Marco Di Mauro
Avanti.it
MILANO – Davanti ai cancelli chiusi del Pirellone, martedì 15 novembre, una cinquantina di attivisti ha creato un presidio chiedendo l’abrogazione totale della tessera verde, ancora presente nelle strutture sanitarie, di fatto gli ultimi baluardi dell’operazione Covid. L’accesso alle prestazioni sanitarie non è stato restituito alla normalità, quasi a monito che al vecchio mondo, in cui esistono diritti fondamentali e naturali, non si torna più, ma ciò che fino a oggi si è considerato innato diviene un premio in un sistema che sorveglia e punisce i comportamenti privati non conformi al contesto economico e politico calato dall’alto; non molla la sanità la mafia globalista, in quanto testa di ponte dell’operazione Covid, che ne ha ultimato la trasfigurazione, da apparato di garanzia della salute pubblica, in una immensa banca dati ad uso e consumo del ministero dell’economia, dell’INPS, del fisco: il fine ultimo di questa rete è una piattaforma unica in cui i dati sanitari, fiscali, economici, catastali e patrimoniali vengano incrociati in tempo reale, andando a creare il primo nucleo della cittadinanza digitale. Il controllo totale del servizio sanitario nazionale è la chiave d’accesso a questo sistema: già il primo corso di riforme, avviato da De Lorenzo nei primi anni Novanta e perfezionato dai due governi Berlusconi del primo decennio del nuovo secolo con l’istituzione della devolution e del Sistema Tessera Sanitaria, ha completamente demansionato lo stato dalla gestione economica del servizio sanitario nazionale, dando in pasto le strutture agli avvoltoi privati con la mediazione delle regioni e di Farmindustria. Il secondo corso, avviato dai vari governi tecnici degli anni Dieci, ha realizzato, modellando sugli standard tecnocratici dell’Unione Europea le modalità di accesso alle cure e potenziando la campagna vaccinale, una vera e propria ridefinizione del concetto di diritto alla salute. Per questo, nella sua fase più delicata, l’operazione Covid non può abbandonare gli ospedali: bloccare all’ingresso chi non è vaccinato, paziente o visitatore che sia, è una discriminazione necessaria che, mentre manipola l’opinione pubblica sul piano ideologico della punizione e pericolosità dei Novax, sta in realtà sancendo sul piano politico che l’accesso alla salute non è un diritto universale, e sta sancendo come normale la possibilità che in futuro altri cattivi possano essere esclusi dalla vita pubblica. “Una mozione del PD approvata pochi giorni fa dal consiglio della regione Lombardia prevede il demansionamento dei sanitari che non hanno accettato la discriminatoria tessera verde, definiti per la prima volta ‘Novax’ in un documento ufficiale.” afferma Raffaele Varvara, presidente dell’Organizzazione Di Sana e Robusta Costituzione e promotore del presidio insieme a Libera Resistenza Lecco, Milano Insorge, Miracolo a Milano, Comitato di Liberazione Nazionale, Pro Italia, Fronte del Dissenso. Come ci hanno tristemente abituati le manifestazioni contro il green pass, i partecipanti erano poco meno di cinquanta, che sono rimasti stoicamente per tre ore e mezza sotto la pioggia aspettando un colloquio, preavvisato via pec e ottenuto con l’intermediazione del consigliere del gruppo misto Luigi Piccirillo, con un rappresentante dell’assessorato al welfare con il fine di richiedere l’immediata modifica dell’impianto legislativo che impone il perdurare dello stato di emergenza nell’accesso alle strutture, particolarmente il Dgr XI 6082 che tutt’oggi prevede il possesso del super green pass per le visite dei parenti. Il presidio di martedì è il primo di quello che le realtà presenti definiscono il “secondo livello” dell’Operazione Riapriamo le Porte, che li ha visti protestare davanti all’ingresso di più di venti strutture sanitarie in tutto il nord Italia – Milano, Genova, Torino, Lecco, Bergamo, Verona, Udine, Vicenza, Chivasso, e in molti casi si è dovuto presidiare due volte la stessa struttura – ottenendo quasi sempre il favore dei dirigenti ospedalieri, che hanno accettato di alleviare le restrizioni in caso di fine vita e stabilito un canale con il movimento per ricevere segnalazioni di abusi, e in più casi hanno chiesto agli attivisti di verticalizzare le loro istanze alla regione. E così si è deciso, perché le magre concessioni dei direttori sanitari non risolvono il problema, partendo da Milano e dal Pirellone, dove si sono recati attivisti da Torino, Lecco, Vicenza, Bergamo, Pavia. E qui si è constatato, innalzato il livello, quanto sia difficile questa battaglia: intervenire sulle leggi dettate da queste roccaforti dei poteri transnazionali, da parte di un pugno di comitati e associazioni territoriali, è una battaglia tra un gigante e delle formiche. E la Digos nel mezzo: di fronte alle mancate risposte della regione, decisa a non rispettare l’appuntamento, gli agenti in borghese hanno cercato, con il loro noto savoir faire, di dissuadere i manifestanti, decisi a rimanere a oltranza finché non avessero ottenuto una risposta chiara. Che è arrivata dopo tre ore e mezza sotto la pioggia incessante di Milano, dal consigliere Luigi Piccirillo, intervenuto al presidio appena terminata la seduta del consiglio, con un appuntamento fissato per venerdì 18 novembre alle 14 con il direttore generale del welfare Giovanni Pavesi. Che sia un appuntamento farlocco preso per temporeggiare o un appuntamento reale, lo si scoprirà solo venerdì; ma sembra che tutto si basi ancora su Piccirillo – espulso dal M5S per essersi schierato contro il green pass e che sostiene l’illegittimità del provvedimento contro di lui organizzando una petizione su change.org per il suo rientro, ma che sembra sostenere con minore zelo questa battaglia, non proprio conforme al partito in cui punta a rientrare da figliuol prodigo – rendendo le prospettive di un dialogo reale meno solide. Comunque vada, martedì abbiamo assistito a una piazza diversa con istanze e interlocutori reali, non la solita passerella di mera testimonianza, come sono state, e purtroppo continuano a essere, la maggior parte degli eventi legati all’ambiente del dissenso.
Mentre le regioni del nord offrono questo spaccato di lotta reale, nel resto del paese il terreno del dissenso alla dittatura sanitaria e al capitalismo della sorveglianza, squassato dal sisma delle aspirazioni parlamentari, vien meno sotto ai piedi della galassia frettolosamente creata ai fini elettorali, come vedremo nella prossima puntata.
Lucia Anna Venturini dice
Sono di. Mantova. Anche qui sarebbe opportuno farsi sentire.
Condivido la vostra azione ed ogni vostra parola.
Ho lottato durante questi ultimi anni e non ho mai ceduto.
Vi lascio i miei dati.
Il Contadino dice
Se è vero che persiste il green coso nelle rsa è anche vero che vogliono obbligare mio figlio, che frequenta le elementari, alla mascherina (sai, c’è un positivo in classe, 10 giorni di pezza per tutti, offro io). Il piccolo resterà a casa 10 giorni, come ha fatto nei due anni appena trascorsi.
Importante partecipare agli eventi descritti nell’articolo, altrettanto importante, se non di più, defilarsi dalla società che si va creando, ritagliarsi uno spicchio di mondo un po’ più sano, dove il buon senso continua ad esistere. Gente di buon senso se ne trova ancora, non tanta certo, ma un pochetto ce n’è
Bertozzi dice
Ottimo articolo grazie