L’inviato ONU Hans Grundberg ha fatto visita a Teheran e Riyadh, a seguito dell’accordo della scorsa settimana, mediato dalla Cina, tra l’Iran e l’Arabia Saudita. Un successo notevole per Pechino che potrebbe rimescolare le carte del Medio Oriente e che adesso porta all’attenzione la questione yemenita, dove da marzo a ottobre 2022 era in vigore un cessate il fuoco.
A 24 ore dall’accordo, le due fazioni locali in conflitto nella penisola arabica hanno concordato uno scambio completo di prigionieri. Al Consiglio di sicurezza Grundberg riferisce di un acceleramento degli sforzi diplomatici per mediare una pace nello Yemen dopo che Iran e Arabia Saudita hanno accettato di ristabilire le relazioni diplomatiche la scorsa settimana. “Intensi sforzi diplomatici sono in corso a diversi livelli per porre fine al conflitto nello Yemen. Stiamo attualmente assistendo a un rinnovato slancio diplomatico regionale, nonché a un cambiamento di passo nella portata e profondità delle discussioni” ha dichiarato Grundberg, di ritorno da Teheran e Riyadh.
Secondo quanto dichiarato al Wall Street Journal da funzionari anonimi statunitensi e sauditi, l’Iran avrebbe accettato di smettere di fornire armi agli Huthi dello Yemen, anche se in via ufficiale Teheran ha sempre negato l’invio di armi agli Huthi e la rappresentanza iraniana all’ONU ha rifiutato di commentare la richiesta. Gli Huthi come gli iraniani sono musulmani sciiti, mentre i sauditi sostengono il governo originario sunnita di Sanaa, riconosciuto dalle Nazioni Unite.
Gli Stati Uniti hanno sostenuto il coinvolgimento militare di Riyadh nello Yemen, etichettando gli Houthi come “pedine iraniane”, definizione rigettata sia da Teheran che da Sanaa. Ed è proprio l’influenza americana nel Golfo Persico a risentire del ripristino delle relazioni diplomatiche – interrotte da Riyadh nel 2016 – e del ruolo di mediazione della Cina. Citando funzionari del governo, l’agenzia di stampa statale iraniana IRNA ha riferito che l’accordo avrebbe aiutato a reintrodurre un cessate il fuoco, ad avviare un dialogo nazionale e formare un governo nazionale inclusivo in Yemen.
L’Arabia Saudita e i suoi alleati hanno iniziato a bombardare lo Yemen nel marzo 2015. Secondo la stima dell’ONU il conflitto durato anni nello Yemen ha causato almeno 377.000 vittime, di cui 150.000 di morte violenta e la parte restante di fame e malattie, insieme a quattro milioni di sfollati. Una di quelle guerre assurde volute dall’imperialismo americano e attuate tramite i propri alleati per salvare l’egemonia statunitense e contrastare l’avanzata iraniana – almeno considerata tale da Washington – o l’emergere di altre potenze che mettono in pericolo la notoria prepotenza yankee. Questa vicenda dimostra come la diplomazia e la concertazione degli interessi possa porre fine alle guerre.
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