Marco Di Mauro
Avanti.it
Nelle ultime settimane il caos, come da strategia Neocon, la sta facendo da padrone nella situazione ucraina. Mentre prosegue la mobilitazione parziale di 300mila riservisti – scelti da un bacino di circa un milione – che saranno addestrati e disponibili sul campo verosimilmente nella seconda metà di ottobre, e prosegue senza troppi problemi, nonostante alcuni intoppi amministrativi del tutto normali quando si rimette in moto un meccanismo burocratico fermo da molto tempo, ma la realtà mostrata dai media di regime è ben diversa: un vero e proprio esodo di giovani dalla Russia, un continuo di rivolte nelle regioni colpite dalla mobilitazione. Se è vero che l’annuncio di Putin non ha incontrato il favore di alcune fasce di popolazione, suscitando proteste subito sedate nelle grandi città e con sacche che permangono in Daghestan e in Siberia, è però indubbio che i video che stanno circolando nei canali filo-atlantisti mostrando sparatorie nei centri di reclutamento e giovani russi spezzarsi braccia e gambe per evitare la leva hanno la stessa veridicità di quelli che mostravano gli attacchi con armi chimiche del regime di Bashar El-Assad.
Un altro episodio controverso per le sue implicazioni è quello della strage avvenuta nella scuola elementare n.88 di Izhevsk, città nello stato dell’Udmurtia nella Russia centrale: lunedì 16 settembre, in pieno stile mass shooting americano, un giovane ha fatto irruzione nella scuola uccidendo 11 bambini e 6 adulti tra insegnanti e guardie giurate. Non è il primo caso di un attentato di questo tipo nella Federazione – all’inizio dell’anno un giovane aveva ucciso sei persone aprendo il fuoco sugli studenti dell’Università di Perm’, in Siberia – ma è il primo in cui i media locali fanno esplicitamente riferimento a ingerenze straniere: immediatamente dopo il suicidio del ragazzino killer – che esibiva la solita svastica appuntata al petto – l’attentato è stato rivendicato dalla RAMP, organizzazione terroristica filo-ucraina attiva in Russia e finanziata, secondo i canali russi, dall’intelligence statunitense.
Dal punto di vista della guerra della comunicazione, le intelligence atlantiste non danno tregua al nemico, aggiungendo sempre nuova legna al fuoco dell’escalation, decisi a spingere la Russia verso un attacco diretto ai paesi NATO. Stesso obiettivo, ma a parti inverse, la mossa di Putin di mobilitare il proprio paese in concomitanza con i referendum sull’annessione alla Federazione Russa degli oblast’ ucraini conquistati in sei mesi di “operazione speciale”, che hanno avuto un’affluenza ben al di sopra del quorum del 50% e in cui la vittoria del sì è praticamente blindata. Nessuno paese, nemmeno quelli considerati non allineati all’asse atlantista, ha riconosciuto la validità dei referendum. Domani la Duma decreterà in maniera definitiva l’annessione dell’Ucraina sud-orientale, ed è assai difficile che, pur divenuti questi territori parte della Russia, le AFU (Forze Armate dell’Ucraina) interrompano gli scontri che proprio in queste ore impazzano, soprattutto al confine tra l’oblast’ di Kharkov e la Repubblica Popolare di Luhans’k, dove negli ultimi sette giorni ci sono stati furiosi scontri per il tentativo ucraino di ricacciare i russi a est del fiume Zherebeč: proprio ieri le truppe di Kiev avevano sfondato a nord di Lyman per essere poi ricacciate indietro nella notte; oggi le truppe Kiev sarebbero avanzate a est del fiume Oskil, mentre più a sud, al confine tra l’oblast’ di Doneč’k e l’omonima Repubblica Popolare, i russi avrebbero finalmente sfondato a Bakhmut dopo tre mesi di assedio. Sul fronte di Kherson, continua la pressione di Kiev e la resistenza di Mosca, oggi gli HIMARS ucraini hanno colpito Nova Kakhovka. Intanto, al confine settentrionale del Luhans’k si sono viste stamattina lunghe colonne di mezzi corazzati avanzare verso le zone di guerra. Proprio nella giornata di ieri, tuttavia, il governo Biden ha annunciato un nuovo finanziamento agli armamenti dell’AFU pari a 1,1 miliardi di dollari.
A complicare ulteriormente lo scenario, lunedì si sono scoperte tre falle, a cui oggi se n’è aggiunta una quarta, nelle tubature dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, causate, a quanto riferito dalla marina svedese che esclude decisamente la possibilità di un evento sismico o di natura geologica, da tre distinte detonazioni. Sebbene ormai inutilizzate a causa di presunti guasti addotti da Gazprom come causa per l’interruzione del flusso di gas, le tubature erano costate alla Russia 2 miliardi di dollari, e la loro distruzione, che già la stampa tedesca dà per irreparabile e definitiva, costituisce un vero e proprio atto di guerra. Cui prodest? si chiedono i media generalisti, e si rispondono tutti alla stessa maniera: i russi si sono distrutti da soli la propria infrastruttura, e su cui avevano imbastito la strategia economica occidentalista rotta dal conflitto in Ucraina. Berlino, l’attore principale di questa controversia, nicchia: ormai la deposizione della Merkel gli ha tolto qualunque velleità di essere il centro economico dell’Europa, Washington ha battuto i piedi e i tedeschi hanno smesso di avere una propria politica economica. Gli USA hanno da sempre osteggiato la costruzione e utilizzo dei due Nord Stream, arrivando a sabotare in tutti i modi il loro funzionamento anche prima della guerra. È recente lo scandalo che ha visto gli USA, per tramite della Danimarca, imbastire una fitta rete di spionaggio per sabotare i gasdotti, in cui venivano intercettate sistematicamente le conversazioni telefoniche e telematiche di Angela Merkel e tutto il suo entourage. Sembra assai più probabile infatti che, una volta sorta la possibilità di limitare i danni collaterali a causa della riduzione del flusso, le forze NATO abbiano deciso di dare il colpo di grazia all’infrastruttura che più di ogni altra minava il vassallaggio economico dell’Europa, rendendola inservibile. Dal punto di vista bellico poi, questo attacco potrebbe essere l’innesco della tempesta perfetta: se sono stati gli americani, infatti, la Russia si troverebbe ad aver subito un atto di guerra contro le proprie infrastrutture; se vien fuori una sorta di Inside Job dei russi, la NATO dovrebbe necessariamente a rispondere a un’aggressione russa nel territorio marittimo di due suoi alleati, Svezia e Danimarca, nelle cui acque sono avvenuti i sabotaggi. La nuova guerra fredda si mostra in tutta la sua natura: non ci sono regole, ma solo un continuo accumulo di fughe in avanti e provocazioni, montature e attacchi, una guerra dove non è possibile alcun trattato o armistizio che non venga subito violato. Perché una delle parti, quella atlantica, vuole, come esplicitamente dichiarato al Bilderberg, il collasso totale del sistema globalizzazione, e vuole a tutti i costi incanalare gli eventi verso una Terza Guerra Mondiale estesa e generalizzata. Presupposto fondamentale della distruzione del mercato globale è la crisi economica permanente: difatti i sabotaggi sono avvenuti proprio in concomitanza con il decremento dei prezzi del gas, che si stavano nuovamente attestando alle quote pre-guerra, facendoli schizzare nuovamente alle stelle. La sorte dell’Europa dipende solo da quanto lo stato maggiore del Cremlino sappia mantenere i nervi saldi.
Massimiliano dice
Scusate, non ho trovato fonti ne notizie sulla RAMP che avrebbe rivendicato la strage. Non ho trovato notizie neanche su di loro. Avete qualche fonte in merito?
Redazione dice
Buonasera, è molto difficile trovarne traccia sul web, ci sono poche fonti non in cirillico, ad esempio https://www.google.com/amp/s/blog.ramp.network/supporting-ukraine%3fhs_amp=true e https://waronfakes.com/civil/yellow-blue-terror-pro-ukrainian-activists-may-stay-behind-the-attack-on-the-school-in-izhevsk/