Per la Giornata dell’Europa quest’anno ci siamo sentiti tutti più europei, europeisti e simpaticamente europazzi, specie dopo aver saputo che la ricorrenza sarà celebrata da ora in avanti anche nell’Ucraina (quasi) liberata di Zelensky. Anche i francesi, per togliersi di dosso quella fama di eurobrontoloni che si portano dietro dal 2005, quando si permisero di respingere in un referendum quella “Costituzione europea” che poi sarebbe passata comunque per vie traverse, hanno voluto onorare la festa promuovendo l’obbligo di issare la bandiera blu dell’Europa a fianco del tricolore nazionale in tutti i municipi dei comuni con più di 1500 abitanti. A farsi promotore di questa iniziativa è stato il deputato macronista Mathieu Lefèvre, la cui proposta di legge è stata approvata in seno all’Assemblea nazionale dopo essere stata emendata dalle opposizioni e dalle stesse forze di maggioranza: il testo originario è stato “ammorbidito” facendo decadere la possibilità che l’obbligo riguardasse tutti i comuni e consentendo di esporre il drappo blustellato anche sul tetto dei municipi o sugli edifici vicini, venendo al contempo “rinforzato” da un emendamento dei macronisti che impone di esporre negli stessi municipi il ritratto ufficiale del presidente della repubblica. Il dibattito sulla questione ha condotto inizialmente ad una spaccatura fra i partiti di governo, con i postdemocristiani del Mouvement démocrate che hanno annunciato la loro astensione, seppure per questioni meramente “tecniche” come le difficoltà di bilancio dei piccoli comuni, ma alla fine è stata l’opposizione di sinistra ad uscirne scompaginata. I Verdi, infatti, ribadendo la loro fede europeista con il solito ritornello “L’Europa è la soluzione e non il problema”, hanno votato assieme alla maggioranza, smarcandosi dalla convergenza che c’era stata fra La France Insoumise di Melenchon ed i lepenisti del Rassemblement National, un anomalo asse destra-sinistra che aveva già preso corpo nell’opposizione alla nuova legge pensionistica. Ancora una volta, dunque, il fronte macronista viene salvato da una parte dell’opposizione, e ancora una volta in nome dell’Europa: ieri per una questione cruciale, oggi per questo provvedimento che tanto somiglia ad un’arma di distrazione di massa. E così, la bandiera blu con le dodici stelle potrà garrire intorno ai municipi francesi, come già fa nelle sedi istituzionali parigine e negli istituti scolastici, ed è stata opportunamente arginata quella “tentazione nazionalista” di cui parla Paolo Lepri in un suo preoccupato intervento sul Corriere della Sera, nel quale lancia il suo monito contro la convergenza antieuropea di “estrema destra” ed “estrema sinistra” (a suo dire, “non è stato certo un bello spettacolo”) che si è materializzata in Francia a mo’ di nuovo fantasma che si aggira per l’Europa, rilanciando l’allarmismo che era già scattato all’epoca delle manifestazioni “rossobrune” in Repubblica Ceca dello scorso autunno. In Italia, almeno, stiam tranquilli: son tutti europeisti, chi non lo era lo è diventato e chi non lo è lo diventerà. Le bandiere blu da noi non hanno incontrato cavillose opposizioni, ma generalizzato entusiasmo, come tutti i vessilli d’origine straniera da centinaia d’anni a questa parte. In queste radiose giornate il Movimento Federalista Europeo ha lanciato i “Saturdays for Europe”, manifestazioni per chiedere la riforma dei trattati ed approdare alla realizzazione degli Stati Uniti d’Europa, il vecchio sogno del guru Altiero Spinelli. Nel primo giro di flash mob, quello di sabato 22 aprile, non si sono presentate folle oceaniche: a Verona pare fossero in cinque, e non se li è filati di striscio manco la Repubblica. Il “sogno europeo”, evidentemente, non scalda i cuori come una volta.
GR
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