Il Qatar siamo Noi #2
Da due mesi a questa parte la Repubblica Islamica dell’Iran è funestata da un’ondata di rivolte, in parte spontanee ed in parte opportunamente “colorate”, attraverso le quali si sta minando l’esistenza stessa del regime degli ayatollah. Le proteste, iniziate nella capitale Teheran dopo la morte della studentessa Mahsa Amini per mano della “polizia morale”, che aveva arrestato la ragazza poiché non indossava correttamente l’hijab, sono deflagrate in tutto il paese in un crescendo di violenza che non trova eguali nel pur tumultuoso passato prossimo della Repubblica Islamica. Ad oggi vi sarebbero stati, secondo stime fornite da Ong occidentali (e dunque da prendere con le pinze), oltre 400 morti (fra i quali una cinquantina di minori) e decine di migliaia di arresti. La furia iconoclasta dei rivoltosi si è spinta fino ad incendiare la casa-monumento della prima Guida Suprema Ruhollah Khomeyni, considerato qualcosa di più di un padre della patria. In questo contesto, la “comunità internazionale” a guida statunitense ha comminato una serie di sanzioni (di fatto puramente simboliche) alla Repubblica Islamica, ed a più riprese si è provato ad inserire nel pacchetto l’esclusione della nazionale iraniana di calcio dai mondiali qatarioti (e fino a pochi giorni prima dell’inizio hanno reclamato quel posto, senza averne alcun titolo, l’Ucraina e, sottotraccia, l’Italia). In quello che è il paese più “calciofilo” di tutta l’Asia, il pallone è finito al centro della rivolta, con i manifestanti che hanno invocato il boicottagio di quello che è stato definito il “Team Mullah” (la nazionale iraniana è nota anche come “Team Melli”), supportati da vecchie glorie del calcio persiano come Ali Karimi, al quale è stata posta sotto sequestro la casa, e Sosha Mokani, il quale si è spinto fino a chiedere alla FIFA di escludere la squadra dalla competizione mondiale. Fra i giocatori dell’attuale rosa, si è esposto nel supporto alle proteste solo il trequartista Saman Ghoddos (che è nato e cresciuto in Svezia ed oggi gioca nel campionato inglese), mentre sugli altri pende l’accusa di essere strumenti al servizio del regime e complici della carneficina in atto. A rendere tutto ancor più intricato ci ha pensato poi il sorteggio, che ha posto l’Iran nel girone a più alto contenuto “geopolitico”, mettendogli contro in un colpo solo Inghilterra, Galles e Stati Uniti, ovvero i rapaci imperialisti di ieri (unico stato che ha il privilegio di correre con due rappresentative nazionali) ed i loro successori, quegli americani che furono già battuti (sul campo) in una memorabile partita dei mondiali del ’98. Oggi il “Team Melli” scenderà in campo proprio contro l’Inghilterra, i cui calciatori hanno annunciato che, come già capitato agli europei, si inginocchieranno prima della partita in segno di supporto alla causa Black Lives Matters ed ai “diritti”, mentre il capitano Harry Kane indosserà la fascia arcobaleno con la scritta One Love. Quale che sia il risultato, di questa e delle prossime partite (quella con gli USA è prevista il 29 novembre), a Teheran si verificheranno problemi di ordine pubblico. Il regime è accerchiato e rischia di essere abbattuto da un’ultima decisiva spallata. Ancora una volta, le vicende del pallone si intrecciano a quelle della Storia.
GR
Andrea dice
Ennesima rivoluzione colorata ai danni di uno stato sovrano “colpevole” di non essere allineato al pensiero unico dominante.
I giocatori dell’Iran tra l’altro si sono rifiutati di cantare l’inno nazionale.
Bertozzi dice
,,,e niente fascia arcobaleno per Kane, ‘se la metti vai a casa’ gli han detto ‘ e a cuccia, da bravo.