Carlo Formenti
Avanti.it
Rischiamo di ritrovarci inconsapevolmente nazisti? Un dubbio tutt’altro che infondato, anche se può sembrare assurdo nel momento in cui si celebra il giorno della memoria. Eppure è evidente che la memoria storica di cosa sia realmente stato il nazifascismo, di chi ne abbia favorito l’ascesa e di chi ha invece dato un contributo decisivo alla sua sconfitta va perdendosi, residuando solo le celebrazioni rituali della Shoah, evento sempre più decontestualizzato dalle condizioni storico-culturali, socio-economiche e politiche che lo hanno reso possibile. Elenco qui di seguito alcuni indizi che giustificano quanto ho appena affermato, e che dovrebbero far rabbrividire chi sia dotato di un minimo di cultura storica, spirito critico e onestà intellettuale.
Parto da chi più di ogni altro ha ragione di temere un ritorno di quegli orrori. In un dialogo con un vecchio compagno di liceo (oggi consigliere delle Comunità Ebraiche Italiane) apparso il 27 gennaio scorso sul “Fatto Quotidiano”, Gad Lerner rileva con indignazione come non pochi esponenti di spicco di quella comunità stiano tessendo le lodi di Giorgia Meloni e del suo governo, accontentandosi delle sue formali prese di distanza nei confronti dei peggio crimini fascisti, ma soprattutto ignorando la tradizione politica di cui la signora in questione è figlia legittima, per tacere delle sue scelte antisociali al servizio delle élite industriali e finanziarie e del suo forsennato bellicismo. In un altro recente articolo pubblicato dal Fatto, lo stesso Lerner mette in luce come, approfittando della disattenzione dell’opinione pubblica mondiale, monopolizzata dalla guerra in Ucraina, alcuni esponenti delle destre israeliane parlino apertamente di espellere le minoranze arabe rimaste nel Paese dopo decenni di pulizia etnica (a chi considera troppo forte tale termine consiglio di leggere “La più grande prigione del mondo. Storia dei territori occupati”, dello storico israeliano Ilan Pappé).
Gad Lerner non lo dice (né so se lo pensi) ma tutto ciò conferma come razzismo e violenza genocida non siano caratteristiche uniche e peculiari del Terzo Reich: qualsiasi popolo, date certe premesse, può partorire simili mostri. Nel caso in questione, queste premesse furono le condizioni vessatorie imposte alla Germania dalle potenze vincitrici della Prima guerra mondiale, la miseria provocata dalla grande crisi e la sconfitta delle sinistre, un mix infernale che favorì l’ascesa di Hitler. Il quale non era un “pazzo”, bensì l’uomo che instaurò una disumana dittatura che consentì alla Germania di ricostruire in tempi brevissimi la sua potenza economica e militare. Questo “miracolo”gli valse l’ammirazione e la stima di ampi settori delle élite angloamericane: ad apprezzarne i successi economici, ma anche soprattutto l’eliminazione fisica dell’opposizione socialcomunista e dei sindacati, non furono solo isolati ammiratori come Edoardo VIII, Walt Disney ed Henry Ford, anche Winston Churchill non mancò di apprezzare il ruolo del Terzo Reich come baluardo contro “le orde bolsceviche”. Del resto Hitler ricambiava, riconoscendo nel genocidio perpetrato dai coloni americani (e dai loro governi) ai danni dei pellirosse il modello ideale della “soluzione finale” della questione ebraica.
Quegli amorosi intenti non vennero meno a causa della persecuzione di ebrei, comunisti, omosessuali e disabili, ma dopo che il patto Molotov-Ribbentrop deluse la speranza che Hitler scatenasse la sua potenza esclusivamente contro l’Urss (se lo avesse fatto e avesse vinto, realizzando il sogno di colonizzare la Russia e schiavizzare gli slavi, ciò non avrebbe scandalizzato quelle potenze occidentali che avevano fatto lo stesso ai danni di africani, asiatici e amerindi). Purtroppo per lui, Hitler commise l’errore di attaccare prima l’Occidente, per rivolgersi solo in un secondo momento contro la Russia. Sappiamo come è andata a finire, quello che invece non sappiamo più, o meglio quello che le élite politiche e i media occidentali fanno di tutto per farci dimenticare, è chi ha dato la mazzata decisiva al sogno di dominio mondiale del Terzo Reich, quello che ci raccontano film come “Il nemico alle porte” e “Stalingrad” che raccontano l’eroismo dell’esercito sovietico, lo stesso esercito che ha liberato Auschwitz ed è arrivato per primo a Berlino, pagando un terribile tributo di sangue.
Fino agli anni Sessanta/Settanta quella memoria non si era potuta neutralizzare perché, malgrado la Guerra fredda e gli interventi sovietici in Ungheria e Cecoslovacchia, l’Urss godeva ancora di prestigio e simpatia da parte di milioni di lavoratori occidentali, soprattutto in paesi dove esistevano partiti comunisti di massa, come la Francia e l’Italia. Ma il processo di revisione era già iniziato da tempo, a partire da quel processo di Norimberga che aveva scaricato tutte le responsabilità e i crimini della Seconda guerra mondiale sulla Germania nazista, da un lato ignorando i crimini delle democrazie liberali (come le atomiche sul Giappone e i bombardamenti terroristici sulle popolazioni civili in Europa), dall’altro lato costruendo la narrazione del nazismo come aberrazione esclusivamente tedesca, una follia che nulla aveva a che spartire con la cultura politica dell’occidente capitalistico, infine riducendo all’Olocausto l’orrore del nazismo, mentre le altre vittime – a partire dai comunisti – sfumavano sullo sfondo fino a sparire.
Oggi quel processo è compiuto. L’eurocomunismo ha reciso ogni legame con le radici storiche della Rivoluzione d’Ottobre; il debito nei confronti degli ebrei si considera saldato con la cooptazione nel campo imperialista occidentale dello stato di Israele che riceve oggi, oltre agli omaggi ipocriti e rituali per il danno subito dal suo popolo nel secolo passato, licenza di uccidere nei confronti del popolo palestinese; la caduta del Muro di Berlino è stata salutata come l’unificazione di un mondo “libero e democratico” e continua ad esserlo malgrado le sofferenze mostruose che questa “liberazione” ha imposto a miliardi di persone ma soprattutto al popolo russo (che non a caso riconosce in Putin colui che ha riscattato la sua dignità nazionale e ricreato condizioni di vita accettabili); storici revisionisti come Ernst Nolte hanno ridimensionato le colpe del Terzo Reich, presentando il nazismo come una reazione “eccessiva” innescata dalla minaccia bolscevica (come si è visto sopra, Churchill non era molto lontano dal pensarla così); nel 2019 il parlamento europeo ha approvato una disgustosa delibera che equipara nazismo e comunismo; certi Paesi est europei si sono trasformati in regimi para fascisti e mettono fuori legge i partiti comunisti; in Cechia si sta celebrando un processo contro tre storici marxisti che hanno osato mettere in dubbio la responsabilità sovietica nella strage di Katyn, a loro avviso attribuibile alla Wehrmacht, applicando una legge che equipara simili idee al negazionismo nei confronti della Shoah (la falsità per legge, ha scritto qualcuno, presuppone una verità per legge, e questa è un’idea comune a inquisizioni e ai totalitarismi).
Perché stupirsi, dunque, se Stati Uniti e Unione Europea si schierano al fianco del regime di Zelensky nella guerra contro la Russia, inducendo partiti e media a partecipare compattamente a una forsennata propaganda bellicista e inviando una quantità di armi tale da configurare la partecipazione diretta della Nato a un conflitto che appare sempre più come il prodromo alla terza guerra mondiale? E’ sempre più difficile nascondere che la rivoluzione “arancione” del 2014 è stata un golpe orchestrato dagli Stati Uniti per consentire alla Nato di spingersi con le sue testate atomiche a poca distanza da Mosca (in condizioni analoghe Kennedy minacciò di scatenare la guerra se l’Urss non avesse ritirato i missili da Cuba). E’ noto che la forza propulsiva del cambio di regime a Kiev è stata l’estrema destra neonazista, che si è macchiata di crimini atroci a Odessa e contro la popolazione russofona del Donbass, e che partecipa alla guerra con milizie come il battaglione Azov, degne eredi delle SS. E’ noto che Kiev, con l’avallo occidentale, ha sabotato gli accordi di Minsk che prevedevano la concessione dell’autonomia alle regioni orientali del Paese. E’ noto che in Ucraina viene celebrato come eroe nazionale Bandera, un leader che nella Seconda guerra mondiale si schierò a fianco dei nazisti e partecipò al genocidio contro gli ebrei.
Tutto ciò e altro ancora sono dati di fatto inoppugnabili, eppure il prossimo Festival di Sanremo ospiterà Zelensky che verrà a incitarci alla guerra fino alla vittoria contro la Russia, in barba al fatto che i sondaggi confermano che la maggioranza degli Italiani non approva l’invio di armi e chiede che si lavori per una pace negoziata. Eppure vengono accolte con fastidio le parole di papa Francesco quando, pur condannando l’intervento russo, dice che la Nato lo ha provocato “andando ad abbaiare” ai suoi confini (è stranoto che la Nato si era impegnata a non espandersi a Est dopo l’unificazione tedesca). Eppure Paolo Mieli ringhia contro i “putiniani” della Comunità di Sant’Egidio, contro 5stelle e contro quei politici, giornalisti e intellettuali “eretici” che invitano a votare contro l’invio di altre armi. Eppure Biden, espressione della lobby democratica neocons, parla apertamente di uno scontro militare a tutto campo non solo contro la Russia ma anche contro la Cina e chiunque altro si opponga alla traballante egemonia dell’impero Usa, andando contro il parere dei vertici del Pentagono.
Non vi pare che gli indizi siano sufficienti a farci temere che gli orrori della Seconda guerra mondiale si ripetano, e che, in barba a tutte le chiacchiere sulla difesa della democrazia e della libertà, la parte che fu del Terzo Reich la stiamo oggi interpretando noi occidentali? Certo la storia non si ripete, o meglio non si ripete nelle stesse forme, ma il nazismo del secolo XXI non ha bisogno dei campi di concentramento per svolgere il suo sporco lavoro, gli basta contare sui servizi di un sistema politico, mediatico, culturale e accademico blindato, che bombarda i cittadini ripetendo all’unisono e ossessivamente gli stessi slogan. Basta recitare h24 la frase “la guerra è pace” perché, come scriveva Orwell, la gente si convinca che le cose stanno effettivamente così. Se non vogliamo morire nazisti conviene svegliarsi da questo incantesimo.
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