La recente visita di stato di Giorgia Meloni in Etiopia rappresenterebbe un tassello di quel “piano Mattei” intorno al quale il governo sta impostando la sua politica estera nei confronti del continente africano. Nella capitale Addis Abeba la premier italiana ha avuto modo di incontrare il presidente etiope Abiy Ahmed ed il suo omologo somalo Hassan Sheikh Mohamud, con i quali ha discusso principalmente di affari, dopo che già il 6 febbraio scorso, quando era stato Ahmed a venire in Italia, era stato stipulato un accordo di cooperazione bilaterale che impegna il nostro paese ad investire 140 milioni di euro nella sua ex colonia. Le imprese italiane operano oggi principalmente nella realizzazione di quelle infrastrutture di cui l’Etiopia è carente, mentre le esportazioni riguardano soprattutto autoveicoli e macchinari che non possono essere prodotti in loco. Si tratta di un classico schema neocoloniale in virtù del quale gli ex colonialisti mantengono con le colonie di un tempo “rapporti privilegiati”, divenendone i principali partner economici. La Francia ed il Regno Unito sono maestri del neocolonialismo esattamente come lo furono del colonialismo “storico”, nell’ambito del quale si spartirono l’Africa lasciando le briciole agli altri paesi europei: i francesi controllano i loro ex possedimenti attraverso il franco CFA, i britannici attraverso il Commonwealth. Il neocolonialismo italiano si è dunque per forza di cose concentrato, con il tacito benestare delle due maggiori potenze, sulla Libia e sui paesi del Corno d’Africa, anche se va detto che la Francia ha di recente “rubato” la Libia all’Italia in seguito alle vicende che hanno condotto alla deposizione e all’assassinio di Gheddafi. L’ambizioso “piano Mattei” formulato dal governo Meloni avrebbe proprio lo scopo di riaffermare la presenza italiana nel continente nero richiamandosi a quella che era stata la politica seguita da Enrico Mattei quando era presidente dell’ENI, periodo nel quale l’Italia si era accreditata come partner paritario di alcuni paesi africani mentre Francia e Regno Unito mettevano in piedi il loro sistema di rapace sfruttamento. Questo “piano Mattei” è in realtà uno dei tanti bluff dell’esecutivo della melonessa, e lo si è capito già dopo il viaggio inaugurale in quella Libia diventata terra di nessuno: Non c’è infatti alcuno spazio per il (presunto) protagonismo italiano in Africa in una fase storica in cui gli equilibri che hanno retto negli ultimi trent’anni sono messi a rischio dall’attivismo politico russo in Africa occidentale (area nella quale la Francia sta progressivamente perdendo influenza) e dalla penetrazione economica cinese, che riguarda invece perlopiù zone del continente che si trovano sotto l’egemonia britannica. All’Italia può al massimo essere concesso di accaparrarsi qualche appalto in Etiopia e Somalia, paesi privi di risorse naturali strategiche e caratterizzati da profonda instabilità politica, ma saranno altri a contendersi il petrolio, il coltan e il cobalto nel Grande Gioco che si va profilando. La Meloni tutto questo lo sa bene e non ha obiezioni in proposito, ma ha bisogno di sbandierare ai quattro venti il “piano Mattei” per la stessa ragione per cui suo cognato, il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, porta avanti battaglie “sovraniste” in campo alimentare salvo poi rimangiarsi tutto davanti ai diktat dell’Unione europea. Con iniziative di questo tipo, Giorgia Meloni offre un contentino, più che alla base amorfa, ai quadri e ai dirigenti del suo partito, presso i quali ancora forti sono i richiami della cultura postfascista, quella per la quale l’Istria e la Corsica sono terre irredente e le ex colonie africane portano ancora nel cuore il ricordo di quegli “italiani brava gente” che intonavano negli anni ’30 del secolo scorso versi come Faccetta nera, bell’abissina/ aspetta e spera che già l’ora si avvicina!/ Quando saremo insieme a te/ noi ti daremo un’altra legge e un altro Re. Come per tutto il resto, la politica, quella vera, la fa il Pilota Automatico, ma ci sono margini di azione per le battaglie “identitarie”quelle che permettono di mantenere le proprie quote nel mercato politico. Intanto, altro che Mattei: non paga d’esser suddita di britannici e americani, l’Italia è ormai considerata una colonia anche dalla Francia, come i recenti fatti libici attestano. Per qualcuno, tuttavia, Giorgia Meloni è davvero colei che riporterà l’Italia fra le grandi potenze. Aspettino e sperino, che già l’ora si avvicina.
GR
Lascia un commento