Marco Di Mauro
Avanti.it
Se c’è una cosa che i russi potranno dire di aver appreso dal primo atto ucraino della guerra sempre più aperta mossagli dagli Stati Uniti, è che durante un conflitto i media contano quanto e talvolta più delle armi. Così, dopo aver subito nella prima fase l’assalto dell’apparato propagandistico altantista, oggi sono loro a dare ai canali occidentali gli argomenti di cui parlare. L’ultima mossa è stata domenica scorsa 23 ottobre la rivelazione dei piani ucraini di utilizzare bombe sporche – dette anche armi radiologiche, ovvero normali bombe “allungate” con l’aggiunta di scorie radioattive provenienti dai rifiuti delle centrali nucleari o degli ospedali, capaci di provocare sulla popolazione civile gli effetti di un’atomica ma in misura minore e meno distruttiva; il Cremlino ha denunciato il pericolo agli altri stati occidentali, e ieri il capo di Stato Maggiore delle forze armate russe Valerij Vasil’evič Gerasimov ha tenuto una conversazione telefonica con il capo di Stato Maggiore della difesa britannico Patrick Sanders, esprimendogli la sua preoccupazione per uno scenario che, se si avverasse, cambierebbe radicalmente il modo di condurre la guerra. Sebbene la risposta del ministero della difesa ucraino sia stata scontata, rivendicando la palese assurdità di una mossa che comporterebbe danni permanenti al proprio stesso territorio, è tuttavia altrettanto ovvio il fatto che i loro padroni americani hanno dimostrato a più riprese di non avere affatto a cuore il popolo che hanno mandato al macello per aprire un fronte alle porte orientali dell’Europa. L’esercito ucraino, dopo tre mobilitazioni parziali, è allo stremo, e senza l’aiuto dei mercenari provenienti dai paesi dell’alleanza atlantica, comandati dagli ufficiali NATO e supportati dalle intelligence inglese e statunitense, la Russia avrebbe già vinto la guerra. Eppure, sempre ieri, il commissario militare in capo a Kiev, Yuriy Maksymov, ha dichiarato ufficialmente il bisogno di “ulteriore personale” per la carneficina e che quindi la mobilitazione in Ucraina sarà portata avanti. Zelens’kyj, dal canto suo, continua borioso a porgere il piattino ai paesi NATO per la causa dello sterminio del suo popolo, consapevole di stare finanziando nient’altro che la distruzione definitiva del suo paese, ma anche del fatto che non può fare altrimenti, in quanto Kiev è una satrapia dell’impero a stelle e strisce e non ha sovranità alcuna. Con più del 30% delle infrastrutture energetiche messe fuori uso dall’aviazione russa e le principali città al buio, con le infrastrutture comunicative e logistiche ai minimi termini, oggi la Von der Leyen ha ben pensato di annunciare un’altra miliardata di euro di aiuti militari, mentre Israele ha promesso di equipaggiare la contraerea di Kiev contro i droni iraniani con sistemi computerizzati ad alta precisione; Berlino ha invece rifornito le Forze Armate dell’Ucraina di piattaforme missilistiche mobili Iris, e oggi sul treno che ha condotto il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier per la sua visita a sorpresa a Kiev gli è stato fatto trovare un mazzo proprio di iris, implicitamente e cortesemente chiedendo ulteriori unità missilistiche, ma nell’oblast’ di Černihiv sono arrivate quelle russe, di bombe, e il presidente tedesco è dovuto rimanere per un’ora in un rifugio anti-aereo. Questo tipo di aiuti da parte dei paesi occidentali, centellinati e quasi razionati, danno l’effettiva misura della strategia atlantista nei confronti dell’Ucraina: Washington e i suoi vassalli non hanno alcuna speranza, né intenzione, nella vittoria di Kiev, a loro interessa soltanto che la guerra continui, tenendo impelagata la Russia e l’Europa impantanata nell’economia di guerra, assolvendo così ai piani del Bilderberg di creare una cesura insanabile tra occidente e oriente e, rendendo il Vecchio continente alla stregua del Terzo Mondo, distruggere le fondamenta dell’economia globale. In tutto questo il popolo ucraino ha una sola utilità: morire.
I bombardamenti russi su larga scala – che hanno segnato dal 9 ottobre una svolta nel conflitto e costretto il governo Zelens’kyj a fronteggiare gli effetti della guerra in tutto il paese e non solamente sulla lunga trincea che costituisce la linea di contatto tra i territori novorussi e quelli ancora sotto il proprio controllo – sono continuati per tutto il mese, anche se col contagocce rispetto all’exploit dei primi due giorni, mantenendosi sulla ventina di raid aerei giornalieri, sempre concentrati su infrastrutture militari e di comunicazione, mentre gli attacchi balistici con missili a lungo raggio, più numerosi, a volte hanno sfiorato il centinaio. Il merito è stato di Sergej Surovikin, nominato l’8 ottobre a capo delle forze congiunte per l’Operazione Militare Speciale, eroe russo della Siria e uomo di grande esperienza per quel che riguarda i conflitti ad ampio raggio, il quale ha snaturato l’originaria operazione speciale – che in gergo militare è una guerra rivolta a un solo settore e con una serie limitata di obiettivi – trasformando la “denazificazione” in un vero e proprio conflitto con la nazione ucraina, e non soltanto contro i settori anti-russi di estrema destra per liberare il Donbas. L’apporto di Surovikin ha anche stroncato la pressione sempre crescente che le AFU stavano facendo sulla parte nord della trincea, al confine tra Kharkov e Luhans’k, dove i russi stavano contenendo a fatica i continui attacchi sulla linea Svatovo-Kreminna dopo la ritirata strategica da Lyman; il supporto di aviazione e balistica e l’apporto sul campo del battaglione Wagner hanno riguadagnato alle forze di Mosca il controllo dell’arteria stradale P07, spostando la linea del fronte sempre più a ovest, ovvero di nuovo sul confine amministrativo tra i due oblast’, esattamente dove i russi vogliono che sia; inoltre, il 22 ottobre un ulteriore avanzamento del battaglione Wagner ha portato i russi oltre il confine di Luhans’k, nell’oblast’ di Doneč’k, dove è ricominciato l’assedio di Lyman, e con esso gli attacchi a Ternovaya, Avdeevka e Bakhmut, per ristabilire la strategia precedente alla controffensiva ucraina, ovvero quella di annettere completamente alla Federazione Russa i distretti di Doneč’k e Luhans’k, così da garantire una difesa più adeguata ai territori russi e far cessare i bombardamenti continui sui civili della città di Doneč’k e dintorni. Per raggiungere l’obiettivo di conquistare i due oblast’ e impedire la concentrazione delle forze nemiche gli attacchi russi si sono diversificati in un area più ampia: ad oggi si combatte anche nelle località di Ternovaya, Belogorovka, Zolotarevka, Ivangrad, Soledar, Novokolinovo, Ozaryanovka, Otradovka e Pervomaiske. Tuttavia nel fronte nord gli ucraini hanno ammassato, a detta degli ufficiali russi, 40mila uomini tra mobilitati e mercenari, e le battaglie saranno lunghe ed estenuanti. Lo ha garantito lo stesso comandante in capo Surovikin in un’intervista a Rossija 24 di lunedì 17 ottobre, in cui ha precisato come le strategie dei due eserciti rispetto alla preservazione dei militari e dei civili, siano agli antipodi: “Il nemico è un regime criminale che spinge alla morte i cittadini ucraini. Cerca di rompere la nostra difesa e per questo l’esercito ucraino strascina tutte le riserve che ha al fronte, per lo più sono le forze della difesa territoriale che non hanno nemmeno passato un pieno corso di preparazione, di fatto condannandoli alla morte. Il regime criminale ucraino utilizza distaccamenti di nazionalisti che uccidono tutti coloro che tentano di lasciare il campo di battaglia. Ogni giorno, le perdite del nemico sono varie centinaia tra morti e feriti. Noi abbiamo un’altra strategia. Noi non miriamo ad alti tempi di avanzamento, proteggiamo la vita di ogni soldato e metodicamente maciniamo il nemico che avanza. Questo permette di minimizzare le nostre perdite e anche di ridurre di molto il numero delle vittime civili.” Nel suo intervento il generale ha anche descritto la situazione del fronte meridionale, che secondo lui è la più critica al momento: le AFU, sobillate dagli alleati dell’alleanza nord-atlantica, stanno ammassando un gran numero di truppe con le quali hanno intenzione di riprendere il piano estivo di invasione alla disperata della regione di Kherson, per cui l’esercito russo si sta preparando al meglio, attendendosi un attacco di enormi proporzioni; inoltre, gli ucraini hanno intenzione di far saltare in aria la diga sul fiume Dnepr che alimenta la centrale idroelettrica di Nova Kakhovka, aggiungendo al danno energetico una vera e propria alluvione che farebbe una strage dei civili della zona: per questo il 18 ottobre Surovikin ha fatto evacuare migliaia di civili dall’oblast’ novorusso di Kherson, organizzando una mobilitazione parziale rivolta ai maschi adulti della regione. Ha definito la situazione sul fronte sud “non facile, ma molto, molto complicata e non si possono escludere decisioni difficili.” I russi dunque stanno ammassando truppe e mezzi, costituendo una seconda linea di riserva lungo tutta la linea di contatto, e oggi si è tenuto il primo Consiglio di coordinamento per soddisfare le esigenze dell’esercito presieduto da Vladimir Putin a cui sono intervenuti i ministri e i governatori degli oblast’ coinvolti nella mobilitazione parziale, dove si è stabilito uno snellimento per le procedure di finanziamento e rifornimento delle forze armate russe, e l’allestimento dei posti ed equipaggiamento dei primi 60mila mobilitati, che si recheranno a breve sul campo di battaglia.
Nei paesi confinanti con l’Ucraina, la situazione intanto si fa sempre più tesa: la Moldavia ha iniziato a razionare l’energia elettrica, e a spegnere le luci delle grandi città, in quanto il suo approvvigionamento energetico, fortemente dipendente da Kiev, è stato seriamente intaccato dai bombardamenti russi, di conseguenza il popolo sta affollando le strade di Chisinau chiedendo la ripresa degli scambi commerciali con la Russia e le dimissioni del presidente Maia Sandu; in Romania la NATO sta ammassando un numero considerevole di truppe e mezzi, in attesa di essere tradotti in Ucraina e andare a rimpinguare la carne da macello gialloblu, e, cosa ben più grave, due giorni fa è atterrata nel paese la 101ª divisione aerotrasportata Screaming Eagle, un corpo d’élite dell’esercito americano la cui sola presenza testimonia la disponibilità americana a continuare il conflitto in maniera diretta e non più per procura se le cose si dovessero mettere troppo male per i loro burattini di Kiev, in quanto erano ottant’anni che non veniva effettuata una scelta simile da parte della US Army; a nord la Bielorussia, presidiata al confine dalle truppe russe, ha iniziato manovre di deterrenza contro la Polonia, che pure ha iniziato una corsa agli armamenti, e l’Ucraina, temendo sempre più che il proprio territorio possa andare ad ampliare il teatro di una guerra che, considerata la minaccia nucleare sempre crescente da parte di un’amministrazione ucraina molto vicina dallo sfuggire al controllo degli stessi alleati, inizia a preoccupare anche gli attori principali, Russia e Stati Uniti, tanto che sabato scorso vi è stata, per la prima volta dall’inizio del conflitto, una telefonata tra i due ministri della difesa Sergej Šojgu e Lloyd Austin, di cui non è trapelato ai media il contenuto, ma che è un importante segno di contatto. Mentre gli ucraini muoiono, e il mondo sta a guardare.
Mario Fucile dice
Gli ucraini oltre che in parte nazisti, per il resto sono autolesionisti e masochisti proprio come il clown che li gestisce.
Argo dice
Ottimo resoconto. Continuate cosi’.
Grazie
Ali dice
Sempre splendide letture, scorrevoli e documentate. Grazie.