In questi giorni gli sbarchi sulle nostre coste arrivano a un nuovo record, con cifre addirittura tre volte più alte rispetto al 2022. Gli sbarchi di quest’anno infatti (e siamo solo a marzo) arrivano alla impressionante cifra di 26.927 migranti, 6.564 solo negli ultimi cinque giorni, con una particolare concentrazione sulle coste di Calabria e Sicilia, Lampedusa al collasso con oltre 2mila migranti in 48 ore. Ormai i numeri parlano chiaro: si tratta di una vera e propria deportazione in massa dall’Africa tanto che ormai persino l’opposizione di stampo globalista che fa di tutto per attaccare il governo afferma solamente che “sui migranti Meloni torna da Bruxelles con un pugno di mosche” (Schlein) e che “Salvini fa meno danni se si occupa del ponte sullo stretto” (Calenda), senza per adesso tirare in ballo la solita retorica dell’accoglienza intuendo forse che sarà difficile continuare a darla a bere agli elettori.
Il governo dal canto suo attacca la malavita delle ong che, rese responsabili penalmente per la tratta degli schiavi in atto dall’ultimo decreto, potrebbero aver aumentato il volume degli sbarchi per far capire all’Italia chi è che comanda sulla questione, mostrando la loro arma di ricatto. Ma a causare la triplicazione degli sbarchi vi è l’apertura di nuove rotte. La tradizionale rotta libica, organizzata da Tripoli con il benestare fra gli altri della Meloni e degli Stati Uniti, continua infatti a produrre profitti mentre l’Onu con un’ inchiesta indipendente finge di indignarsi denunciando in un rapporto l’UE per il sostegno alle forze libiche. Ad aggiungersi a questa rotta però vi è adesso la Tunisia che, da centro di accoglienza di migranti da trasferire poi in Libia, si è trasformata in paese “esportatore” di nuovi schiavi, con decine di navi che salpano quotidianamente da Sfax. Ad aggiungersi a queste rotte vi è infine la Turchia, dal momento che la Grecia ha posto un blocco alla tratta dei migranti sorvegliando le proprie coste. La sola rotta turca ha inoltre visto un raddoppiamento di migranti diretti verso le coste italiane con affari per le ong di 10mila euro a biglietto.
Non si può quindi parlare di ondate migratorie di portata più o meno vasta ma di una vera deportazione a pagamento che tiene sotto scacco il governo e di cui italiani e migranti continuano a subire le conseguenze. Considerando che i governi degli altri paesi europei hanno tutto l’interesse a ridurre gli arrivi presso i loro confini, sarà infatti l’Italia a continuare ad affrontare la questione -lamentandosene- ma di fatto continuando a fare gli interessi dei trafficanti come era avvenuto con la questione catanese.
Francesca Luchini
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