Marco Coppola
Avanti.it
Un tira e molla. Mentre i russi negli scorsi giorni hanno comunicato la presa della città di Bakhmut, Zelensky e le autorità ucraine si affrettavano a smentire la notizia. Oggi l’Ucraina ha ammesso la presa della città da parte dei russi ma ha dichiarato che le sue forze a nord e a sud di Bakhmut stanno avanzando per circondare e intrappolare i russi all’interno della città ormai distrutta. I russi affermano che la controffensiva ucraina è ancora tutta da vedere, misurare e confermare e soprattutto che ad essere circondati tra le città di Soledar, Bakhmut e tutto il territorio conquistato negli ultimi mesi sono gli ucraini. Un tentativo disperato ucraino di giocare su propaganda e contropropaganda.
Ma non c’è stata solo la press di Bakhmut tra gli argomenti più gettonati. Un’ampia discussione si è sviluppata attorno alla crisi generata dall’interruzione delle linee elettriche nella centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, situata nel territorio controllato dai russi. La posta in gioco, da quanto si legge nella stampa internazionale, era un disastro nucleare senza precedenti. Dopo poche ore la linea elettrica è stata riattivata ma le analisi circa le cause dell’interruzione sono ben lontane dall’essere state chiarite.
Nel frattempo la regione di Donetsk è quasi del tutto in mano alle truppe russe, anche la cittadina di Marinka, teatro da mesi di aspri combattimenti, è stata conquistata.
La presa di Bakhmut
La presa della città da parte dei russi è arrivata sabato dopo una sanguinosa battaglia tra truppe di terra, che entrambe le parti hanno definito un “tritacarne”.
I russi hanno preso Bakhmut anche fronteggiando un attacco tattico fatto dagli ucraini ai fianchi dell’offensiva russa. Questa mossa ha fatto indietreggiare i russi di qualche chilometro nella periferia settentrionale e meridionale. Questa combinazione di movimenti (conquista del centro russa e avanzamento sui fianchi ucraini) sta dando a entrambe le parti ragioni per affermare che il conflitto si è spostato a loro vantaggio. Quello che emerge è che per gli ucraini si tratti solo di un successo tattico, insufficiente a scoprire i fianchi dei russi che ha indotto i russi a intensificare i raid aerei e a inviare rinforzi per arginare gli attacchi ucraini e riguadagnare le posizioni perdute.
La cosa si aggiunge al fatto che i russi continuano a colpire con missili e munizioni i depositi di armi, munizioni, carburante e i concentramenti di truppe con l’obiettivo di indebolire le difese aeree ucraine e privare l’esercito nemico dei rifornimenti necessari a organizzare altri attacchi. Rispetto all’invio di rinforzi russi a Bakhmut gli ucraini hanno detto di ritenere che questo indebolirà le linee di Mosca in altre aree. A guardare lo scacchiere del conflitto nell’area, però, quelli in minoranza di forze e circondati da forze nemiche restano gli ucraini.
Per quanto riguarda la Federazione russa la battaglia di Bakhmut è stata guidata dal gruppo Wagner, un esercito russo privato il cui leader Yevgeny Prigozhin pur non mettendo in mai in discussione la lealtà al governo russo si è spinto più volte in dichiarazioni ostili alle leadership delle forze armate regolari russe, accusate di abbandonare i loro fianchi mentre le sue stesse forze avanzavano. Già nelle scorse settimane Prigozhin aveva minacciato di ritirare le proprie truppe se i vertici militari russi non avessero rispettato una serie di richieste dei mercenari. Le sue esternazioni non sono quindi una novità.
Nel suo ultimo messaggio di lunedì, ha ripetuto il voto di ritirare le sue truppe da Bakhmut, a partire da tre giorni, e di consegnare la difesa della città appena conquistata alle truppe regolari, aggiungendo che “se le forze del ministero della Difesa non sono sufficienti, dobbiamo mettere insieme un battaglione di migliaia di generali, dare loro tutte le armi e andrà tutto bene”. Il ministero della Difesa di Mosca ha riconosciuto che alcune truppe russe si sono ritirate fuori Bakhmut la scorsa settimana, ma ha negato le ripetute affermazioni di Prigozhin secondo cui i fianchi si stavano sgretolando.
Quello che è certo è che nell’area sono ancora presenti forze ucraine e Nato che anche se in forma estremamente ridotta conservano una certa capacità di manovra e d’azione. Il punto debole russo su cui pare che gli ucraini stiano scommettendo è l’imprevedibilità del gruppo Wagner (che oggi controlla la città) per cui hanno deciso di concentrare i propri sforzi contro le truppe regolari russe. In sostanza per i russi la città è presa ma l’operazione non è del tutto conclusa.
La centrale nucleare di Zaporizhzhia
Nelle stesse ore le autorità ucraine hanno affermato che i bombardamenti russi hanno interrotto le linee elettriche della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Il rischio annunciato è stato quello di un disastro nucleare.
La notizia è stata diffusa Energoatom l’azienda di Stato ucraina che si occupa della gestione delle quattro centrali nucleari attive nel territorio. Il blocco pare essersi attivato dopo che un funzionario russo ha dichiarato che l’impianto è stato commutato in standby e ad alimentazione di emergenza. Secondo Energoatom si tratta del settimo blackout dall’avvio dell’occupazione russa.
Le dichiarazioni e le dinamiche, però, non sono chiare. Yuriy Malashko, governatore della regione di Zaporizhzhia, ha infatti affermato che c’è stato un incendio in una delle strutture nella città a causa di un sovraccarico nel sistema elettrico e che quindi “i problemi con la fornitura di elettricità sorti nella città di Zaporizhzhia non sono legati ai bombardamenti russi”.
Nel frattempo, nel giro di poche ore, il problema è rientrato. I lavori di riparazione sono stati effettuati e la società ha dichiarato: “la stazione sta tornando all’alimentazione dal sistema elettrico ucraino”. L’intervento è comunque stato estremamente urgente perché anche se i sei reattori della centrale sono spenti, hanno comunque bisogno di una fornitura costante di elettricità per mantenere fresco il combustibile nucleare all’interno e prevenire una possibile fusione.
L’impianto, che si trova in un’area dell’Ucraina meridionale occupata dai russi, vicino alle linee del fronte lungo il fiume Dnipro, è la più grande centrale nucleare d’Europa e l’area ha più volte generato allarmi perché è stata ripetutamente colpita dai bombardamenti.
È veramente una grande conquista quella di Bakhmut?
Entrambe le forze in campo oggi stanno lanciando dichiarazioni che esaltano la propria forza e sottolineano la debolezza dell’avversario. Le parti in guerra hanno opinioni opposte sull’importanza della presa di Bakhmut, una volta una piccola città di 70.000 persone, ora un rudere disabitato devastato da otto mesi di combattimenti e bombardamenti strada per strada.
Mosca ha costantemente descritto Bakhmut come un obiettivo strategico e vitale, utile a garantire il controllo sulla regione orientale del Donbas. Kiev ritrae la città come una “trappola per topi” per le truppe russe, importante soprattutto per l’opportunità offerta dalla battaglia di distruggere un gran numero di “forze attaccanti”.
In verità Bakhmut è da mesi teatro di un aspro scontro. L’occupazione russa della città era stata anticipata dalla conquista di Soledar con cui i russi hanno tagliato tutti i rifornimenti diretti a Bakhmut. Si tratta quindi di una spinta lenta ma costante dei russi che sta spostando il fronte sempre più a sud nel principale teatro che vede lo scontro tra le truppe della Federazione russa e quelle ucraine armate dalla Nato.
L’effettiva importanza della presa di Bakhmut e la veridicità delle varie dichiarazioni saranno verificate nelle prossime settimane sul campo di battaglia. Sarà questo il terreno di verifica dell’impatto che le enormi perdite a Bakhmut hanno avuto soprattutto sulle forze ucraine che si stanno preparando (a quanto dicono) a mettere in campo la prima controffensiva (con gli annessi goffi tentativi di depistaggio).
Per quell’obiettivo Kiev annuncia di avere a disposizione migliaia di truppe appena addestrate, equipaggiate con carri armati e veicoli corazzati occidentali e afferma che mira a cacciare tutte le forze russe. Nel frattempo questo mese la Russia ha lanciato attacchi missilistici e droni in tutta l’Ucraina diverse volte alla settimana, il ritmo più veloce di tali attacchi dall’inizio della guerra. Nell’ultimo attacco russo, durante la notte sono state udite circa 15 esplosioni nella città di Dnipro, nel sud dell’Ucraina, ultimamente un frequente bersaglio russo.
La presa di Bakhmut non è ancora risolutiva per il controllo definitivo della Federazione russa nell’area ma per il suo significato militare, politico, simbolico e morale sta mettendo in difficoltà anche gli alleati dell’Ucraina e il relativo circo mediatico.
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