Giuseppe Russo
Avanti.it
Il lungo addio di Enrico Letta al Partito Democratico si consuma in uno scenario che è già post-atomico prima ancora che cada la bomba. Dimessosi all’indomani delle catastrofiche elezioni di settembre, l’uomo dagli occhi di tigre ha stabilito che il suo successore scaturisse da lunga e travagliata gestazione. Quattro mesi sembravano abbastanza, ma poi fra una cosa e l’altra si arriverà a cinque dopo l’ennesimo rinvio della data delle primarie “aperte”, inizialmente previste per il 19 febbraio e poi slittate al 26 per non essere troppo a ridosso delle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, dove si profilano altri tracolli. Il primo turno per l’elezione del segretario si svolgerà a partire dal 3 febbraio, quando i quattro candidati si sottoporranno al giudizio degli iscritti al partito e solo i primi due passeranno alla fase successiva, giornalisticamente detta “dei gazebo”.
Fra le simpatiche iniziative messe in piedi da Enrico Letta per riempire le pagine dei giornali amici in attesa dei gazebo, figurano “la bussola” ed il Comitato Costituente. La prima è un’indagine che “ha sondato gli umori della base dem” (come scriverebbero i giornali di cui sopra) sottoponendo a 18000 militanti piddini un questionario a risposta multipla curato dall’equipe del guru dei sondaggi Nando Pagnoncelli. Le domande erano le solite: chi siamo, dove andiamo, che ci stiamo a fare al mondo. Le risposte, lungi dall’articolarsi in cahiers de doléances, possono essere sintetizzate in “boh…fate un po’ voi…basta che ci prendiate un altro po’ per il culo”, cioè esattamente ciò che i gerarchi del PD volevano sentirsi dire. Decisamente più in alto ha invece volato il Comitato Costituente, una congrega di 87 teste d’uovo chiamate a scrivere una nuova Carta dei Valori e dei Principi (mi raccomando le maiuscole…) a distanza di quasi quindici anni dalla data di varo del precedente Manifesto dei Valori, vergato da saggi di un’altra epoca mentre prendeva forma l’allora neonato PD di Veltroni. È chiaro che una “carta” è assai meno impegnativa di un “Manifesto”: pare infatti che, constatata l’assurdità di produrre un simile documento prima di eleggere il segretario, le parti si siano accordate affinché il testo funga solo da “bozza” in vista di ulteriori perfezionamenti. Ad ogni modo, i saggi sono andati avanti con le loro adunanze, e il frutto delle loro elucubrazioni verrà ratificato dall’Assemblea Nazionale di sabato prossimo. Come nella migliore tradizione di queste baracconate, non è dato neanche sapere con certezza quanti siano i membri del comitato: all’inizio erano 87, poi a metà dicembre si è smarcato lo scrittore Maurizio De Giovanni (e dunque dovrebbero essere 86), ma il sito del partito, dal quale De Giovanni è stato purgato, riporta ben 95 nominativi.
Dopo essersi messi d’accordo sulla data delle elezioni, gli aspiranti capitani della nave che affonda hanno trovato un’intesa anche sulle “regole”, l’argomento che più appassiona gli storditi militanti. L’oggetto del contendere era la possibilità di votare, oltre che nei famigerati gazebo, anche attraverso la rete, come aveva proposto per prima Elly Schlein, secondo la quale bisognava prendere atto dei cambiamenti sociali sopraggiunti dopo il Covid. Bonaccini ha replicato mandando avanti qualcuno dei suoi a dire che non era proprio il caso. Il compromesso raggiunto alla fine di questo braccio di ferro a mezzo stampa rappresenta la quintessenza del piddismo: sarà possibile votare on line, ma solo per coloro i quali sono impossibilitati a farlo fisicamente, come i residenti all’estero, gli studenti fuori sede, i lungodegenti e quelli che abitano in comuni dove non è previsto vengano allestiti seggi. Un’analoga soluzione di stampo burocratico-cerchiobottista è stata trovata per i compagni di Articolo 1, i figlioli prodighi di Speranza, Bersani e D’Alema che, dopo aver mollato il PD all’epoca di Renzi, si preparano a tornare a casa in occasione del prossimo congresso. Gli iscritti del micropartito dell’ex ministro della salute potranno votare esibendo la vecchia tessera senza doversi sobbarcare il costo dell’iscrizione al PD per il 2022 (requisito necessario per partecipare alla fase “chiusa” delle primarie), ma dovranno firmare entro il 31 gennaio l’impegno ad iscriversi al PD quando verrà lanciata la campagna di tesseramento per il 2023. Roberto Speranza, del resto, è stato “garante del percorso costituente” assieme ad Enrico Letta e, prima ancora, azionista di minoranza della lista “Italia Democratica e Progressista” attraverso la quale il PD ha preso parte alle ultime elezioni politiche.
E ora, smaltita questa doverosa introduzione, una rapida panoramica sullo stato dell’arte delle campagne dei quattro temerari candidati alla segretaria del Partito Democratico.
Stefano Bonaccini
Il burocratone modenese, dopo essere stato fighizzato in occasione delle ultime elezioni regionali emiliano-romagnole, passando in poche settimane da panzone pelato a leader carismatico con occhiali a goccia e barba brizzolata, ha finito per sentirsi figo davvero, candidandosi alla guida di quel partito all’ombra del quale ha sempre trovato da vivere, sin da quando, ventitreenne, fu fatto assessore nella sua Campogalliano. A lui spetta il ruolo di vincitore designato, e sulle prime pareva gli calzasse a pennello. Dalla sua parte c’è tutta la nomenklatura timorosa di essere rottamata e vogliosa di prolungare l’agonia di qualche altro anno (ma basterebbe pure qualche altro mese). E così, si son fatti giocoforza bonacciniani i sindaci delle grandi città e i “governatori” delle regioni, gli ex renziani e gli ex antirenziani, i franceschiniani con il mutuo da pagare e i lettiani “di destra”. Decisivo dovrebbe essere nell’economia del voto l’asse fra Bonaccini e i due cacicchi piddini che ancora restano in piedi nel Meridione, Michele Emiliano e Vincenzo De Luca, al figlio del quale è stato attribuito un ruolo di primo piano nella campagna. Campagna che è stata, ad ogni modo, per nulla memorabile: il ruvido figaccione è stato prima protagonista di un battibecco con Concita De Gregorio, che l’aveva invitato a cantare Bandiera rossa nel suo salotto televisivo (“non è che mi alzo la mattina e canto” le ha replicato Bonaccini), per poi correre ai ripari, su suggerimento degli spin doctor che lo hanno in precedenza fighizzato, pubblicando una foto mentre se la ridacchia sotto un vecchio vessillo del PCI nella storica sezione del porto di Livorno. In una recente uscita, il segretario in pectore si è prodotto in un comizio all’aperto in quel di Caserta, nella terra di Pina Picierno, la demitiana che si è scelto come vicesegretaria. Per farsi ammirare meglio in tutta la sua fighezza, Bonaccini è salito su una sedia (“come negli anni ’70” a suo dire) arringando la folla col suo “riformismo”: un po’ poco per scaldare i cuori dei compagni. Eppure, il figaccione sarà il prossimo segretario del PD. Solo due “cigni neri” potrebbero impedirglielo: un bello scandalo a orologeria scoppiato a urne aperte (magari fra il primo e il secondo turno), oppure un “boom” di Elly Schlein nel voto elettronico, Qualora uno di questi uccellacci sbarrasse la strada al nostro, egli non potrebbe che farsene placidamente una ragione: dietro, infatti, non vi sarebbe il destino cinico e baro.
Elena Ethel Schlein detta “Elly”
Per questa nuova eroina della postpolitica sono state più volte cambiate le regole, permettendole di annunciare la sua candidatura prima ancora di iscriversi al partito, una cosa che non ha eguali nella storia politica dell’Occidente. A suo dire, questi privilegi farebbero parte di una grande campagna di “apertura” in virtù della quale l’asfittico Partito Democratico dovrebbe spalancare le sue porte a “quei mondi che negli ultimi tempi si sono sentiti lontano dal partito: terzo settore, comitati che lottano contro le disuguaglianze e per la salvaguardia del clima, il mondo sindacale, quello che lavora nella scuola e nell’accoglienza”. Il suo mantra, ripetuto dappertutto e sempre senza uno straccio di contraddittorio, è quello di “coniugare giustizia sociale e giustizia climatica”. Per adesso, la Grande Apertura ha prodotto appena l’iscrizione dell’ex caposardina Mattia Santori, uno che viene dalla stessa fucina che ha forgiato Elly Schlein, seppur con un lignaggio assai più basso. A parte lui, a salire sul carrozzone schleiniano sono stati i “sinistri” storici Orlando e Provenzano, i “contiani” Bettini e Zingaretti, i furbi postdemocristaini Boccia e Franceschini, con quest’ultimo che, nel suo decennale barcamenarsi, non ha mai sbagliato un segretario. Nonostante sia solita usare ossessivamente il “noi” nei suoi comizi postpostmoderni, (“Parte da Noi” lo slogan della sua campagna) è chiaro come il sole che Elly Schlein si sente predestinata ad essere una donna sola al comando. Il segreto di Pulcinella (anzi, di Balanzone) è che costei è stata, sin dai suoi primi vagiti bolognesi, fortemente “raccomandata” da Romano Prodi in persona, ma i recenti accadimenti attestano che dispone di strumenti assai più rilevanti delle spintarelle mortadellesche. Poco più di un mese fa, sua sorella Susanna, diplomatica in servizio presso l’ambasciata italiana in Grecia, fu vittima di un attentato dai contorni poco credibili per contestualizzare il quale si fece ricorso alla “pista anarchica” buona per tutte le stagioni. A poche ore dal fatto, la Prefettura di Bologna mise Elly Schlein sotto scorta. Dopo, non se ne è saputo più nulla. Evidentemente, non ha funzionato come ci si aspettava. Elly Schlein ha sempre e solo vinto nella sua meritocratica vita. Questa volta Bonaccini pare imbattibile, ma c’è sempre un Grande Arbitro che può cambiare le sorti della partita.
Paola De Micheli
Non decolla la campagna dell’ex ministra dei trasporti Paola De Micheli, emiliana a sua volta. Dopo aver esordito dicendo che sulle soglie dei cinquant’anni aveva voglia di fare “qualcosa di importante”, si è dimenata a vuoto per accreditarsi prima come la candidata delle donne e poi come quella della “sinistra”: per entrambi i ruoli, il posto era già occupato. Alla fine, non s’è fatto neanche il tandem con Gianni Cuperlo, che ha preferito ballarsi da solo quest’ultimo giro di valzer. A corto di spunti, ha pure provato ad ammiccare agli ultimi giapponesi del covidismo, postando lo scorso 8 gennaio la notizia che si era sparata la terza dose in quel di Fiorenzuola, felice di aver compiuto il suo dovere assieme al figlio Pietro, seienne al quale è toccata la prima dose assieme al diploma di “cavaliere anticovid”. In questi giorni è impegnata a presentare su e giù per l’Italia il suo libro-manifesto, Concretamente. Prima le persone, sulla cui copertina campeggia una sua foto talmente ritoccata da non corrispondere più alla sua persona, bensì ad un avatar immaginario. A margine di uno di questi incontri, è stata al centro di una maldestra operazione-simpatia orchestrata in combutta con Radio Rock, ai cui microfoni l’aspirante segretaria si è esibita nel karaoke di Piccola stella senza cielo di Ligabue. Nell’intervista seguita ai gorgheggi, ha dichiarato quanto segue: “Sono una piccola stella e non c’ho, diciamo così, il cielo delle correnti attorno a me e quindi gli iscritti sceglieranno me per la mia autonomia, la mia libertà, la concretezza…concretamente…ah ah…e poi, arrivata alle primarie, saranno gli elettori, coloro che si sentono di sinistra, a scegliere…però intanto questa piccola stella senza il cielo delle correnti si farà valere.” Certo, come no. Non se l’è filata neanche un cacicco piccolo piccolo: dalla sua, giusto qualche spelacchiato segretario provinciale. Su Google, inoltre, la cercano tutti come “Paola De Michelis”.
Giovanni Cuperlo detto “Gianni”
Eterna “giovane promessa della sinistra” invecchiata malissimo, l’uomo che osò sfidare Renzi all’apice della sua popolarità (uscendone con le ossa rotte) è assuefatto alle disfatte; la figuraccia alla quale va incontro non ne scalfirà l’aplomb. Sceso in campo per ultimo attraverso una pensosa intervista a la Repubblica, Cuperlo ha più che altro fatto un favore a Bonaccini, attirandosi gli strali degli altri “sinistri” piddini che già si erano acquartierati con Elly Schlein. Pochini gli endorsement a suo favore: l’ex senatore prodiano Luigi Zanda, i politologi con la puzza sotto il naso Nadia Urbinati e Piero Ignazi. Farà di tutto per finire quarto, lasciando all’ex sodale De Micheli il terzo gradino del podio. Onore al compagno Cuperlo.
A dire il vero ci sarebbe pure un altro contendente, il carneade bergamasco Antonio Guizzetti, uno che ha lavorato un trentennio alla Banca Mondiale e che si descrive come una via di mezzo fra Draghi e Che Guevara. Assai probabile che si accontenti dei suoi cinque minuti di (relativa) celebrità, visto che, a suo dire, non ha ancora capito come si raccolgono le firme per candidarsi..Facezie e folklore a parte, è sui numeri della partecipazione che si giocherà la credibilità (sempre a corto raggio) del Partito Democratico. Mentre circolano stime catastrofiche sugli iscritti, cioè su quelli abilitati a votare nel primo turno delle primarie, il numero che conta davvero è quello dell’affluenza nel secondo turno: nella prima di queste americanate, quella che incoronò Veltroni nel 2007, gli elettori furono oltre tre milioni e mezzo; in quella del 2019, l’appassionante sfida Zingaretti contro tutti, furono un milione e mezzo; quest’anno si rischia di scendere sotto il milione. Per questa ragione le ultime settimane di campagna elettorale saranno “spettacolarizzate” oltre ogni pudore per raccattare gli ultimi gonzi, ma la sensazione è che tutto ciò non funzioni più. Le primarie del PD, ormai, sono uno psicodramma che appassiona solo i miseri di spirito.
Andrea dice
Vincerà Elly, con tre passaporti, e un’immagine che sembra uscita da una vignetta antisemita tedesca degli anni ’30. “Weimar in Italia”. Genere: commedia. Lunghezza: imprecisata. Sceneggiatura e dialoghi: Chiesa evangelica valdese e metodista / Unione delle comunità ebraiche italiana. Coproduzione WEF/Young European Leadership/Fabian Society/Mossad/Cia. Regia: Nanni Moretti.
Il Contadino dice
Nemmeno i parenti andranno a votare stavolta. Comunque, anch’io credo che Bonaccini verrà investito, non da un’auto, della carica di Segretario. Unico neo nel personaggio è il fatto che egli sia eterosessuale, non è un gran periodo per gli eterosessuali, vedi infatti che la Schlein dichiara bellamente in tv di non aver preferenze e pregiudizi, della serie: io mi metto in ginocchio, quel che mi danno da leccare lecco. O Bonaccini si inventa qualcosa o potrebbe anche capitolare, credo che sarebbe sufficiente tirar fuori una vecchia storia di un “tortellino” fatto nel bagno della scuola in gioventù, o di una serata brava fra amici finita a “spadaccino”, cose così, di quelle che l’elettore piddino sa apprezzare, che lo fanno sentire figo, al passo coi tempi. Comunque, tutto lavoro per chi gli cura la campagna elettorale, vedrete che Il Barbetta qualcosa si inventa.
Andrea dice
Con Elly replicano Jacinda Ardern, ora dimissionaria. Ci provano. L’ex socialdemocrazia internazionale è il tavolo privilegiato per ogni repressione futura. https://olivierdemeulenaere.wordpress.com/2023/01/19/nouvelle-zelande-jacinda-ardern-demissionne-la-queue-entre-les-jambes/
Andrea dice
Riassumiamo: perché il mondo ora si governa “da sinistra”, mentre fino a quarant’anni fa si governava “da destra”? Perché la sinistra è il più prossimo alleato del “Capitale totale”, quello che negli anni ’60 si iniziò a chiamare “neo- capitalismo”. Contro il neo-capitalismo ci furono gli intellettuali della “nuova sinistra”, in gran parte provenienti dalla sinistra socialista o da frange marginali del Pci, come Volponi e Sanguineti. Il Psi – partito che raccoglieva il maggior numero di laureati ed era già espressione della borghesia liberal-progressista cittadina – puntò proprio sul neo-capitalismo, mentre il Pci finse di osteggiarlo. Poi passammo al concerto di “tardo-capitalismo” e lì siamo già alla “crisi fiscale dello Stato”, molto di moda nei tardi ’70. Con i primi ’80 siamo invece alla “post-modernità”, che ha tenuto banco per circa vent’anni, sposata al decostruzionismo in cui si bagnarono abbondantemente le ex-nuove sinistre. Basta dare un’occhiata a Bifo e a tutti i suoi “corpi desideranti”, che ora hanno già “subito” – ma anche fatto, per induzione – la ” bio-politica”, tuttora in corso, presso Bifo e paradossalmente anche per tutti noi siringati con “vaccino” anti-Covid. La sinistra osserva il Capitale, ci gira attorno, lo scruta, lo studia, lo ammira, finisce per trovare in esso la propria ragione di esistenza, quindi, di realtà. Vita riflessa ed appello a partecipare al rito pagano: è come un lungo esame che la sinistra ha superato dopo tanto studio. Però, dalla collina della bio-politica e dei corpi desideranti si scorgono vaccini e perversioni innominabili, che non si può supporre che quelli della sinistra così colta non conoscano… È un’attrazione fatale che ha già condotto a risultati noti, che sintetizzo con il nome di “Napolitano”; in versione 2.0 con il filosofo sloveno Slavoj Zizek, il “comunista” della Cia che vorrebbe la sconfitta della Russia; in versione 3.0 a Letta che trae dalla Jacinda Ardern “profonda ispirazione”, a Bonaccini che, se vivente Forattini, ne farebbe un vignetta quotidiana come per il defunto Giovanni Goria: solo barba, baffi e Rayban senza occhi bocca e orecchie… Il Capitale totale, che non fu studiato come “verticale del potere” ma solo orizzontalmente come omogeneizzazione culturale e fabbrica diffusa del sistema di comando, ora è “Deep State”: da questo orecchio la sinistra non ci sente più, perché la politica, per essa, è solo consenso elettorale e nient’altro. Quindi, giù di brogli a man bassa, e chi si oppone è fascista e nemico della scienza informatica, per sovrappiù. Quindi, per essere di sinistra oggi, non bisogna stare con l’arretrato Sud globale ma nelle metropoli del Capitale, per studiarlo accuratamente, poi, eventualmente, farsi assumere. Bisogna studiare molto! Gramsci, che quelli del “Manifesto” non volevano lasciare ai “riformisti”, è ora il manifesto dei servi del Capitale… Perché loro continuano a studiare! Anche studiando si diventa imbecilli, perché se dietro non c’è nulla, si può essere assunti con soddisfazione reciproca: quindi si diventa intelligenti per evidenza contrattuale che regolerà il sindacato ultramoderno, e lavoro in remoto. Carta canta, schermata canta, e villan dorme. Il mondo si gestisce “a sinistra”.