L’amministrazione “green” di Biden ha deciso di mettere all’asta alle compagnie petrolifere un’area del Golfo del Messico di 30 milioni di ettari, grande circa quanto l’Italia. L’area potrebbe produrre nei prossimi 50 anni 1 miliardo di barili di petrolio e 4 trilioni di piedi cubi di gas naturale secondo quanto riferito dal Bureau of Ocean Energy Management. Il presidente degli Stati Uniti, che in campagna elettorale aveva affermato di voler interrompere tutte le operazioni fossili sia nelle terre sia nelle acque federali e di non voler fornire nuovi sussidi alle industrie del petrolio e del gas, starebbe facendo ora una clamorosa inversione di marcia, affermando però di essere costretto a bandire l’asta per via della decisione di un giudice federale. Alcuni stati repubblicani avrebbero infatti presentato un ricorso contro la moratoria del presidente sulla vendita delle licenze. Ma gli ambientalisti, ben sapendo che in realtà la decisione del giudice non impedisce in alcun modo all’amministrazione di fermare l’asta, hanno attaccato Biden accusandolo di ipocrisia.
In effetti, nonostante le promesse elettorali e le critiche degli scienziati e degli attivisti del clima, l’indirizzo dell’amministrazione attuale non sembra mutare, volendo al contrario inaugurare con il nuovo progetto ulteriori perforazioni di petrolio e gas, mentre 32 compagnie di combustibili fossili hanno offerto finora un totale di 309,7 milioni di dollari per aggiudicarsi l’area. A rendere l’immagine dei democratici sempre meno “green” c’è poi anche un altro progetto di trivellazione: il progetto Willow. Avviato in Alaska, esso raggiunge invece il valore complessivo di 8 miliardi di dollari e, attraverso i suoi 200 pozzi, consentirà di estrarre fino a 180mila barili di petrolio al giorno. E non è tutto: entro la fine dell’anno l’amministrazione prevede di bandire aste analoghe per 500 miglia quadrate da destinare all’estrazione di petrolio e gas in diversi stati fra cui Wyoming, New Mexico, Nevada e Montana. In sostanza i progetti avviati sicuramente prevedranno trivellazioni che dureranno ben oltre il 2030, l’anno fatidico oltre il quale, secondo l’opinione più diffusa fra gli scienziati, sarebbe difficile agire per arginare gli effetti del tanto sbandierato cambiamento climatico. Evidentemente per gli Stati Uniti, avvocati della frode green dietro cui sappiamo bene cosa si nasconde, la missione di fatto più importante è mantenere il vantaggio sulla Russia nell’esportazione di petrolio verso i paesi dell’Unione Europea.
Francesca Luchini
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