Le fazioni in guerra del Sudan, dopo una trafila incessante di colloqui, hanno concordato sabato un cessate il fuoco di sette giorni a partire da lunedì per consentire la consegna degli aiuti umanitari, ma i media locali hanno riferito di nuovi bombardamenti e bombardamenti di artiglieria a Khartoum e in altre città. Il cessate il fuoco di lunedì è il settimo ad essere annunciato da quando è scoppiato il conflitto il mese scorso. Ma nonostante il fermo delle ostilità i combattimenti continuano.
Nella capitale del paese, Khartoum, si sono susseguiti colpi di artiglieria, voli di aerei da combattimento e continue battaglie di strada in alcune aree. Nella parte orientale della città, in particolare, ci sono stati pesanti bombardamenti con chiazze di denso fumo nero che si alzavano verso il cielo. Del resto anche nelle ore precedenti l’entrata in vigore del cessate il fuoco, l’esercito sudanese ha condotto pesanti attacchi aerei su Khartoum contro i suoi rivali paramilitari.
Non è stato rispettato, quindi, il meccanismo di monitoraggio per il rispetto del cessate il fuoco che prevedeva la presenza di rappresentanti dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti, che hanno mediato l’accordo dopo i colloqui a Gedda. La sospensione delle ostilità non è riuscita nonostante la guerra abbia già cacciato quasi 1,1 milioni di persone dalle loro case e i cittadini occidentali siano stati evacuati. Un rapporto sul campo pubblicato lunedì dall’Unione dei medici sudanesi ha stimato che il conflitto di cinque settimane ha ucciso almeno 863 persone e ferito non meno di altre 3531. Tutti morti per interessi stranieri.
Il Sudan è di nuovo sotto i riflettori della politica mondiale. Uno dei paesi più poveri al mondo, dilaniato da quasi un secolo di guerre civili – la prima iniziata nel 1955 e conclusasi nel 1972 e la seconda iniziata nel 1983 e conclusasi nel 1988 – combattute fra il governo centrale e gli indipendentisti del sud (che dopo un referendum tenutosi nel 2011 hanno costituito il nuovo stato del “Sud Sudan”), si ritrova di nuovo sull’orlo della catastrofe umanitaria, nell’ennesima guerra civile che colpisce sul continente africano a causa dei giochi di potere tra le superpotenze mondiali.
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