno Pasquinelli, storico militante della sinistra sovranista il cui pensiero è già stato ospitato su queste pagine. Pasquinelli è stato fra i promori dell’Assemblea nazionale del Fronte del Dissenso, assise che ha sancito, al termine dei lavori del 22 e 23 aprile, la trasformazione di quella che era un’aggregazione di gruppi locali in una vera e propria organizzazione politica.
Cos’è il Fronte del Dissenso? Qual è il suo retroterra politico e culturale?
Il Fronte del Dissenso è al contempo un movimento ed una comunità politica che funziona su basi federative. Noi nascemmo come confederazione di scopo ai tempi della dittatura sanitaria per abolire le restrizioni e opporci all’istituzione del green pass, che è stato il provvedimento più autoritario adottato su scala mondiale nell’arco del triennio pandemico. Fra il 2021 ed il 2022 il Fronte del Dissenso si è dunque strutturato come una rete di organismi territoriali. Successivamente, quando sono venute meno le restrizioni ed è stato revocato il green pass, ci siamo evoluti diventando un soggetto politico a tutto tondo. Le elezioni politiche dell’anno scorso sono state un fenomeno spartiacque all’interno di questo processo. In vista di quella tornata elettorale, il Fronte del dissenso sottoscrisse assieme ad altre organizzazioni l’appello dei 100, nel quale si auspicava l’unità dei movimenti e dei partitini per raggiungere un successo politico che era nell’aria. L’appello cadde nel vuoto a causa dell’irresponsabilità dei gruppi dirigenti di questi partitini, i quali preferirono coltivare il proprio orticello autoreferenziale presentando diverse liste che si sono fatte la campagna elettorale l’un contro l’altra armate. Dopo il patatrac del 25 settembre, abbiamo avvertito la necessità di ricostruire una casa sulle macerie che si erano prodotte.
Qual è il retroterra politico e culturale del Fronte?
Vari nuclei di diversa estrazione sono venuti a fusione nel nuovo soggetto politico. Ciò che li accomuna è una visione solidaristica della società, i valori dell’uguaglianza, della fratellanza e della libertà rivisitati in un nuovo “patriottismo democratico”, la convinzione che il popolo sia sovrano e sovrana debba essere l’Italia; per coltivare questa sovranità, passaggi ineludibili sono l’uscita dall’Unione europea e dalla Nato, storici cavalli di battaglia della sinistra sovranista. L’urgenza dell’abbandono dell’alleanza militare a guida americana è determinata dal fatto che siamo attualmente un paese cobelligerante in guerra contro la Russia. In questa direzione, il Fronte ha preso nelle ultIme settimane posizioni sempre più nette e coraggiose, in senso antimperialista ed anticapitalista.
Che rapporti intrattiene il Fronte del Dissenso con le altre realtà che si definiscono “antisistema”? Come si pone davanti al momento elettorale, specie in relazione alle scadenze più prossime?
Abbiamo ottimi rapporti di amicizia con le schegge di quello che è stato il movimento “no green pass” e con le frange “dissidenti” venute fuori dalla crisi dei partitini di cui sopra. Riconosciamo l’esistenza di un campo “antisistema” e siamo per l’unità massima delle forze, da costruirsi intorno a pochi punti chiari. Questa convinzione non confligge con il fatto che ci siamo appena costituiti come comunità politica; esistono diverse realtà, prendiamone atto e diamo forma ad un blocco unico contro il Nemico che possa fare tesoro delle differenze che pur ci sono. Un nuovo piano di lotta è determinato dall’opposizione al presidenzialismo, per giustificare la quale basta fare riferimento ai recenti fatti di Francia, dove l’autoritarismo di Macron, uomo solo al comando nella repubblica presidenziale, ha avuto la meglio sull’opposizione parlamentare e di piazza alla riforma pensionistica in virtù di meccanismi che sono propri del sistema presidenziale. Questo è il sistema che ha in mente la Meloni allo scopo di solleticare la parte più destrorsa del suo elettorato, mentre dall’altro lato la promozione dell’autonomia differenziata per le regioni rappresenta la fine dello stato nazionale e la definitiva resa alla globalizzazione europeista, andando incontro alle istanze di altri segmenti del mercato del consenso. Dobbiamo dare vita ad un ampio cartello di forze con una cabina di regia composta da persone serie e non da squinternati; la prevalenza di arrivisti,mitomani e narcisi privi di qualunque cultura poltica, di visione d’insieme e di metodo ci ha infatti condotto al disastro attuale. In questo processo di lotta, noi siamo favorevoli a sfruttare anche i momenti elettorali; non siamo mai stati astensionisti di principio, come attestato dall’atteggiamento assunto davanti alle politiche di settembre, quando abbiamo respinto gli inviti a presentare nostri candidati nelle liste concorrenti una volta smarrita la via dell’unità, invitando però gli elettori a distinguere fra forze di “sistema” e forze “antisistema” nel momento di recarsi alle urne. In occasione dei prossimi appuntamenti elettorali, su tutti le europee dell’anno prossimo, non escludiamo di sfruttare la circostanza per rafforzare l’ooposizione rivoluzionaria, senza tuttavia coltivare illusioni parlamentariste. L’unità si costruisce dal basso, a partire dalle lotte sociali, e non dall’alto in virtà di processi “politicisti” che non hanno alcuno spessore politico.
È possibile trovare un minimo comune denominatore nell’opposizione all’invio di armi al regime di Zelensky?
Noi siamo stati i primi ad organizzare una manifestazione contro l’invio di armi in Ucraina già poche settimane dopo l’inizio dell’Operazione speciale. Oggi sono in campo due inizative referendarie, ed è riprovevole che non si sia raggiunta l’unità neanche su questo e che siano rimasti in piedi due comitati contrapposti; adoperando una parola abusata, questi comitati avrebbero dovuto e potuto essere più “inclusivi”, mentre hanno invece seguito le solite logiche di apparato e non a caso, a quel che ci risulta, la raccolta firme funziona molto poco. Ad ogni modo, molti di noi stanno firmando ed altri stanno anche allestendo banchetti, impegnandosi soprattutto nella promozione del quesito che si concentra sul rispetto della legge del 1990 che impedisce all’Italia di fornire armamenti a paesi belligeranti.
Guardando fuori dall’Italia, esistono oggi, in Europa o nel resto del mondo, movimenti, partiti e regimi politici che il FdD considera, con tutti i distinguo del caso, modelli o punti di riferimento?
In Europa e nel mondo esistono diversi movimenti, associazioni e partiti con cui noi siamo in contatto. Siamo parte costituente del Coordinamento contro la Nato e per la pace ed in questo ambito organizzeremo una conferenza internazionale a Roma a fine ottobre. Non abbiamo regimi di riferimento in senso stretto, siamo per un ordine multipolare e non monopolare com’è quello a dominio americano e sosteniamo tutti i paesi e tutti i governi che si contrappongono all’imperialismo a stelle e strisce e possono aiutraci a riottenere la sovranità nazionale e la sovranità popolare. Non esistono, allo stato attuale delle cose, modelli sociali che vorremmo imitare, ma governi e nazioni di cui ci riteniamo amici e di cui auspichiamo l’unità in un vasto fronte antimperialista.
Paola E. Silano dice
Dopo il fallimento delle politiche che hanno visto la disgregazione dei partitini del dissenso, ora leggo di voi. Non mi pare che abbiate grosse divergenze di intenti col partitino denominato Forza del popolo, perché non provate a unirvi? Sono consapevole delle difficoltà oggettive, ma vi spingo a provare. Non arriverà mai un salvatore a modificare la melma in cui siamo immersi, siamo noi a dover agire, e sarebbe ora di partire insieme e con una politica sana e umana.
Vi abbraccio