In base a quanto scrive il sempre autorevole The Times, è sulla cultura “drag” che si combatte oggi la “guerra culturale”. In questa guerra si conquistano avamposti e si espugnano cittadelle, che sembrano cadere una dietro l’altra. L’ultima frontiera è quella della Chiesa Anglicana d’Inghilterra, nell’ambito della quale si è consumato un proficuo incontro fra cultura “drag” e misticismo cristiano. È accaduto sabato 4 marzo con la prima di Preach! (“Predica!”), spettacolo drag tenutosi alla Saint James’s Church di Piccadilly, chiesa del centro di Londra particolarmente aperta alle istanze della “guerra culturale” di cui sopra. Alla serata hanno partecipato anche River Medway e Veronica Green, due star di RuPaul’s Drag Race UK, programma televisivo in cui drag queen britanniche fanno cose come sfidarsi a suon di battute sconce, travestirsi da cani, realizzare uno spot pubblicitario per la app di intelligenza artificiale chiamata “Draglexa”. A patrocinare l’evento il rettore Lucy Winkett, sacerdotessa che guida la Saint James’s Church dal 2010. Secondo costei, ci sono state “una o due artiste drag” che hanno frequentato la chiesa nell’ultimo anno, e si è così deciso, nel nome dell’inclusività, di ospitare la serata, contro la quale le rimostranze non sono venute dai fedeli, ma dai soliti twittatori maligni. La Winkett ha pure ravvisato somiglianze simboliche fra le vesti clericali e gli abiti di scena delle drag queen. Assai più grezzo nella sua analisi è stato Tony Baldry, ex ministro conservatore molto vicino alla Chiesa Anglicana nonché massone dichiarato coinvolto in innumerevoli scandali nella sua trentennale carriera politica, dichiarando a proposito di Preach! : “Non fa male a nessuno e fa guadagnare tonnellate di denaro alla Chiesa. Non riesco proprio a vedere il problema”. Chiaramente, non è la prima volta che le drag queen “conquistano” le chiese anglicane: giusto un paio di settimane prima di Preach!, a Southend-on-Sea, nell’Inghilterra meridionale, la locale St Mark’s Church aveva ospitato, nell’ambito della rassegna Winter Pride, l’esibizione di Kenzie Blackheart, artista drag ed attivista per i diritti dei trans, in quello che è stato definito dall’altra donna-reverendo Cherry Sandover “uno spettacolo per famiglie”. Sempre secondo il già citato The Times, gli spettacoli drag sarebbero aumentati del 300% in chiese, scuole e biblioteche; non è dato sapere come siano arrivati a questo dato, ma tant’è: fa tutto parte della guerriglia culturale combattuta in nome del progresso. Ogni tanto, capita che questo progresso s’incagli: i genitori degli alunni della Queen Elizabeth II High School di Peel, sull’isola di Man, hanno inviato una petizione alle autorità locali in seguito da un “incidente” capitato durante una lezione di educazione sessuale tenuta da una drag queen in una classe di undicenni. La drag-insegnante, dopo aver detto che esistono 73 generi (altra questione controversa: c’è chi ne enumera assai di più), ha cacciato dall’aula un ragazzino che aveva obiettato che di generi ne esistono soltanto due. Nella stessa lezione, erano stati didatticamente mimati atti sessuali e descritte con dovizia di particolari le pratiche di realizzazione di peni artificiali. Il governo dell’isola di Man, che gode di larga autonomia essendo una dipendenza della Corona britannica che non fa formalmente parte del Regno Unito, ha immediatamente sospeso il programma RSHE (Relationships, Sex and Health Education) che era stato adottato all’inizio dell’anno scolastico. Lo stesso programma è in vigore in buona parte delle scuole britanniche dal 2020, e prevede l’inserimento di tematiche di “educazione alle relazioni, al sesso e alla salute” all’interno delle materie curricolari. Nell’arco di questi tre anni, si sono registrate numerose denunce di “contenuti contestati”: la stampa locale britannica è piena di episodi del genere. Ora il premier Rishi Sunak, in un momento di difficoltà in cui si trova costretto ad appoggiarsi all’ala destra del Partito Conservatore per restare a galla, ha annunciato la “revisione” del programma RSHE in modo da purgarlo di quei “contenuti contestati” la cui introduzione non ha sortito gli effetti sperati. Insomma, in quella che sembrava una trionfale guerra-lampo, per la cultura drag si registra una battuta d’arresto: conquistate le chiese, si perdono le scuole. L’ostinata volontà di infilare a forza nell’immaginario questa rappresentazione grottesca e caricaturale della femminilità rientra nella più ampia guerra per la conquista delle coscienze. La vinceranno solo quando avranno determinato il definitivo rovesciamento del canone estetico (oltre che morale) e genitori apprensivi sogneranno carriere “drag” per i loro figli.
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