La crisi del sistema bancario – partita dagli USA e arrivata in Europa – che ha coinvolto Credit Suisse come primo colosso a dichiarare il rischio di bancarotta, si evolve e diventa una opportunità per gli istituti bancari di fondersi e divenire sempre più grandi. Infatti è notizia di ieri che Ubs, altro colosso bancario svizzero, ha finalmente acquistato per 3 miliardi di franchi svizzeri la concorrente e ormai zoppicante Credit Suisse. L’accordo di acquisto arriva dopo una settimana di trattative fra Ubs e Credit Suisse con la mediazione dell’ente federale svizzero di regolazione del sistema bancario e la Banca Nazionale Svizzera. Ubs in cambio dell’acquisto della rivale in crisi, ha ricevuto delle garanzie: 100 miliardi di liquidità aggiuntiva da parte della Banca nazionale svizzera, la cancellazione dei crediti cds per un valore pari a 16 milairdi, più altre garanzie finanziare “nel caso di esuberi, cause legali ed altre problematiche”, come scrive il Sole24Ore. “Questo accordo” dice soddisfatto il presidente di Ubs Colm Kelleher “rafforza il sistema bancario svizzero come riferimento mondiale”. Soddisfazione espressa anche dalla presidenza svizzera e dai commentatori svizzeri perché così “si è evitata la nazionalizzazione”. Il ministro della finanze svizzero Sutter ha definito questo accordo “cruciale per la salvaguardia del sistema bancario e per evitare ulteriori danni collaterali” che avrebbero coinvolto le banche di altri paesi.
L’accordo è stato visto positivamente anche a Washington, Francoforte e Londra. Il presidente della Fed Jerome Powell e il segretario al Tesoro Janet Yellen hanno dichiarato in una dichiarazione congiunta: “Accogliamo con favore gli annunci delle autorità svizzere oggi per sostenere la stabilità finanziaria”. Mentre da Francoforte, la Lagarde – che ancora insiste con l’aumento dei tassi di interessi, concausa della crisi bancaria – si dice soddisfatta per l’accordo che “assicura il riordino del sistema bancario e la stabilità del sistema finanziario”. E poi assicura “il sistema bancario dell’area euro è solido e resiliente, con una grande disponibilità di liquidità”. Certamente, dato che l’accorpamento di enti e istituti allo scopo della concentrazione di capitali nelle mani del leviatano capitalistico è sempre una priorità, per i tecnocrati di Bruxelles: il “salvataggio” di Credit Suisse altro non è che la sua acquisizione da parte di un pesce più grande, l’eliminazione di un altro concorrente, la concentrazione dei grandissimi capitali in pochissime mani. In questo l’operazione Credit Suisse ha troppe analogie con la crisi scatenata ad arte dai globalisti nel 2008, e potrebbe non essere l’ultima operazione in questo senso.
L’acquisto di Credit Suisse da parte di Ubs – con garanzie pubbliche – però non risolve uno dei fattori più critici della vicenda bancaria: i licenziamenti. Sembra che Ubs non abbia garantito alcunché, anzi sembra che Ubs opererà ugualmente licenziamenti per un ammontare che va dai diecimila ai sedicimila dipendenti. Un massacro, una macelleria sociale che risulta incomprensibile; con 100 miliardi di fondi pubblici messi a garanzia di una banca privata fallita per gli errori dei suoi manager, salvare le vite di decine di migliaia di dipendenti è il minimo che si possa fare. I colossi, bancari o del web, alla minima perdita finanziaria si rifanno sui dipendenti, condannando decine di migliaia di uomini e donne ad un futuro incerto e buio.
Ma si sa, per aiutare i comuni mortali non si trovano mai soldi. Forse è giunto il momento di toglierli alle banche.
Lascia un commento