Prosegue con Italia Sovrana e Popolare la nostra rassegna sulle liste “antisistema” che prenderanno parte alle elezioni politiche del 25 settembre, dopo aver pubblicato la settimana scorsa la monografia su ItalExit.
Giuseppe Russo
Avanti.it
In base a un sondaggio lanciato su Byoblu a poche ore dalla caduta del governo Draghi, la forza “antisistema” che godeva di maggior seguito era Italia Sovrana e Popolare. Questo nonostante la sigla più cliccata dagli utenti del sito fosse piuttosto giovane all’epoca, avendo visto ufficialmente la luce il 26 luglio. Precedentemente, infatti, la stessa area si muoveva all’ombra della bandiera di “Uniti per la Costituzione”, il cui simbolo era già stato utilizzato alle ultime elezioni comunali genovesi, occasione nella quale era stato eletto l’unico consigliere comunale della tornata, il senatore Mattia Crucioli. Proprio al Senato, intorno ad alcuni transfughi del Movimento 5 Stelle, fra i quali lo stesso Crucioli, Elio Lannutti e Bianca Laura Granato, si era formato nel gennaio di quest’anno un gruppo parlamentare che si era inizialmente chiamato “Uniti per la Costituzione”, per poi ribattezzarsi ad aprile “Costituzione Ambiente e Lavoro . Partito Comunista – Italia dei Valori” con l’adesione del senatore Emanuele Dessì, a sua volta ex pentastellato che aveva da tempo aderito al PC di Marco Rizzo. Successivamente, a sfilarsi dal progetto erano stati quelli di Alternativa di Pino Cabras (con l’eccezione di Bianca Granato), accasatisi prima presso ItalExit e rimasti poi senza un tetto politico in vista delle urne. Così, “Italia Sovrana e Popolare” è nata come soluzione di ripiego da un lato, e di compromesso dall’altro: lo stesso simbolo adottato è un capolavoro di manuale Cencelli applicato alla micropolitica, con la stellina rossa in alto (come puntino sulla seconda “I” di Italia) a rappresentare il comunismo di tendenza marcorizziana. Oltre al Partito Comunista, che pure ha subito un’emorragia di iscritti in seguito alla “svolta sovranista”, soci fondatori di Italia Sovrana e Popolare sono Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Azione Civile, Italia Unita, Patria Socialista ed almeno altri nove “partiti” (a detta di Rizzo, infatti, sarebbero quindici le organizzazioni che hanno dato vita a ISP) di cui è difficile trovar traccia.
Un esasperato verticismo ha caratterizzato sin dalle prime battute l’avventura di Italia Sovrana e Popolare. I generali senza esercito (ma spesso attorniati da una pletora di colonnelli affamati) dei diversi micropartiti dell’area “sovranista” hanno fatto, fondamentalmente, tutto da soli. L’accordo politico è stato perseguito a dispetto della tanto decantata unità delle forze del dissenso: alla resa dei conti, i posti non bastavano per tutti. Il minimo comune denominatore dell’opposizione alle misure tecno-sanitarie e agli obblighi vaccinali è solo apparente, per non dire strumentale: le piazze del movimento No Green Pass sono state supportate solo quando si trovavano nella parte discendente della loro parabola, mentre in precedenza non pochi attuali esponenti ISP si erano esibiti in compromettenti dichiarazioni di fede vaccinista. L’avversione alla guerra e alla NATO, invece, rappresenta un più genuino fattore di unità: il fatto stesso che tali vicende abbiano preso il posto del Covid nei palinsesti mediatico-elettorali gioca a favore della lista. Ad ogni modo, la piccola casta dei piccoli partiti ha mostrato la sua indole in occasione dell’assegnazione delle candidature e dei posti “buoni” per l’elezione. Com’è oramai risaputo, i posti “buoni” son quelli da capolista nei collegi plurinominali della Camera, l’unico ambito nel quale il 3% dei voti garantisce l’elezione di un pugno di deputati, mentre remote appaiono le possibilità di eleggere senatori con la stessa percentuale. Per garantire l’elezione a chi di dovere, non basta che i posti siano “buoni”, è necessario pure che siano tanti, perché il birichino meccanismo della legge elettorale può far “scattare” il seggio dove meno te l’aspetti. E così, tanto per avere un’idea di chi ha più peso all’interno di ISP, cinque candidature da capolista sono andate a Marco Rizzo, a Francesco Maria Toscano di Ancora Italia, alla senatrice uscente Bianca Laura Granato e a Giovanna Coricciati di Riconquistare l’Italia; quattro primi posti (ed un secondo) sono andati in dote all’ex magistrato e leader di Azione Civile Antonio Ingroia; tre posti a testa sono andati alla comunista Silvia Stefani, all’ex consigliera del Municipio XII a Roma per il Movimento 5 Stelle Antonella D’Angeli e a Stefano D’Andrea, che di Riconquistare l’Italia sarebbe il capo assoluto, ma che in questa circostanza ha abdicato alle sue prerogative a favore della già citata Coricciati. Se le cose dunque dovessero andare per il meglio, e dovesse essere superata la soglia di sbarramento del 3% dei voti validi, gli otto nomi sopra elencati rappresenterebbero ISP nella Camera dei Deputati. Qualche chance potrebbero averla anche altri che hanno ottenuto il ruolo di capolista in un solo collegio, su tutti l’ex presidente del Municipio VIII di Roma Paolo Pace (eletto col Movimento 5 Stelle e poi fuoriuscitone sbattendo la porta), il patron di Byoblu e a sua volta ex responsabile comunicazione del Movimento 5 Stelle Claudio Messora, il fotoreporter Giorgio Bianchi, il critico musicale Antonello Cresti, l’avvocato e segretario nazionale di Ancora Italia Mario Gallo, il leader di Patria Socialista Igor Camilli, il docente universitario vicino al PC Alberto Lombardo ed i dirigenti locali a loro volta di Ancora Italia Luciano Tovaglieri e Vincenzo Sparti. Di contorno e testimonianza appaiono invece le candidature di tre volti noti della rete, lo storico e saggista Paolo Borgognone ed i videoblogger Arnaldo Vitangeli e Lorenzo Lambrughi alias “Lambrenedetto”. Al Senato, dove difficilmente ISP toccherà palla, i pluricandidati sono l’uscente Emanuele Dessì e l’insegnante Giovanna Colone, a suo tempo sospesa dal lavoro per non aver ottemperato agli obblighi vaccinali, nominata formalmente “capo politico” della lista. Un posto da capolista, seppur con possibilità di elezione quasi nulle, è toccato anche al giornalista Fulvio Grimaldi, una vita da eretico della sinistra italiana, al medico Daniele Giovanardi, fratello gemello del più noto ex ministro Carlo, al filosofo e docente universitario Andrea Zhok, al biologo Enzo Pennetta ed all’economista Gilberto Trombetta, già aspirante sindaco di Roma per Riconquistare l’Italia. La vera candidata di punta, tuttavia, almeno a livello mediatico, è la novantacinquenne Gina Lollobrigida: imbarcata nell’impresa da Ingroia, che è anche il suo avvocato, l’ex attrice si è resa fra le altre cose protagonista di un video in cui festeggia l’avvenuta vaccinazione andando a pasteggiare da McDonald’s. La “Lollo”, che è stata pure vittima di un incidente domestico con annessa operazione al femore, ha nel curriculum politico, a parte una vaga democristianeria di gioventù, una candidatura con i turboeuropeisti Democratici di Romano Prodi alle europee del 1999. Capolista in due collegi, Gina Lollobrigida è di fatto la “numero 3” di ISP al Senato. Irripetibile lo scenario maturato nel secondo collegio plurinominale siciliano, dove la lista di ISP vede la Lollobrigida al primo posto e Grimaldi al secondo: 183 anni in due.
Al di là della distribuzione delle candidature e dei consessi di generali e colonnelli, è Francesco Toscano il “vero” leader di Italia Sovrana e Popolare, quello che in questi mesi ha dato le carte determinando la traiettoria politica ed il perimetro dell’alleanza. È stato Toscano a coinvolgere nell’operazione i tanti influencer elencati nel paragrafo precedente: in questo senso, più che il capo dei capi, egli è l’influencer degli influencer . Tale ruolo se lo è ritagliato da editore e conduttore di VisioneTv, il cui canale YouTube ha saputo guadagnarsi nel tempo un largo seguito soprattutto grazie alle pungenti rassegne stampa dello stesso Toscano. In virtù delle ingenti somme raccolte attraverso le donazioni al canale, Toscano ha potuto arruolare una serie di “grandi nomi” dell’informazione indipendente, molti dei quali si sono poi anche candidati, seppure per onor di firma. Il suo auspicio è quello che le migliaia di follower di ciascuno di questi influencer possano trasformarsi in succulenti pacchetti di voti. I fatti sembrano sinora dargli ragione, visto l’entusiasmo suscitato in occasione della raccolta delle firme per presentare le liste: alla fine, Italia Sovrana e Popolare sarà la formazione “antisistema” più presente sulle schede elettorali (il suo simbolo mancherà soltanto nelle circoscrizioni degli italiani all’estero e in Trentino-Alto Adige al Senato). Toscano, tuttavia, ha da poco perso per strada quello che era il pezzo pregiato della sua collezione, quel Diego Fusaro che, dopo essere stato l’ideologo ufficiale di Vox Italia prima e di Ancora Italia poi, si è ultimamente avvicinato a Paragone e alla sua ItalExit. Prima di essere di fatto licenziato dal suo datore di lavoro, Fusaro ne aveva favorito l’ascesa nell’empireo del sovranismo italiano, permettendogli di varcare gli angusti confini della natia Calabria. È a Roma infatti che punta Francesco Toscano, il quale, nonostante abbia poco più di quarant’anni, vanta un lungo cursus honorum nella politica calabrese. Già nei suoi venticinque anni, tornato a Gioia Tauro dopo la laurea in giurisprudenza conseguita all’università di Bologna, Toscano inizia il suo vagabondaggio nei partiti di centro e di centro-destra, riuscendo a strappare qualche incarico nel sottobosco politico post-democristiano. Nel 2012 prova prematuramente il grande salto nella politica nazionale, proponendosi come referente calabrese del movimento Modern Monetary Theory, patrocinato in Italia da Paolo Barnard: snobbato da quest’ultimo, si vede costretto ad imboccare altre strade. Stringe dunque un sodalizio con Gioele Magaldi, sedicente “massone progressista” ed autore del controverso Massoni. Società a responsabilità illimitata. Alla scoperta delle Ur-Lodges. Insieme danno vita al Movimento Roosevelt, “associazione metapolitica” che, ispirandosi alle iniziative del presidente americano degli anni ’30 e ’40, lancia l’ambizioso progetto di un “New Deal per la Calabria”. Questo nuovo corso si materializza proprio a Gioia Tauro, dove alle comunali del 2015 viene eletto sindaco Giuseppe Pedà, apparentemente alla guida di una coalizione di centro-destra con Forza Italia e l’UDC, ma a capo in realtà, secondo Magaldi e Toscano, della prima coalizione “rooseveltiana” della storia. Toscano viene nominato assessore alla cultura nella giunta Pedà e si dimette da segretario del Movimento Roosevelt, per fondare di lì a poco l’effimero Movimento Federale Keynesiano. Alla fine del 2016, dopo nemmeno un anno e mezzo, termina l’esperienza della giunta che, nata “rooseveltiana”, muore per mano della prefettura di Reggio Calabria, che ne determina lo scioglimento per infiltrazioni mafiose in seguito ad un’indagine del GICO della Guardia di Finanza. Toscano ne esce pulito: non solo è estraneo alle trame criminali delineate dagli inquirenti, ma è stato anche più volte in contrasto con altri esponenti della maggioranza poi coinvolti nel provvedimento. Nel 2018 è la volta di Ingroia, attraverso il quale Francesco Toscano rimedia una simbolica candidatura nella sfortunata Lista del popolo per la Costituzione, fra i cui fondatori c’era anche Giulietto Chiesa: nel collegio uninominale di Gioia Tauro il futuro leader di Italia Sovrana e Popolare racimola appena 245 voti, pari allo 0,21%. Alle elezioni amministrative del suo comune di residenza del 2019, quelle seguite allo scioglimento della giunta Pedà, Toscano dà vita a “Risorgimento Meridionale per l’Italia”, facendo correre a sindaco, da indipendente, il suo dipendente Diego Fusaro. Il filosofo torinese, forse a malpartito nelle terre calabre, arriva ultimo fra i candidati in lizza con 281 voti. Nonostante i fiaschi e le figuracce, i tempi appaiono maturi per mettere in piedi un partito “vero”, ed allo scopo nasce Vox Italia, che poi, dopo un paio di scissioni, diventa Ancora Italia, forza politica di cui ora Toscano è presidente indiscusso. Facendo una stima, Francesco Toscano è stato in una decina di partiti, la metà dei quali fondati da lui. Alle elezioni del 25 settembre è candidato in Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio e Campania, ma non in Calabria. Del resto, si sa: nessuno è profeta in patria.
Il programma di Italia Sovrana e Popolare è radicale sotto tutti i punti di vista: al primo punto vi è “l’indipendenza da UE, NATO, Eurozona e OMS”, seguita dall’archiviazione di tutte le residue misure restrittive prodotte dall'”autoritarismo sanitario” e dalla promozione di una politica “keynesiana” di robusto interventismo statale nella sfera economica. Relativamente alle questioni del lavoro, ISP propone il salario minimo di 1200 euro mensili per i dipendenti, l’abbattimento di spese e commissioni legate ai dispositivi POS per i commercianti. Particolare attenzione è riservata al “controllo tecnologico”, per arginare il quale si propongono, fra le altre cose, la fine delle limitazioni per l’uso del denaro contante, lo stop al progetto dell’Identità Digitale Europea e il divieto per i giganti dei social network di censurare arbitrariamente post e profili. Si tratta di un programma marcatamente “di sinistra” (in senso novecentesco), fatta eccezione per i riferimenti alla tutela della piccola e media impresa. A parte il ramingo Toscano, infatti, gli esponenti più in vista di ISP hanno tutti alle spalle un background da compagni.
I sondaggi del mainstream non sono benigni come quelli di Byoblu: gli ultimi diffusi prima del blocco preelettorale o non menzionavano neppure la lista di Rizzo e Toscano, o la davano poco al di sopra dell’un per cento. Il progetto potrebbe anche avere un senso ed una prospettiva politica, ma alla resa dei conti si rivela un coacervo di spregiudicati arrivismi. La vera “sfida” comincerà dopo le elezioni, una volta smaltita la febbre, che la formazione entri o meno negli agognati palazzi; il timore è che, passata la festa e gabbato lo santo (in un senso o nell’altro), di Italia Sovrana e Popolare resti traccia solo nella storia del folklore politico.
Giosafatte dice
Questa lista è nata in una contingenza assai difficile e come tutte le liste nate a ridosso delle elezioni né sconta limiti e ambizioni. È tuttavia è la lista di opposizione più significativa e pluralista.
La politica sanitaria del governo per combattere il Covid 19 si è rivelata non solo errata, ma anche ingannevole. Tantissimi cittadini si sono resi conto dell’inganno e con molta probabilità, anche se non lo dicono apertis verbis si collocano all’ opposizione.
Quanti sono è non facile prevederlo, ma ci sono. Il 25 di settembre avremo la possibilità di contarli
Marco dice
Tanta gente non sa nemmeno che esista questo partito tra le possibilità del 25 settembre. Tanti che sento rispondono “mah !!!” alla domanda “chi votiamo stavolta ?”. Il tradimento M5S ha bruciato molte fiducie col risultato di alimentare il già grasso fiume dell’astensione. Ma ISP e ItalExit ci possono stupire, come già hanno fatto in occasione del grande successo della raccolta firme: in soli 20 giorni, senza preavviso, a cavallo di ferragosto, con un caldo mai visto e sopratutto senza alcuna copertura mediatica. La voglia di fare piazza pulita di questa classe politica ribolle da tempo in italia e i successi passati di Lega e M5S furono frutto di questo diffuso desiderio popolare. Oggi quel desiderio di rinnovamento radicale è più forte che mai. Il 26 settembre potremmo avere delle sorprese. Sperem
DG dice
Chiaro che dopo la grandissima delusione della scissione e sputtanamento dei 5s, con fuga e schieramento di taluni in opportuni e convenienti schieramenti, mancanti di qualsiasi etica e dignita’ personale, la costituzione di governi non eletti dal popolo ma autocostituiti con leggine anticostituzionali, e’ idea abbastanza comune che le elezioni non servono a nulla, quindi viva l’assenteismo a l’astensionismo.
Il problema e’ che per cambiare si deve innanzitutto cominciare ad andare a votare ma a votare gente come ISP che vuole innanzitutto farsi portavoce di una rinascita del popolo, del vero senso della volonta’ e del potere del popolo. Una cosa alla volta, niente promesse assurde, prima il potere al popolo, poi i risultati arrivano stando coi piedi per terra, ragionando con la nostra testa e per il bene del popolo, non dei politici delinquenti e falsi.
Speriamo di arrivarci. Un giorno
Luca Russi dice
Mi pare che tratteggiando la parabola di Francesco Toscano, chiaramente determinata dal desiderio di far emergere posizioni di un certo tipo (sempre ideologicamente molto ben distinguibili) districandosi nel mezzo di una stagione politica non certo facile come quella presente, per giunta in una regione dove purtroppo gli episodi di infiltrazione mafiosa sono all’ordine del giorno (ma per vostra stessa ammissione ne è poi uscito assolutamente pulito) descrivendola come puro arrivismo, per poi estendere ancora più arbitrariamente l’accusa a tutti gli altri esponenti, così, a scatola chiusa e senza neppure spiegarne le motivazioni, non abbiate fatto un bel servizio alla verità, comunque.
Se si parla di una coalizione così numerosa è ovvio che in fase di assegnazione delle candidature ci siano state delle trattative, non vi pare? Sfido chiunque a pensarla diversamente. Il fatto che poi, soprattutto Rizzo (ma anche lo stesso Toscano) si siano messi in gioco mettendoci la faccia con le proprie basi, rinunciando ciascuno al proprio simbolo per allearsi con sigle che da una parte degli iscritti, sotto la lente deformante di categorie come quelle di “destra e”sinistra”che non sono più molto adeguate per rappresentare l’attuale deriva neo-liberista, vengono ancora viste con un certo sospetto, non viene neppure menzionato.
Molto banalmente io direi che non ci sarebbe molto da stupirsi se l’operazione di fusione non andasse in porto, una volta fallito l’obiettivo di superare la soglia di sbarramento. Il coacervo di “arrivismi” però non c’entra un bel niente. Abbiamo voglia di arrivare, sì, dopo tre decenni di sostanziale latitanza di opposizioni degne di questo nome al pilota automatico del Pensiero Unico.