Marco Di Mauro
Avanti.it
I soliti professionisti della disinformazione si stanno sbizzarrendo sulla probabile minaccia nucleare derivata dal summit tra Putin e Lukashenko. A questo si aggiungono le operazioni di esercitazione bellica che si stanno svolgendo in questi giorni al confine tra Bielorussia e Ucraina. Quello di cui non si tiene conto – ma non ci stupisce, se parliamo dei nostri amici del mainstream – è un dato in verità scontato per tutti coloro che si stanno occupando del conflitto russo-americano in Ucraina sin dal suo inizio: le operazioni militari congiunte tra Minsk e Mosca ci sono sempre state, e anzi non sono mai smesse.
Le prime manovre di simulazione di combattimento delle truppe bielorusse c’erano state già due settimane prima del 24 febbraio, il giorno dell’invasione dell’Ucraina. Ne erano seguite altre a maggio, con l’obiettivo di testare la “preparazione al combattimento”, e a luglio con lo stesso obiettivo dichiarato, svoltesi come le prime al confine tra Bielorussia e Ucraina. A inizio settembre, invece, si erano tenute esercitazioni a Brest, vicino al confine con la Polonia, senza che ne fosse stato fornito alcun avviso alla NATO: oggetto delle manovre di allenamento dei soldati bielorussi, con la partecipazione di quadri militari di Mosca, era stata la liberazione del territorio conquistato temporaneamente dal nemico e recuperare il controllo delle regioni di confine; secondo alcuni, l’obiettivo sarebbe stato di deterrenza nei confronti di una possibile manovra dell’alleanza nord-atlantica per togliere alla Russia il controllo sull’Ucraina settentrionale. Ad ottobre, Lukashenko ha fugato ogni dubbio, annunciando la formazione di un’unità regionale congiunta con la Russia, con lo stazionamento nel paese di diverse migliaia di truppe russe.
Da dicembre, l’esercito russo ha iniziato a partecipare attivamente alle esercitazioni militari dell’alleato, e le parole del ministro della difesa Sergej Šojgu sono state molto chiare: “I militari del Distretto militare occidentale continuano l’addestramento intensivo al combattimento sui campi delle forze armate della Repubblica di Bielorussia. Gli eventi di addestramento al combattimento si svolgono sia di giorno che di notte. […] I militari sparano con tutti i tipi di armi leggere e con i mortai; affinano le loro capacità di guida dei veicoli da combattimento, superano percorsi psicologici a ostacoli, studiano la medicina tattica e altre discipline” insomma, l’esercito russo è presente su quel territorio da sempre, forse già dall’inizio della guerra, e questo fa pensare che gli strateghi del Cremlino hanno in serbo una ulteriore fase della guerra d’Ucraina che prevederà una nuova aggressione da nord, esattamente come nella prima fase; un’altra interpretazione potrebbe essere quella di tenere sempre in caldo una forza tale da tenere sotto scacco la capitale Kiev, nel caso ci fosse bisogno di un colpo di mano.
In questo contesto, le esercitazioni iniziate lunedì 19 e che si terranno fino al 26 dicembre, nelle quali sono stati inviati a Luninets (50 km dal confine con l’Ucraina), Slutsk e Kalinkovichi 40 carrarmati, 20 veicoli da combattimento di fanteria, 11 camion cisterna, 32 camion, 10 vagoni merci e un posto di comando mobile Svyaznoy. Il ministro della difesa bielorusso Viktor Khrenin ha dichiarato che nei campi di addestramento bielorussi l’oggetto di esercitazione della fanteria sarà in questi giorni il combattimento urbano, quello strada per strada, casa per casa, che è stata la forma di guerra – come aveva previsto lo stratega americano Zbigniew Brzezinski – più combattuta in ucraina, oltre a quella di trincea.
Secondo le ultime stime fatte a novembre, l’unità congiunta contava 30mila soldati, e gli analisti di parte nord-atlantica sono convinti che Mosca stia preparando una grande offensiva invernale per riconquistare i territori abbandonati in autunno e prendere Kiev: rese invalicabili le trincee meridionale e orientale, da Kherson a Luhans’k, grazie alla mobilitazione parziale e all’abbandono dei territori più esposti, l’esercito russo avrebbe intenzione di sfruttare la rigida stagione invernale ucraina per avanzare più facilmente coi corazzati fuori strada e raggiungere i posti di difesa tenuti dai mercenari NATO già debilitati dal clima sottozero per annientarli facilmente. Anche la lenta e sistematica distruzione di tutte le infrastrutture energetiche del paese avrebbe come obiettivo la totale interruzione degli approvvigionamenti e del riscaldamento alle truppe blufasciate – peccato non si siano ricordati che anche i civili mangiano e hanno freddo…
Tutto però assume contorni dubbiosi se si considera che Vladimir Putin si è recato a Minsk in visita al suo omologo, cosa che non faceva dal 2019, per discutere insieme ai rispettivi ministri della difesa Šojgu e Khrenin la formazione di “uno spazio singolo di difesa” nella regione, ma sia Putin che Lukashenko hanno negato ogni intenzione riguardo all’ingresso della Bielorussia nel conflitto russo-americano in Ucraina; Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, ha definito le voci su una pressione esercitata su Lukashenko in questo senso come “prive di fondamento” e “stupide”. Intanto, il premier bielorusso ha ringraziato l’amico Vladimir per la fornitura di missili Iskander e l’ammodernamento dei jet del suo esercito, capaci adesso di essere equipaggiati con armi nucleari.
Di certo, come approfondiremo a breve su queste colonne, il fronte più attivo in queste settimane è quello del Donbas, dove le truppe russe stanno avanzando palmo a palmo a Marinka, poco fuori Doneč’k, e Bakhmut, ma i movimenti nel nord indicano chiaramente che qualcosa vi si sta preparando: che sia in senso difensivo o per una nuova invasione, la prospettiva dell’apertura di un fronte nord tra Ucraina e Bielorussia si fa sempre più concreta.
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